1. TAFONOMIA 4a PROCESSI BIOSTRATINOMICI prima parte Lezioni del corso di Paleontologia con Esercitazioni A.A. 2010/2011 Prof. Federico Masini
2. I processi biostratinomici rappresentano la seconda fase della sequenza tafonomica Fossili BIOSFERA – organismi viventi Raccolta preparazione e studio
3. Col termine di “ processi biostratinomici “ si indicano i processi che si verificano fra la morte degli organismi e il loro definitivo seppellimento. La biostratinomia è l’analisi di questi processi. La fase biostratinomica è una delle tappe più importanti nel “trasferimento” dei resti degli organismi dalla biosfera alla litosfera.
4. Processi biostratinomici I processi biostratinomici sono solitamente molto distruttivi. Dopo la morte, durante la fase biostratinomica si verifica di solito la completa distruzione dei resti degli organismi. Come abbiamo già accennato, solo una percentuale limitata di queste spoglie andrà incontro al seppellimento definitivo che è il presupposto per la fossilizzazione. La comprensione di questi processi è quindi fondamentale per comprendere: i successivi processi di seppellimento e fossilizzazione la paleoecologia delle associazioni La biostratinomia viene studiata molto sull’attuale, anche in modo sperimentale.
6. Processi biostratinomici 1 – NECROLISI (Decomposizione dell’organismo) a – decomposizione materia organica o putrefazione b – disarticolazione c – macerazione o micro-disarticolazione d – predazione e bioconfezione e – combustione 2 – BIOEROSIONE 3 – DISSOLUZIONE PREDIAGENETICA 4 – TRASPORTO a – logorio meccanico b – selezione meccanica c – disposizione orientata 5 - PREFOSSILIZZAZIONE
7. Processi biostratinomici 1 – NECROLISI Con questo termine si intende la decomposizione dell’organismo che avviene spontaneamente dopo la morte
8. a – DECOMPOSIZIONE DELLA MATERIA ORGANICA o PUTREFAZIONE Si verifica a carico delle proteine, grassi, polisaccaridi ecc che costituiscono solitamente le parti molli dell’organismo E’ un processo che, se completato, rimette in circolo nell’ambiente sostanze semplici come Acqua, CO 2 H 2 S NH 3 ecc. E’ operata da microrganismi: batteri, muffe, funghi e se procede completamente porta alla distruzione totale della materia organica e quindi di tutte le parti non mineralizzate La putrefazione è favorita dall’alta temperatura (nei limiti biologici si intende) e necessita di acqua (non foss’altro l’acqua tissutale) e ossigeno per completarsi.
10. b – DISARTICOLAZIONE . E’ la scomposizione ed eventualmente la dispersione delle parti di cui è composto l’organismo. Solitamente corrisponde alla disarticolazione delle scheletro. La disarticolazione segue la putrefazione e necessita di fattori esterni per progredire: ad esempio correnti marine o fluviali, azione dei predatori, bioturbazione.
11. Gli effetti della disarticolazione La disarticolazione è un processo distruttivo che avrà effetti di grado diverso a seconda della complessità e del numero di parti di cui è composto lo scheletro. … .. Più lo scheletro è articolato …. più la disarticolazione sarà distruttiva … ! Vediamo alcuni esempi ….
12. Risultati di uno studio sperimentale sulla disarticolazione nei Molluschi ( Mytilus edulis)
13. Esempi Nei Coccolitoforidi (plancton calcareo) si ha sempre una altissima percentuale di disarticolazione, mai praticamente si trova uno scheletro intero anche negli Echinoderimi, fra i Crinoidi o “Gigli di Mare” la disarticolazione è un processo importante
17. Disarticolazione - Trilobiti Nel caso dei trilobiti, e di altri artropodi, la disarticolazione dell’esoscheletro avviene normalmente durante l’ontogenesi.
18. Disarticolazione e dispersione nei vegetali La disarticolazione e la dispersione di parti nell’ambiente è la norma nel regno vegetale (frutti, semi, foglie, corteccia, ecc) e si verifica per tutta la vita dell’organismo con la produzione ed il rilascio di una enorme quantità di resti nell’ambiente . Caratteristico dei resti vegetali è il trasporto a cui le varie parti o resti vanno incontro ad opera del vento e dell’acqua
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20. La disarticolazione e la dispersione di parti è comunissima nelle piante e non coincide necessariamente con la morte dell’individuo. Le diverse parti di una stessa specie di pianta possono venire inizialmente attribuiti a taxa diversi Lepidophylloides, una licofita del Carbonifero
21. Nello stesso senso può essere intesa anche la dispersione dei pollini… che sono prodotti in quantità … astronomiche ! Pollini anemofili di conifere
22. c – MACERAZIONE o MICRODISARTICOLAZIONE E’ un processo ben studiato sui gusci di molluschi in ambienti di piattaforma poco profondi – consiste in pratica nella disgregazione dei gusci in aghi o lamelle di calcite o aragonite che vanno a formare particolari fanghi calcarei molto fini detti micriti E’ un processo distruttivo importante che al tempo stesso contribuisce alla formazione delle rocce carbonatiche.
23. Macerazione La macerazione è operata prevalentemente da microrganismi, ma alcuni autori ritengono che l’agente principale di macerazione sia l’acqua dell’ambiente deposizionale tramite processi di idrolisi.
24. d – PREDAZIONE E BIOCONFEZIONE La predazione può avere effetti molto diversi a seconda del rapporto di dimensioni fra il predatore e la preda. Se il predatore è più piccolo o della stessa taglia della preda avrà effetti prevalentemente distruttivi (disarticolazione, smembramento, digestione dispersione ecc.) Al contrario se il predatore è molto più grande della preda può avere effetti di conservazione e concentrazione dei resti
25. Predazione nei vertebrati I grandi predatori mammaliani, come a d esempio la iena maculata (genere Crocuta ) smembrano le proprie prede, oppure le carcasse di animali morti, triturano anche le parti scheletriche e trasportano e disperdono le parti delle le carcasse. Tuttavia, anche questi predatori possono produrre, al pari dei lupi, sciacalli ecc. accumuli di parti scheletriche di mammiferi, talvolta in parziale connessione, poiché hanno l’abitudine di nascondere il cibo e di trasportarlo nelle loro tane. In tal modo facilitano il seppellimento dei resti, aumentando la loro probabilità di fossilizzazione
26. Accumulo di ossa di mammiferi derivato dall’attività predatoria dello Ienide Pachycrocuta brevirostris (Pliocene Superiore, Valdarno Superiore - Toscana)
27. Predazione e bioconfezione– il caso dei piccoli vertebrati Gufi, civette, barbagianni (strigiformi) inghiottono le prede intere (solitamente roditori, insettivori e altri piccoli vertebrati). Questi uccelli rapaci digeriscono quasi esclusivamente le parti molli degli animali conservando, talvolta inalterate, le parti dure: le parti scheletriche e quelle cheratinose (unghie, peli, penne ecc). I resti dei pasti vengono “ bioconfezionati ” sotto forma di pallottole gastriche di peli e ossa – borre o boli gastrici – che vengono regolarmente rigurgitati dallo strigiforme dopo la digestione. Le borre possono essere disperse nell’ambiente, e quindi distruggersi dopo un certo tempo, ma di solito si accumulano in grandi quantità al di sotto dei “posatoi” i luoghi dove gli uccelli si posano per digerire. L’effetto finale della bioconfezione da parte dei rapaci notturni è quindi quello di conservazione e concentrazione dei resti La tafonomia dei micromammiferi è molto studiata ed è possibile risalire dalle tracce di digestione presenti sui resti scheletrici al genere di rapace notturno che ha prodotto l’accumulo di resti.
29. Questo ingente accumulo di resti scheletrici di micromammiferi (prevalentemente denti) è derivato dai boli gastrici di Strigiformi
30. Accumulo di boli gastrici in una grotta Posatoio di uno strigiforme
31. Dissoluzione parziale dei denti di micromammiferi ad opera dei succhi gastrici di uccelli rapaci notturni. L’entità della corrosione è mediamente diversa nelle varie specie di predatori
32. Bioconfezione nei nannofossili calcarei . La predazione e la bioconfezione hanno un ruolo importante come agente di conservazione ed accumulo per le placche calcitiche del Nannoplancton calcareo (fitoplancton). Questi protisti sono predati in grandi quantità da piccoli crostacei pelagici (Copepodi) e le placchette calcaree del loro scheletro vengono espulse assieme a sostanze organiche nei pellets fecali degli stessi copepodi. La inclusione nei pellets protegge le minuscole placche dall’attacco chimico delle acque oceaniche nel corso delle loro discesa versi i fondali, dove poi vengono seppellite.
34. I copopodi sono minuscoli crostacei che costituiscono oltre il 30% dello zooplancton Copepodi
35. e – COMBUSTIONE E’ un processo necrolitico importante, molto sottovalutato in passato, che facilita la fossilizzazione dei resti vegetali, soprattutto resti lignei di piante arboree Incendi di vaste proporzioni sono, per così dire, fisiologici, nella vita delle grandi foreste. E’ stimato che grandi incendi si verificano ciclicamente – per cause naturali – ogni 150 - 200 anni.
36. GLI EFFETTI DELLA COMBUSTIONE Le pareti di cellulosa e lignina delle cellule vegetali sono trasformate in carbonio quasi puro dalla combustione. I carboni sono praticamente inattaccabili alle aggressioni batteriche anche in ambiente aerobico, e grazie alla rigidità e indeformabilità acquisita, conservano le strutture “fini” tridimensionali fino a livello della parete cellulare. I lumina cellulari, beanti, possono successivamente, in fase di diagenesi, venire riempite da varie sostanze (es. sostanze bituminose) oppure da minerali (calcite, silice, pirite) e conservarsi praticamente intatti per un tempo indefinito. In questo modo la combustione è il primo passo per conservare la “struttura fine” dei legni ed è un importante processo necrolitico che favorisce un fossilizzazione “eccezionale”. Frammenti di legni combusti e carbonizzati sono noti in tutti i periodi geologici dal Devoniano fino ad oggi.
37. Carboni naturali fossili Microfotografie SEM di carboni fossili Si noti la perfetta conservazione delle strutture fini del tessuto vegetale
38. Incendi del Paleozoico I più antichi carboni fossili risalgono al Devoniano. Cioè sono contemporanei alla conquista dell’ambiente delle terre emerse da parte delle piante vascolari
39. Processi biostratinomici 1 – NECROLISI (Decomposizione dell’organismo) a – decomposizione materia organica o putrefazione b – disarticolazione c – macerazione o micro-disarticolazione d – predazione e bioconfezione e – combustione 2 – BIOEROSIONE 3 – DISSOLUZIONE PREDIAGENETICA 4 – TRASPORTO a – logorio meccanico b – selezione meccanica c – disposizione orientata 5 - PREFOSSILIZZAZIONE
40. 2 - BIOEROSIONE Col termine bioerosione si indicano i danni recati agli scheletri degli organismi da parte di altri organismi: alghe perforanti, spugne perforanti (spugne clionidi), batteri, vermi ecc. Anche se questi danni possono essere prodotti durante la vita, dopo la morte non sono ovviamente più attivi i meccanismi biologici di riparazione dei danni stessi. I danni arrecati dalla bioerosione vanno dalla frammentazione (ad esempio ad opera di pesci malacofagi) a perforazioni e micro-perforazioni.
42. Effetti della bioerosione Le perforazioni, anche se non distruggono il resto scheletrico, ne riducono lo spessore e la compattezza, ed aumentano il rapporto superficie volume, facilitando la dissoluzione prediagenetica. In altri casi la bioerosione può portare alla “micritizzazione” del guscio (i pori vengono riempiti da fanghi calcarei fini) fino a produrre un tipo di fossilizzazione particolare che prende il nome di pseudoguscio. La bioerosione, oltre ad essere un importante fattore distruttivo è indizio che il resto è stato lungamente esposto agli agenti ambientali prima del seppellimento definitivo, ed è quindi utile per le ricostruzioni paleoambientali.