1. 12MESI
SETTEMBRE 2012
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OPINIONI
di ANTONIO PANIGALLI
HOMO FABER IPSIUS FORTUNAE
LUOMO ARTEFICE DELLA PROPRIA SORTE
F
orse 竪 ora di riprendere il
percorso di comprensione
delle dinamiche che muovono
i balzelli dellodierno males-
sere; la crisi economica altro non 竪 che
una crisi sociale e di sistema che prende
spunto dalla avida fragilit umana (gli
scandali dei pochi capri espiatori alla
Bernard Madoff ne sono lesempio) e si
alimenta dalla insaziabile e poco sensata
speculazione a 360属. Sar quindi il caso
di ricominciare a pensare che 竪 meglio
investire il proprio tempo (diciamo
quello lavorativo, ma, non solo) con le
persone che sanno fare le cose (homo
faber) e meno nellascolto dei discorsi
dei teorici Sar quindi il tempo di ri-
considerare Efesto, mitologico Dio la-
voratore, come esempio per ridisegnare
la pratica artigiana del vivere e trovare
soddisfazione sociale.
ora di restituire valore al lavoro, fatto
con la dignit delle mani o/e con il cer-
vello ma sempre con perizia e maestria
artigianale, e di guardare al passato, an-
che come organizzazione sociale, per
ricostruire il nuovo su basi solide, per
svolgere bene il proprio mestiere, con
un forte impegno personale e un conse-
guente appagamento, intimo e sociale,
per quello che si sa fare (anche coltivare
la terra e costruire situazioni di autarchia
sostenibile potrebbe essere una strada).
La regola, riportata anche sui testi di
Richard Sennet (www.richardsennett.
com), sociologo americano professore
alla New York University e alla London
School of Economics nonch辿 consiglie-
re di Barack Obama (fu tra i primi nel
diagnosticare i danni della flessibilit
spinta e del cattivo lavoro con il suo
saggio The corrosion of character), 竪
che lartigiano sa fare, ma non sa dire
bene che cosa sa fare e quindi le pra-
tiche della collaborazione, della coo-
perazione e della riflessione condivisa,
dovrebbero contribuire alla riqualifica-
zione dei valori sociali e delle soddisfa-
zioni che derivano dallambito lavora-
tivo come pratica per una costruzione
sociale diffusamente auto-sostenibile.
Pu嘆 risultare affascinante lesplorazione
di alcuni spunti tratti dallultima opera
di Sennet Insieme, un libro sulla
collaborazione come pratica artigiana ,
che risponde allesigenza contempora-
nea di come vivere in un contesto socia-
le, il quale, tramite le nuove tecnologie,
si muove alla velocit della luce (da qui
per esempio la nascita delle reti di im-
presa e non solo), ma che poi nella sua
organizzazione complessiva tende alla
deresponsabilizzazione di massa delle
azioni (tutto catalogato in regole, leggi
e procedure: tutti responsabili, nessuno
responsabile).
Nelle interpretazioni di Sennet, la col-
laborazione 竪 conseguenza dei caratteri
originari della specie umana, ma non
竪 n辿 univoca n辿 buonista (si collabora
sia per fare unazione illecita che per
gestire unimpresa lecita, sia per la con-
duzione della famiglia che per ammini-
strare un bene comune). Le forme della
collaborazione sono quindi infinite e va
rimarcata la distinzione tra il principio
della simpatia, che 竪 in fondo la ca-
pacit del soggetto di dichiararsi capace
di soffrire e gioire con laltro, assorben-
dolo dunque in una forma di estensio-
ne della sua soggettivit, e il principio
dellempatia, che invece parte dalla-
scolto dellaltro in una forma di logica
della reciprocit.
La collaborazione 竪 primaria, la cre-
scita dellindividuo si forma in funzio-
ne del contesto collaborativo, sarebbe
forse bene pensare a un modello di
auto sostenibilit diffusa che privilegi
la genuinit del lavoro (per esempio la
riscoperta delle culture alimentari per
lauto sostentamento) e utilizzi i nuovi
strumenti tecnologici come compen-
dio alla circolazione delle informa-
zioni. E non il contrario, come pare
avvenga oggi: tutti sui social network
e nessuno che sa come coltivare un
pomodoro.
Richard Sennet
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