際際滷

際際滷Share a Scribd company logo
Opera rilasciata sotto la Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale (CC BY 4.0)
(http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/deed.it).
Bisogna attribuire il lavoro a Claudio Nasti con link a http://www.claudionasti.com
BIG DATA QUALCHE RIFLESSIONE
Molti convegni che coinvolgono il mondo dellICT, direttamente o in quanto funzione di supporto, sembrano
rivolgersi quasi esclusivamente ai vari big player del settore di riferimento.
Sembra che chi si occupa di organizzare tali eventi abbia stabilito che la struttura portante, lossatura
delleconomia italiana, si sia modificata nel tempo fino a escludere completamente le piccole e medie
aziende.
Non so se veramente il tessuto imprenditoriale italiano 竪 realmente cambiato in questo modo. Sono per嘆
sicuro che ci嘆 non 竪 vero per il settore in cui lavoro da diversi decenni e che 竪 quello di cui vorrei parlare in
queste poche righe La gioielleria italiana 竪 caratterizzata, nella sua filiera, da una notevole frammentazione
dalla quale emergono pochi grossi nomi, alcuni non pi湛 di propriet italiana. Il resto sono medie piccole e
piccolissime aziende.
Mi chiedo sempre, quindi, ogni volta che intervengo ad un convegno, un incontro pubblico o un workshop se
le tecnologie di cui stiamo parlando siano effettivamente utili al mondo di cui faccio parte.
Qui oggi parliamo di Big Data. Abbiamo cominciato a parlarne gi da qualche anno, grazie alla lungimiranza
di alcuni istituti di ricerca. Ne abbiamo parlato cos狸 tanto che a qualcuno sono sembrati una moda. Cerco di
ricordare a chi ha la disavventura di leggermi, ed a me stesso cosa sono.
Scendere nel dettaglio 竪 inutile soprattutto quando la platea non 竪 di soli tecnici e si annoierebbe dopo i
primi accenni ai database non relazionali, i linguaggi NOSQL ed i dati destrutturati. Oggi nel mondo, grazie ad
internet ovviamente, ma non solo, viaggiano miliardi di byte, informazioni dai contenuti pi湛 disparati.
Informazioni di qualsiasi genere: commenti, post, brandelli di parole. Qualsiasi cosa facciamo, grazie alla rete
diventa, che lo vogliamo o no, uninformazione o meglio un dato che, opportunamente trattato, pu嘆
diventare uninformazione utile alle aziende. E una mole di dati spaventosa: si stima che entro il 2020
verranno creati 35 zettabyte di dati ovvero 35 mila miliardi di gigabyte allanno. Questi dati sono in grado di
informarci su tutto. Consentono di darci indicazioni precise sulla bont dei nostri prodotti, ci possono dire se
un nostro cliente o meglio un nostro prospect sta guardando in rete i nostri prodotti o se ne sta parlando,
speriamo bene, con i suoi amici di chat (sto riassumendo moltissimo per la noia possibile di cui sopra). Inutile
dire che cosa ci嘆 pu嘆 scatenare sulle per le attivit del nostro marketing.
Questi dati sono tanti ed aumentano e variano in continuazione; conservarli e gestirli per trarne informazioni
utili alle richiede infrastrutture e professionalit notevoli e costose decisamente non alla portata di gran parte
delle aziende italiane.
Uno studio della SDA Bocconi ed un altro del TWDI (istituto americano che studia i DataWarehouse)
sembrano concordare sul problema dei costi.
Se la mia descrizione corrisponde allora chiedersi nuovamente se alla parte pi湛 numerosa delle aziende
italiane i big data servono realmente mi sembra doveroso ed oserei dire intellettualmente onesto.
Sapranno gestirli ed usarli o, come accade per investimenti informatici fatti sullonda della novit ne verranno
travolti mettendosi in casa uno strumento costoso e nel migliore dei casi inutile?
Il cloud, che appare in questi casi come lunica possibilit di ridurre i costi sar sufficiente? Quando
costeranno i consulenti ed, data Analyst necessari? Ma poi, anche se queste informazioni fossero raccolte
correttamente a costi accessibili sarebbero poi utilizzate?
C竪 un altro strumento di analisi delle informazioni interne che dovrebbe essere ampiamente consolidato e
presente nelle aziende: la Business Intelligence. Ascoltando i racconti dei consulenti e dei docenti ai corsi
Opera rilasciata sotto la Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale (CC BY 4.0)
(http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/deed.it).
Bisogna attribuire il lavoro a Claudio Nasti con link a http://www.claudionasti.com
sullargomento si scoprono una serie di problemi che ci spingono ulteriormente a considerare lutilizzo dei
BIG Data come qualcosa di futuribile per le piccole e medie aziende italiane.
La storia della Business intelligence infatti 竪 piena di report prodotti e non letti d nessuno, progetti falliti
perch辿 limprenditore non sapeva bene cosa chiedere o il consulente non riusciva a capirlo. Si continua a
raccontare di riunioni in cui ognuno portava i suoi dati diversi per quanto estratti dalla stessa base dati. Con
il risultato di buttare soldi, non generare profitto e soprattutto creare sfiducia nello strumento. Uno
strumento fondamentale (come probabilmente lo sono i Big Data) per capire come si naviga e dove si pu嘆
andare.
Allora mi chiedo, quale 竪 il ruolo dei CIO, degli IT manager, dei consulenti informatici a prescindere dallo
strumento da utilizzare, dal software o dallo storage da acquistare o vendere.
Ritengo che sia necessario diffondere nelle aziende una corretta cultura del dato e dellinformazione. Ci sono
realt in Italia a cui alcuni semplici report possono indicare la rotta precisa da seguire ed altre invece pi湛
complesse dove la BI pu嘆 fare veramente da volano.
E, da informatico, mi sento di dire che, per fortuna, luomo 竪 ancora al centro di tutto.
Valenza Novembre 2016
Claudio Nasti

More Related Content

Big data qualche riflessione

  • 1. Opera rilasciata sotto la Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale (CC BY 4.0) (http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/deed.it). Bisogna attribuire il lavoro a Claudio Nasti con link a http://www.claudionasti.com BIG DATA QUALCHE RIFLESSIONE Molti convegni che coinvolgono il mondo dellICT, direttamente o in quanto funzione di supporto, sembrano rivolgersi quasi esclusivamente ai vari big player del settore di riferimento. Sembra che chi si occupa di organizzare tali eventi abbia stabilito che la struttura portante, lossatura delleconomia italiana, si sia modificata nel tempo fino a escludere completamente le piccole e medie aziende. Non so se veramente il tessuto imprenditoriale italiano 竪 realmente cambiato in questo modo. Sono per嘆 sicuro che ci嘆 non 竪 vero per il settore in cui lavoro da diversi decenni e che 竪 quello di cui vorrei parlare in queste poche righe La gioielleria italiana 竪 caratterizzata, nella sua filiera, da una notevole frammentazione dalla quale emergono pochi grossi nomi, alcuni non pi湛 di propriet italiana. Il resto sono medie piccole e piccolissime aziende. Mi chiedo sempre, quindi, ogni volta che intervengo ad un convegno, un incontro pubblico o un workshop se le tecnologie di cui stiamo parlando siano effettivamente utili al mondo di cui faccio parte. Qui oggi parliamo di Big Data. Abbiamo cominciato a parlarne gi da qualche anno, grazie alla lungimiranza di alcuni istituti di ricerca. Ne abbiamo parlato cos狸 tanto che a qualcuno sono sembrati una moda. Cerco di ricordare a chi ha la disavventura di leggermi, ed a me stesso cosa sono. Scendere nel dettaglio 竪 inutile soprattutto quando la platea non 竪 di soli tecnici e si annoierebbe dopo i primi accenni ai database non relazionali, i linguaggi NOSQL ed i dati destrutturati. Oggi nel mondo, grazie ad internet ovviamente, ma non solo, viaggiano miliardi di byte, informazioni dai contenuti pi湛 disparati. Informazioni di qualsiasi genere: commenti, post, brandelli di parole. Qualsiasi cosa facciamo, grazie alla rete diventa, che lo vogliamo o no, uninformazione o meglio un dato che, opportunamente trattato, pu嘆 diventare uninformazione utile alle aziende. E una mole di dati spaventosa: si stima che entro il 2020 verranno creati 35 zettabyte di dati ovvero 35 mila miliardi di gigabyte allanno. Questi dati sono in grado di informarci su tutto. Consentono di darci indicazioni precise sulla bont dei nostri prodotti, ci possono dire se un nostro cliente o meglio un nostro prospect sta guardando in rete i nostri prodotti o se ne sta parlando, speriamo bene, con i suoi amici di chat (sto riassumendo moltissimo per la noia possibile di cui sopra). Inutile dire che cosa ci嘆 pu嘆 scatenare sulle per le attivit del nostro marketing. Questi dati sono tanti ed aumentano e variano in continuazione; conservarli e gestirli per trarne informazioni utili alle richiede infrastrutture e professionalit notevoli e costose decisamente non alla portata di gran parte delle aziende italiane. Uno studio della SDA Bocconi ed un altro del TWDI (istituto americano che studia i DataWarehouse) sembrano concordare sul problema dei costi. Se la mia descrizione corrisponde allora chiedersi nuovamente se alla parte pi湛 numerosa delle aziende italiane i big data servono realmente mi sembra doveroso ed oserei dire intellettualmente onesto. Sapranno gestirli ed usarli o, come accade per investimenti informatici fatti sullonda della novit ne verranno travolti mettendosi in casa uno strumento costoso e nel migliore dei casi inutile? Il cloud, che appare in questi casi come lunica possibilit di ridurre i costi sar sufficiente? Quando costeranno i consulenti ed, data Analyst necessari? Ma poi, anche se queste informazioni fossero raccolte correttamente a costi accessibili sarebbero poi utilizzate? C竪 un altro strumento di analisi delle informazioni interne che dovrebbe essere ampiamente consolidato e presente nelle aziende: la Business Intelligence. Ascoltando i racconti dei consulenti e dei docenti ai corsi
  • 2. Opera rilasciata sotto la Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale (CC BY 4.0) (http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/deed.it). Bisogna attribuire il lavoro a Claudio Nasti con link a http://www.claudionasti.com sullargomento si scoprono una serie di problemi che ci spingono ulteriormente a considerare lutilizzo dei BIG Data come qualcosa di futuribile per le piccole e medie aziende italiane. La storia della Business intelligence infatti 竪 piena di report prodotti e non letti d nessuno, progetti falliti perch辿 limprenditore non sapeva bene cosa chiedere o il consulente non riusciva a capirlo. Si continua a raccontare di riunioni in cui ognuno portava i suoi dati diversi per quanto estratti dalla stessa base dati. Con il risultato di buttare soldi, non generare profitto e soprattutto creare sfiducia nello strumento. Uno strumento fondamentale (come probabilmente lo sono i Big Data) per capire come si naviga e dove si pu嘆 andare. Allora mi chiedo, quale 竪 il ruolo dei CIO, degli IT manager, dei consulenti informatici a prescindere dallo strumento da utilizzare, dal software o dallo storage da acquistare o vendere. Ritengo che sia necessario diffondere nelle aziende una corretta cultura del dato e dellinformazione. Ci sono realt in Italia a cui alcuni semplici report possono indicare la rotta precisa da seguire ed altre invece pi湛 complesse dove la BI pu嘆 fare veramente da volano. E, da informatico, mi sento di dire che, per fortuna, luomo 竪 ancora al centro di tutto. Valenza Novembre 2016 Claudio Nasti