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BIBLIOGRAFIA TOPOGRAFICA DELLA COLONIZZAZIONE, voce Reggio Calabria, vol.
XVI, Pisa-Roma-Napoli 2001, pp. 1-77.
Loggetto della seguente recensione riguarda la voce Reggio Calabria della Bibliografia
Topografica della colonizzazione, opera meritoria per tantissimi aspetti, che ha permesso a
generazioni di studiosi di conoscere ed approfondire la storia, la numismatica, lepigrafia e
larcheologia di tanti siti interessati dalla colonizzazione greca. La voce in questione, firmata da
Ivana Savalli per quanto attiene solamente alle fonti letterarie, e da Chiara Michelini per tutte le
altre fonti e per la bibliografia, ci permette di valutare gli studi di settore concernenti la polis antica
di Rhegion. Il primo impatto 竪, dobbiamo dire, fortemente destabilizzante: le ricerche, nonostante i
tanti apporti, sembrano ancora ferme ai tempi di Georges Vallet e del suo splendido Rhegion et
Zancle, come, del resto, pu嘆 riscontrare il comune visitatore del Museo Nazionale di Reggio
Calabria nelle sale dedicate espressamente alla citt, di recente rinnovate ed inaugurate con molta
enfasi. Dalla disamina offerta, proprio carente sembra lapporto dellarcheologia, nonostante
limportanza del sito in antico, i cui interventi sono sembrati, nel tempo, dettati dallemergenza e
dalla casualit. Limpressione generale 竪 che lo stesso apporto di Paolo Orsi non sia stato ancora
completamente metabolizzato, e che nulla di importante sia intervenuto dopo di lui, cosa che 竪
invero sbagliata. Compulsando la voce della BTC, infine, spicca anche la mancata pubblicazione di
importanti scavi urbani, che potevano fornire elementi maggiori agli studiosi, ma qui rischieremmo
di addentrarci in beghe nostrane.
La voce Reggio Calabria 竪 strutturata in tre sezioni: A. fonti letterarie, epigrafiche e
numismatiche; B. Storia della ricerca archeologica; C. Bibliografia. Questultima parte va
certamente approvata come ben fatta ed utile: sono l狸 presenti praticamente tutti i titoli, e non solo
quelli maggiormente citati, degli studi che riguardano la citt. Lunico appunto, che peser
enormemente nel giudizio sulle rimanenti sezioni, 竪 la medesima credibilit prestata ad opere
scientifiche ed a libri ed articoli firmati da volenterosi eruditi locali, che nulla hanno di fondato dal
punto di vista del metodo. Il porre sullo stesso piano ricerche basate su lunghe ricerche
metodologicamente valide e ipotesi estemporanee, ancorch辿 interessanti, di studiosi come quelle
del tale che ha operato deduzioni archeologiche avvalendosi dellopera di rabdomanti, ci sembra
sia oggettivamente da stigmatizzare, soprattutto per non dare unidea errata e caotica degli studi,
come se tutto fosse nello stesso tempo vero e falso, giusto e sbagliato, affermato con forza ed
immediatamente contraddetto.
Tornando alla voce in questione, la parte dedicata alle fonti letterarie si presenta dignitosa, pur con
lievi sbavature, che andranno sottolineate. Laffermazione a p. 2, per esempio, che il confine S sia
costituito dal torrente Alice preso Melito e poi dalla fiumara Amendolea presso Bova, pur se
condivisa nei decenni scorsi da quasi tutto il mondo scientifico, 竪 stata abbandonata di recente da
molti studiosi, per merito di almeno tre interventi, peraltro doverosamente riportati nella
bibliografia. Tali ricerche hanno cercato di chiarire come il confine allHalex debba essere stato
presso lodierno paese di Palizzi, identificando lantico fiume nella fiumara Alica, e che il Kaikinos
sia certamente da porre oltre Capo Spartivento, probabilmente presso la fiumara Galati, che, ancora
oggi, segna il confine tra la Diocesi cattolica di Reggio e quella di Locri-Gerace. Certamente la
questione 竪 ancora aperta, ma il dare conto delle pi湛 recenti teorie  non serve a questo la
Bibliografia Topografica?  ci pare permetterebbe di focalizzare i problemi irrisolti ed offrirebbe
spunti e stimoli agli storici. Nel caso in questione, infatti, 竪 sembrato determinante nella
comprensione della politica reggina dello scorcio del V sec. a.C. la conquista del Capo Spartivento,
gi Promontorio Eracleo, approdo indispensabile nelle rotte marittime tra la Grecia e lItalia
meridionale e la Sicilia. Senza questa informazione non sarebbe possibile comprendere perch辿 gli
Ateniesi, nella loro prima spedizione in Occidente durante la Guerra del Peloponneso, si siano
accaniti, insieme ai Reggini, per la conquista del chorion Kaikinon e poi, non essendoci riusciti,
abbiano attaccato un peripolion nei pressi del confine tra Locri e Reggio (oltre Tucidide c竪 un
illuminante frammento di Filisto, nel secondo libro dei Sikelik, tra laltro mancante nella raccolta
delle fonti): era importante, per il prosieguo della politica imperialista ateniese in Sicilia, assicurarsi
il controllo dei principali punti di approdo.
Il racconto delle vicende tra la rifondazione di Reggio per opera di Dionisio II e larrivo di
Timoleonte contiene qualche imprecisione, a volte non di poco conto. Nel 351 a.C., infatti, fu la
morte dellateniese Callippo a restituire ai Reggini la libert, non il suo arrivo in citt con Leptine;
nel 345 a.C. nessuna fonte ci dice che i Reggini chiesero lalleanza di Timoleonte contro i
Cartaginesi, anzi dobbiamo presumere (ma queste cose sono state gi scritte in testi citati in
bibliografia) che il vero problema fossero gli Italici istallati nellodierna Calabria da Dionisio il
Vecchio. Lo stesso Timoleonte, poi, nel medesimo anno, non sfugg狸 a nessuna trappola ordita dai
Cartaginesi, bens狸 ad un semplice blocco navale, teso ad impedirgli di arrivare in Sicilia.
A p. 6 dobbiamo correggere un paio di affermazioni imprudenti: tra il 484 e il 480 a.C. Anassilao
non introdusse affatto la corsa delle lepri in Sicilia (certamente non lo dice Aristotele!); nel 280
a.C. non ci fu nessuna rivolta di Mamertini inviati da Roma (sic!), ma della cosiddetta Legio
Campana, che con i Mamertini di Messana e quelli di Mamertion non centrano nulla, tranne che
essere loro alleati.
Per quanto attiene alle fonti epigrafiche, sottolineando il refuso Sparata al posto di Sperata, ad
una prima, veloce, disamina, ci sembra che manchino allappello alcune epigrafi, peraltro assai
note, ma forse non si pu嘆 pretendere che venga segnalato tutto.
Ma passiamo alle fonti numismatiche, dove lA. palesa lacune pi湛 gravi. Come si evincer dalle
notazioni, ci pare che lintero paragrafo lasci quanto meno intuire che la persona incaricata non
domini la materia a sufficienza: non sar il caso in questione, ma troppo spesso gli archeologi
nostrani si credono capaci di fare parlare le monete come fanno con i loro venerati cocci, senza
tenere conto della professionalit specifica dei loro colleghi numismatici (ma non voglio scrivere
una Pro domo mea!).
A p. 12 la frase sibillina relativa allassimilazione degli incusi reggini e zanclei a coniazioni di
colonie calcidesi si pu嘆 spiegare solo facendo riferimento alla metrologia, e non certo alla tecnica
dellincuso. La bibliografia adoperata andrebbe senzaltro svecchiata (limpressione che si ricava
dalla lettura dellintera sezione 竪 di uno scritto gi redatto cinque o sei anni fa, aggiornato
sommariamente solo nella sezione bibliografica), anche per evitare al lettore di imbrogliarsi
seguendo teorie relative agli Etruschi, che certamente non hanno coniato moneta alla fine del VI
sec. a.C.: limportanza dei Tirreni negli studi di settore ci pare vada finalmente scemando, a parte
rigurgiti sciovinisti e campanilisti.
Un po di chiarezza va fatta nelle prime coniazioni reggine a doppio rilievo: visto che la citt di
Zancle si chiam嘆 cos狸 fino al 488 a.C. ca., ci sembra altamente improbabile che la monetazione di
Reggio presenti, addirittura fin dal 494 a.C., gli stessi tipi di Messana (sic!), anche perch辿 poche
righe sopra si afferma correttamente che le coniazioni Samie a Zancle durarono fino al 489 a.C. Il
sistema ponderale adoperato nelle coniazioni Testa di leone/testa di vitello, poi, non 竪 affatto
euboico-attico, ma euboico-calcidese, con tridrammi e non tetradrammi. La non comprensione di
ci嘆 non permette di apprezzare limpatto politico della vittoria siracusana di Imera, con
limposizione del sistema economico basato su quello che oggi sarebbe pi湛 corretto chiamare
standard siracusano.
Sempre a p. 13 bisogna ricorreggere lerrore della seguente frase: Allo stato attuale della ricerca
non 竪 facile determinare se la nuova serie di Anassilao inizi嘆 a R.C. poco dopo il 494-493 a.C. ()
o se invece le due citt inaugurarono le nuove serie contemporaneamente nel 489-488 a.C.. Maria
Caltabiano, citata in bibliografia, al contrario, ha dimostrato nella sua monografia lantecedenza
delle serie reggine rispetto a quelle comuni alle due citt.
Non ha nessun senso, a p. 14, laffermazione che vi fu una zecca unica per la serie con Giocasto,
attribuita ad una studiosa di grande valore, quale Carmen Arnold Biucchi. La serie in questione,
invece, 竪 comunemente creduta successiva alla cacciata dei tiranni della dinastia anassilaide nel 461
a.C.
In modo sorprendente, dopo avere insistito a p. 15 sul peso euboico-attico delle emissioni T. di
leone/t. di vitello, lA., dopo alcune righe afferma lesatto contrario (peraltro, la versione corretta
della vicenda storica), con la giusta evidenza tributata alla data del 480 a.C. come cesura tra una
fase calcidese ed una attica.
Subito dopo: Anassilao, morto nel 476 a.C., difficilmente avrebbe potuto coniare moneta fino al 462
o al 466 a.C., come affermato. Non riusciamo a comprendere lorigine delle affermazioni che il
bronzo segua lo standard euboico-attico e di quella con menzione di terzo calcidese, alle pp. 16-
17: il bronzo 竪 sicuramente successivo alla fine degli Anassilaidi e lespressione oscura deve
intendersi nel senso della divisione in tre dracme dello statere calcidese.
Per il periodo seguente ci sembra che la storia degli studi sulla figura in trono, circondata da corona
dalloro, presente sulle serie reggine di met V sec. a.C., non tenga conto degli ultimi confronti e
delle pi湛 recenti teorie. Si sono fatte strada due ipotesi diverse: per una di queste sarebbe da
valorizzare il passaggio, nelle tipologie, tra vecchio con barba e giovane imberbe, il secondo dei
quali sicuramente Apollo, che contraddistingue le serie reggine, con la proposta di identificazione
della figura matura come Zeus; la seconda ipotesi si avvale della ripresa della medesima tipologia
della figura matura con barba su serie della Guerra Annibalica, l狸 facilmente identificabile come
Asclepio, e delle attestazioni di culto di Asclepio a Reggio gi nel periodo degli Anassilaidi.
Laffermazione che gli stateri tetradrammi del periodo seguente, con la splendida testa di Apollo
Reggino, siano stati attribuiti a Pythagoras di Reggio diviene comprensibile se le lettere presenti
sulla moneta sono PY e non GY, come nel testo.
La parte finale della sezione 竪 quella in cui sono contenuti i maggiori errori. La serie con Testa di
leone/testa di Apollo a capelli lunghi, attribuita da Herzfelder alla rifondazione della citt con
Dionisio II 竪 stata oggetto di una proposta di ribassamento cronologico, relativo al periodo di
Agatocle, sulla base della ripresa delle coniazioni di tetradrammi in argento in Sicilia solo in
quellepoca e della presenza di monogrammi, che non compaiono su serie pre-agatoclee. Anche se
lA. non condividesse la teoria in questione, ci pare che essa andava quanto meno citata, soprattutto
se la si menziona nella Bibliografia.
Vorremmo, poi, sapere dove lA. abbia potuto ammirare le serie reggine in bronzo con Testa di
Zeus/Zeus seduto, che non ho mai visto. Lo stesso si deve dire, purtroppo, per le fantomatiche serie
di argento con Testa di Apollo/leone incedente e T. di leone/t. di Giano: esse non sono attestate nei
repertori credibili, per cui ci si sarebbe aspettata un poco pi湛 di prudenza da parte della redattrice.
Un ultimo, sofferto, accenno, alla parte finale, nella quale lA. non si rende conto che P. Marchetti
ed il sottoscritto hanno cercato di dimostrare che le serie in bronzo reggine abbiano termine alla fine
della II Guerra Punica o poco dopo. A prescindere dalla conferma che tali teorie stanno avendo
dalle pi湛 recenti ricerche, andava forse spiegato che la situazione dei tesoretti reggini, in cui sono
presenti tutte le serie della citt, testimoniano una circolazione di moneta diversa rispetto a quella
del II sec. a.C. Nei ripostigli in oggetto, infatti, c竪 solo moneta reggina, o bronzo romano battuto
verso il 215 a.C., mentre la situazione successiva mostra come nellintero Bruzio meridionale
circolavano moltissime valute, battute da molteplici zecche: 竪 stato facile dimostrare come i
tesoretti siano del periodo della citt assediata, che aveva riconiato tutta la moneta straniera in
circolazione. Unultima cosa: in un recente scavo urbano, delle cui informazioni ringrazio la dr.ssa
E. Andronico della locale Soprintendenza, 竪 stata ritrovata una T. di Artemide/lira, forse la pi湛
recente delle serie reggine, in uno strato di fine III, inizi II sec. a.C., ancora tutto da approfondire.
Ovviamente: ai posteri lardua sentenza, ma ci sembra rimanere valido lobbligo di citare tutte le
teorie note, anche senza accettarle, o magari anche criticandole apertamente.
Un ultimissimo accenno pertiene alla sezione archeologica, che meriterebbe ben altro spazio. Essa
si presenta come un buon punto di partenza per indagare sulla storia di Reggio, ma, come gi detto,
竪 stato dato credito da parte dellA., forse a causa della giovane et, a teorie di eruditi locali, privi di
qualunque metodo, anche se in grado di pubblicare su riviste considerate scientifiche prima dei loro
interventi. Come gi visto in altre parti, 竪 da segnalare la presenza di qualche refuso (Via Lemos e
non Via di Lemnos; Piazza Campagna si chiama ancora cos狸; Dionisio I prese Reggio nel 387 e non
nel 397) e di qualche errore evidente: il muro del Trabocchetto, come, del resto, la porzione di mura
della Via Marina, non sono assolutamente di VI-V sec. a.C. (p. 25), ma furono erette dopo la
rifondazione della citt da parte di Dionisio II, con larghi interventi di Agatocle, soprattutto per
quanto riguarda lattenzione prestata alle postazioni per catapulte nei luoghi strategici.
Laffermazione che le mura dal pianoro del Castello dovevano poi dirigersi verso lalto, tenendosi
sulla destra del Vallone Orange (p. 26) 竪 destituita di ogni fondamento: a parte che nessuno
farebbe perno su un torrentello, avendo un burrone a strapiombo cento metri oltre, c竪 poi la
constatazione, questa s狸 archeologica, che lo spazio a sinistra dellOrangi 竪 pieno di costruzioni
abitative di epoca greca e dei resti di un tempietto, ammirabili presso il Museo Mons. F. Gangemi
di Reggio. Anche la mancanza di torri nelle mura, descritta sempre a p. 26 non 竪 vera: ci sono due
torri sulla Collina del Trabocchetto, ed un'altra probabile e nella porzione del muro a Collina degli
Angeli.
Non vorremmo superare i limiti, ma a nostro avviso lasciano il tempo che trovano espressioni quali
per avviarsi poi nuovamente ad un periodo di declino (p. 27) per almeno due motivazioni: il
concetto stesso di declino non 竪 pi湛 accettabile scientificamente, e poi, anche a volerlo prendere in
considerazione, non ci sono fonti sufficienti per parlare di prosperit o decadenza. Anzi: quelle
poche presenti sembrano prospettare una ripresa economica e politica della citt piuttosto che il
contrario.
Un ultimo accenno: nel testo non si cita bibliografia pi湛 recente del 1991 (tranne qualche eccezione
di lavori della Parra). Non ci sembra che una buona cosa per un testo di questa importanza che esce
nel 2001.
Daniele Castrizio

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  • 1. BIBLIOGRAFIA TOPOGRAFICA DELLA COLONIZZAZIONE, voce Reggio Calabria, vol. XVI, Pisa-Roma-Napoli 2001, pp. 1-77. Loggetto della seguente recensione riguarda la voce Reggio Calabria della Bibliografia Topografica della colonizzazione, opera meritoria per tantissimi aspetti, che ha permesso a generazioni di studiosi di conoscere ed approfondire la storia, la numismatica, lepigrafia e larcheologia di tanti siti interessati dalla colonizzazione greca. La voce in questione, firmata da Ivana Savalli per quanto attiene solamente alle fonti letterarie, e da Chiara Michelini per tutte le altre fonti e per la bibliografia, ci permette di valutare gli studi di settore concernenti la polis antica di Rhegion. Il primo impatto 竪, dobbiamo dire, fortemente destabilizzante: le ricerche, nonostante i tanti apporti, sembrano ancora ferme ai tempi di Georges Vallet e del suo splendido Rhegion et Zancle, come, del resto, pu嘆 riscontrare il comune visitatore del Museo Nazionale di Reggio Calabria nelle sale dedicate espressamente alla citt, di recente rinnovate ed inaugurate con molta enfasi. Dalla disamina offerta, proprio carente sembra lapporto dellarcheologia, nonostante limportanza del sito in antico, i cui interventi sono sembrati, nel tempo, dettati dallemergenza e dalla casualit. Limpressione generale 竪 che lo stesso apporto di Paolo Orsi non sia stato ancora completamente metabolizzato, e che nulla di importante sia intervenuto dopo di lui, cosa che 竪 invero sbagliata. Compulsando la voce della BTC, infine, spicca anche la mancata pubblicazione di importanti scavi urbani, che potevano fornire elementi maggiori agli studiosi, ma qui rischieremmo di addentrarci in beghe nostrane. La voce Reggio Calabria 竪 strutturata in tre sezioni: A. fonti letterarie, epigrafiche e numismatiche; B. Storia della ricerca archeologica; C. Bibliografia. Questultima parte va certamente approvata come ben fatta ed utile: sono l狸 presenti praticamente tutti i titoli, e non solo quelli maggiormente citati, degli studi che riguardano la citt. Lunico appunto, che peser enormemente nel giudizio sulle rimanenti sezioni, 竪 la medesima credibilit prestata ad opere scientifiche ed a libri ed articoli firmati da volenterosi eruditi locali, che nulla hanno di fondato dal punto di vista del metodo. Il porre sullo stesso piano ricerche basate su lunghe ricerche metodologicamente valide e ipotesi estemporanee, ancorch辿 interessanti, di studiosi come quelle del tale che ha operato deduzioni archeologiche avvalendosi dellopera di rabdomanti, ci sembra sia oggettivamente da stigmatizzare, soprattutto per non dare unidea errata e caotica degli studi, come se tutto fosse nello stesso tempo vero e falso, giusto e sbagliato, affermato con forza ed immediatamente contraddetto. Tornando alla voce in questione, la parte dedicata alle fonti letterarie si presenta dignitosa, pur con lievi sbavature, che andranno sottolineate. Laffermazione a p. 2, per esempio, che il confine S sia costituito dal torrente Alice preso Melito e poi dalla fiumara Amendolea presso Bova, pur se condivisa nei decenni scorsi da quasi tutto il mondo scientifico, 竪 stata abbandonata di recente da molti studiosi, per merito di almeno tre interventi, peraltro doverosamente riportati nella bibliografia. Tali ricerche hanno cercato di chiarire come il confine allHalex debba essere stato presso lodierno paese di Palizzi, identificando lantico fiume nella fiumara Alica, e che il Kaikinos sia certamente da porre oltre Capo Spartivento, probabilmente presso la fiumara Galati, che, ancora oggi, segna il confine tra la Diocesi cattolica di Reggio e quella di Locri-Gerace. Certamente la questione 竪 ancora aperta, ma il dare conto delle pi湛 recenti teorie non serve a questo la Bibliografia Topografica? ci pare permetterebbe di focalizzare i problemi irrisolti ed offrirebbe spunti e stimoli agli storici. Nel caso in questione, infatti, 竪 sembrato determinante nella comprensione della politica reggina dello scorcio del V sec. a.C. la conquista del Capo Spartivento, gi Promontorio Eracleo, approdo indispensabile nelle rotte marittime tra la Grecia e lItalia meridionale e la Sicilia. Senza questa informazione non sarebbe possibile comprendere perch辿 gli Ateniesi, nella loro prima spedizione in Occidente durante la Guerra del Peloponneso, si siano accaniti, insieme ai Reggini, per la conquista del chorion Kaikinon e poi, non essendoci riusciti, abbiano attaccato un peripolion nei pressi del confine tra Locri e Reggio (oltre Tucidide c竪 un illuminante frammento di Filisto, nel secondo libro dei Sikelik, tra laltro mancante nella raccolta
  • 2. delle fonti): era importante, per il prosieguo della politica imperialista ateniese in Sicilia, assicurarsi il controllo dei principali punti di approdo. Il racconto delle vicende tra la rifondazione di Reggio per opera di Dionisio II e larrivo di Timoleonte contiene qualche imprecisione, a volte non di poco conto. Nel 351 a.C., infatti, fu la morte dellateniese Callippo a restituire ai Reggini la libert, non il suo arrivo in citt con Leptine; nel 345 a.C. nessuna fonte ci dice che i Reggini chiesero lalleanza di Timoleonte contro i Cartaginesi, anzi dobbiamo presumere (ma queste cose sono state gi scritte in testi citati in bibliografia) che il vero problema fossero gli Italici istallati nellodierna Calabria da Dionisio il Vecchio. Lo stesso Timoleonte, poi, nel medesimo anno, non sfugg狸 a nessuna trappola ordita dai Cartaginesi, bens狸 ad un semplice blocco navale, teso ad impedirgli di arrivare in Sicilia. A p. 6 dobbiamo correggere un paio di affermazioni imprudenti: tra il 484 e il 480 a.C. Anassilao non introdusse affatto la corsa delle lepri in Sicilia (certamente non lo dice Aristotele!); nel 280 a.C. non ci fu nessuna rivolta di Mamertini inviati da Roma (sic!), ma della cosiddetta Legio Campana, che con i Mamertini di Messana e quelli di Mamertion non centrano nulla, tranne che essere loro alleati. Per quanto attiene alle fonti epigrafiche, sottolineando il refuso Sparata al posto di Sperata, ad una prima, veloce, disamina, ci sembra che manchino allappello alcune epigrafi, peraltro assai note, ma forse non si pu嘆 pretendere che venga segnalato tutto. Ma passiamo alle fonti numismatiche, dove lA. palesa lacune pi湛 gravi. Come si evincer dalle notazioni, ci pare che lintero paragrafo lasci quanto meno intuire che la persona incaricata non domini la materia a sufficienza: non sar il caso in questione, ma troppo spesso gli archeologi nostrani si credono capaci di fare parlare le monete come fanno con i loro venerati cocci, senza tenere conto della professionalit specifica dei loro colleghi numismatici (ma non voglio scrivere una Pro domo mea!). A p. 12 la frase sibillina relativa allassimilazione degli incusi reggini e zanclei a coniazioni di colonie calcidesi si pu嘆 spiegare solo facendo riferimento alla metrologia, e non certo alla tecnica dellincuso. La bibliografia adoperata andrebbe senzaltro svecchiata (limpressione che si ricava dalla lettura dellintera sezione 竪 di uno scritto gi redatto cinque o sei anni fa, aggiornato sommariamente solo nella sezione bibliografica), anche per evitare al lettore di imbrogliarsi seguendo teorie relative agli Etruschi, che certamente non hanno coniato moneta alla fine del VI sec. a.C.: limportanza dei Tirreni negli studi di settore ci pare vada finalmente scemando, a parte rigurgiti sciovinisti e campanilisti. Un po di chiarezza va fatta nelle prime coniazioni reggine a doppio rilievo: visto che la citt di Zancle si chiam嘆 cos狸 fino al 488 a.C. ca., ci sembra altamente improbabile che la monetazione di Reggio presenti, addirittura fin dal 494 a.C., gli stessi tipi di Messana (sic!), anche perch辿 poche righe sopra si afferma correttamente che le coniazioni Samie a Zancle durarono fino al 489 a.C. Il sistema ponderale adoperato nelle coniazioni Testa di leone/testa di vitello, poi, non 竪 affatto euboico-attico, ma euboico-calcidese, con tridrammi e non tetradrammi. La non comprensione di ci嘆 non permette di apprezzare limpatto politico della vittoria siracusana di Imera, con limposizione del sistema economico basato su quello che oggi sarebbe pi湛 corretto chiamare standard siracusano. Sempre a p. 13 bisogna ricorreggere lerrore della seguente frase: Allo stato attuale della ricerca non 竪 facile determinare se la nuova serie di Anassilao inizi嘆 a R.C. poco dopo il 494-493 a.C. () o se invece le due citt inaugurarono le nuove serie contemporaneamente nel 489-488 a.C.. Maria Caltabiano, citata in bibliografia, al contrario, ha dimostrato nella sua monografia lantecedenza delle serie reggine rispetto a quelle comuni alle due citt. Non ha nessun senso, a p. 14, laffermazione che vi fu una zecca unica per la serie con Giocasto, attribuita ad una studiosa di grande valore, quale Carmen Arnold Biucchi. La serie in questione, invece, 竪 comunemente creduta successiva alla cacciata dei tiranni della dinastia anassilaide nel 461 a.C.
  • 3. In modo sorprendente, dopo avere insistito a p. 15 sul peso euboico-attico delle emissioni T. di leone/t. di vitello, lA., dopo alcune righe afferma lesatto contrario (peraltro, la versione corretta della vicenda storica), con la giusta evidenza tributata alla data del 480 a.C. come cesura tra una fase calcidese ed una attica. Subito dopo: Anassilao, morto nel 476 a.C., difficilmente avrebbe potuto coniare moneta fino al 462 o al 466 a.C., come affermato. Non riusciamo a comprendere lorigine delle affermazioni che il bronzo segua lo standard euboico-attico e di quella con menzione di terzo calcidese, alle pp. 16- 17: il bronzo 竪 sicuramente successivo alla fine degli Anassilaidi e lespressione oscura deve intendersi nel senso della divisione in tre dracme dello statere calcidese. Per il periodo seguente ci sembra che la storia degli studi sulla figura in trono, circondata da corona dalloro, presente sulle serie reggine di met V sec. a.C., non tenga conto degli ultimi confronti e delle pi湛 recenti teorie. Si sono fatte strada due ipotesi diverse: per una di queste sarebbe da valorizzare il passaggio, nelle tipologie, tra vecchio con barba e giovane imberbe, il secondo dei quali sicuramente Apollo, che contraddistingue le serie reggine, con la proposta di identificazione della figura matura come Zeus; la seconda ipotesi si avvale della ripresa della medesima tipologia della figura matura con barba su serie della Guerra Annibalica, l狸 facilmente identificabile come Asclepio, e delle attestazioni di culto di Asclepio a Reggio gi nel periodo degli Anassilaidi. Laffermazione che gli stateri tetradrammi del periodo seguente, con la splendida testa di Apollo Reggino, siano stati attribuiti a Pythagoras di Reggio diviene comprensibile se le lettere presenti sulla moneta sono PY e non GY, come nel testo. La parte finale della sezione 竪 quella in cui sono contenuti i maggiori errori. La serie con Testa di leone/testa di Apollo a capelli lunghi, attribuita da Herzfelder alla rifondazione della citt con Dionisio II 竪 stata oggetto di una proposta di ribassamento cronologico, relativo al periodo di Agatocle, sulla base della ripresa delle coniazioni di tetradrammi in argento in Sicilia solo in quellepoca e della presenza di monogrammi, che non compaiono su serie pre-agatoclee. Anche se lA. non condividesse la teoria in questione, ci pare che essa andava quanto meno citata, soprattutto se la si menziona nella Bibliografia. Vorremmo, poi, sapere dove lA. abbia potuto ammirare le serie reggine in bronzo con Testa di Zeus/Zeus seduto, che non ho mai visto. Lo stesso si deve dire, purtroppo, per le fantomatiche serie di argento con Testa di Apollo/leone incedente e T. di leone/t. di Giano: esse non sono attestate nei repertori credibili, per cui ci si sarebbe aspettata un poco pi湛 di prudenza da parte della redattrice. Un ultimo, sofferto, accenno, alla parte finale, nella quale lA. non si rende conto che P. Marchetti ed il sottoscritto hanno cercato di dimostrare che le serie in bronzo reggine abbiano termine alla fine della II Guerra Punica o poco dopo. A prescindere dalla conferma che tali teorie stanno avendo dalle pi湛 recenti ricerche, andava forse spiegato che la situazione dei tesoretti reggini, in cui sono presenti tutte le serie della citt, testimoniano una circolazione di moneta diversa rispetto a quella del II sec. a.C. Nei ripostigli in oggetto, infatti, c竪 solo moneta reggina, o bronzo romano battuto verso il 215 a.C., mentre la situazione successiva mostra come nellintero Bruzio meridionale circolavano moltissime valute, battute da molteplici zecche: 竪 stato facile dimostrare come i tesoretti siano del periodo della citt assediata, che aveva riconiato tutta la moneta straniera in circolazione. Unultima cosa: in un recente scavo urbano, delle cui informazioni ringrazio la dr.ssa E. Andronico della locale Soprintendenza, 竪 stata ritrovata una T. di Artemide/lira, forse la pi湛 recente delle serie reggine, in uno strato di fine III, inizi II sec. a.C., ancora tutto da approfondire. Ovviamente: ai posteri lardua sentenza, ma ci sembra rimanere valido lobbligo di citare tutte le teorie note, anche senza accettarle, o magari anche criticandole apertamente. Un ultimissimo accenno pertiene alla sezione archeologica, che meriterebbe ben altro spazio. Essa si presenta come un buon punto di partenza per indagare sulla storia di Reggio, ma, come gi detto, 竪 stato dato credito da parte dellA., forse a causa della giovane et, a teorie di eruditi locali, privi di qualunque metodo, anche se in grado di pubblicare su riviste considerate scientifiche prima dei loro interventi. Come gi visto in altre parti, 竪 da segnalare la presenza di qualche refuso (Via Lemos e non Via di Lemnos; Piazza Campagna si chiama ancora cos狸; Dionisio I prese Reggio nel 387 e non
  • 4. nel 397) e di qualche errore evidente: il muro del Trabocchetto, come, del resto, la porzione di mura della Via Marina, non sono assolutamente di VI-V sec. a.C. (p. 25), ma furono erette dopo la rifondazione della citt da parte di Dionisio II, con larghi interventi di Agatocle, soprattutto per quanto riguarda lattenzione prestata alle postazioni per catapulte nei luoghi strategici. Laffermazione che le mura dal pianoro del Castello dovevano poi dirigersi verso lalto, tenendosi sulla destra del Vallone Orange (p. 26) 竪 destituita di ogni fondamento: a parte che nessuno farebbe perno su un torrentello, avendo un burrone a strapiombo cento metri oltre, c竪 poi la constatazione, questa s狸 archeologica, che lo spazio a sinistra dellOrangi 竪 pieno di costruzioni abitative di epoca greca e dei resti di un tempietto, ammirabili presso il Museo Mons. F. Gangemi di Reggio. Anche la mancanza di torri nelle mura, descritta sempre a p. 26 non 竪 vera: ci sono due torri sulla Collina del Trabocchetto, ed un'altra probabile e nella porzione del muro a Collina degli Angeli. Non vorremmo superare i limiti, ma a nostro avviso lasciano il tempo che trovano espressioni quali per avviarsi poi nuovamente ad un periodo di declino (p. 27) per almeno due motivazioni: il concetto stesso di declino non 竪 pi湛 accettabile scientificamente, e poi, anche a volerlo prendere in considerazione, non ci sono fonti sufficienti per parlare di prosperit o decadenza. Anzi: quelle poche presenti sembrano prospettare una ripresa economica e politica della citt piuttosto che il contrario. Un ultimo accenno: nel testo non si cita bibliografia pi湛 recente del 1991 (tranne qualche eccezione di lavori della Parra). Non ci sembra che una buona cosa per un testo di questa importanza che esce nel 2001. Daniele Castrizio