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Di Tommaso Basilio Foto Michel Comte




   Racconta da sempre la moda, Michel Comte. Salvo spostare l’obiettivo
   sulla sua casa Anni 20 a Beverly Hills. La condivide con Ayako
   Yoshida, insieme intrecciano il gusto per il Modernismo e la purezza
   dell’Oriente. Ma anche un progetto cinematografico: lui sta ultimando
   le riprese, lei ha creato i costumi. Madame Butterfly, of course
                                                                              175
In salotto, poltroncine
     marroni di Arturo Pani, il
 creatore dell’‘Acapulco Look’,
Messico, 1930. Sullo sfondo un
       Marlon Brando di Andy
   Warhol. Le lampade sono di
    Jacques-Émile Ruhlmann,
         1920. Lo specchio fa da
            schermo TV (sotto).
          La piscina (a sinistra).
   La moglie di Michel Comte,
   Ayako, nel suo studio con il
cane Jeffrey. La sedia, del 1920,
è una delle prime disegnate da
  Gerrit Rietveld. La panca è di
     Charles Eames, 1955 circa
 (nella pagina accanto, in alto).
   Close-up del salotto (pagina
    accanto, in basso). Ancora
  Ayako, ritratta davanti a una
      tenda parasole. Il piccolo
        tavolo è di Arturo Pani,
   Messico, 1920 circa. Di Pani,
     anche la sedia di pelle, del
         1950 circa (in apertura)
La casa riassume due mondi:
l’Europa modernista
di Comte e il Giappone
di Ayako. Si cammina a piedi
nudi e si dorme su un tatami,
con una Black Marilyn
di Andy Warhol
in corrispondenza della
testata. Lampada da terra fine
anni Cinquanta. Coperta
di pelliccia di Trussardi 1911
Uno scorcio della casa,
                                 progettata dall’inglese
                                 naturalizzato americano
                                 Gordon Kaufmann nel 1924
                                 (in alto). Michel Comte e la
                                 moglie Ayako (al centro). In
                                 camera, sul letto, coperta anni
                                 Sessanta Chairman Mao.
                                 A terra, due opere di Andy
                                 Warhol, ‘Most Wanted Man’ e
                                 ‘Black Marilyn Monroe’
                                 (in basso)




A terra, due sculture
Polka-Dots della giapponese
Yayoi Kusama. Sui
tavolini due ‘Marilyn’ e per
terra, ‘Electric chair’
di Andy Warhol (sopra).
Nell’ingresso, pittura di Chad
Attie, un ‘mobile’ di
Alexander Calder e coppia
di sedie di Harry Bertoia
(a destra)




  180                                                              181
Davanti agli schermi
      ultrapiatti, due poltroncine
      in pelle e tubolare di ferro
      Knoll International. Sono
      quelle che arredavano
      lo studio di Mies van der
      Rohe. Il kimono è una
      creazione di Ayako Yoshida
      (in queste pagine)




182                                  183
Walter Keller, curatore della mostra ‘Crescendo Fotografico’ alla
      Triennale di Milano, l’ha presentato come uno svizzero che per sua
      fortuna ha girato il mondo. Forse è il dna del nonno, capace aviatore.
      Di certo c’è che ha viaggiato parecchio, tanto che è difficile credere che
      anche lui abbia una casa. Ma Michel Comte, la star della fotografia di
      moda, ha abituato chi lo conosce a stupirsi. Nel pieno del successo,
      corteggiatissimo dai fashion magazine, ci ha messo un attimo a
      decidere di partire per l’Afghanistan e documentare la cruda realtà
      locale per la causa della Croce Rossa. Ora sorprende mostrando che
      una casa ce l’ha, e sembra un paradiso. Anche grazie al sorriso della
      moglie, la giapponese Ayako. I due abitano «una mansion con
      influenze spagnole sopra Beverly Hills, progettata da Gordon
      Kaufmann e costruita nel 1924. È una delle cinque proprietà più
      importanti della città». Appartenuta in origine al banchiere Benjamin
      Meyer, prima dell’arrivo di Comte (che vive qui da 4 anni) era di Phil
      Spector, noto producer musicale finito in carcere per l’omicidio della
      fidanzata. Nella quiete dell’enorme parco, 30 mila metri quadrati, al
      riparo dalle celebrities e dalle deformazioni dello showbiz, Comte
      ricarica le batterie tra uno shooting e l’altro. Oltre alla fotografia, in
      questo periodo ad allontanarlo da casa è il cinema. Sta ultimando le
      riprese di un lungometraggio su Madame Butterfly - girato tra il
      Giappone e la Cina - che sarà pronto per il festival di Venezia del 2012.
      «Mia moglie, artista e scultrice, sta realizzando i costumi nell’atelier di
      casa», racconta, e rivela di avere già in cantiere un secondo film, dal
      titolo provvisorio di ‘G for Genocide’. Prima di essere fotografo, Comte
      è stato restauratore di arte moderna. Ha lavorato per Warhol e per
      Twombly. Il suo amore per l’arte si è nutrito di una fornita collezione
      dei primi lavori di Andy Warhol. Nelle sue foto di moda i corpi e le
      espressioni dei visi hanno la potenza di sculture. «Sono sempre stato
      circondato dall’arte», spiega. «Da piccolo, dormivo in una stanza
      minimalista, con un letto bianco e un piccolo Cy Twombly sul muro».
      Ad affascinarlo, in questa casa, è stata «la modernità degli spazi, la
      purezza degli ambienti. Mi ha convinto a lasciare la Singleton House di
      Richard Neutra, dove abitavo in precedenza, all’amico Vidal Sassoon».
      Lo stile di casa Comte è il risultato delle due anime dei proprietari:
      l’Europa modernista (Comte possiede le sedie originali dell’ufficio di
      Mies van der Rohe) e il Giappone di Ayako. «Scegliamo insieme tutti
      gli arredi e i dettagli. Anche se io amo collezionare, e avevo già di mio
      una trentina di sedie degli Eames». In casa si cammina senza scarpe,
      sui tatami o sui pavimenti di legno. L’impressione è di essere in una
      galleria dove le opere sono perfettamente integrate all’ambiente, in un
      poetico mix di arte, tecnologia e design che trasforma le stanze in
      piccoli set teatrali calati nella vita di tutti i giorni. «Ayako è un’ottima
      cuoca e anch’io mi difendo. Quando siamo a Los Angeles usciamo
      raramente». Questa volta non ci stupiamo.




      Ayako Yoshida nel suo studio.
      La sedia è di Gerrit Rietveld,
      1940 circa. Il tavolo è cinese
      sempre anni Quaranta.
      Nell’angolo, un tavolo bianco
      di Kolo Moser, Vienna, 1920
      (in queste pagine)

184                                                                           185

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Final 24 Comte 150 2

  • 1. MACY INTIM Di Tommaso Basilio Foto Michel Comte Racconta da sempre la moda, Michel Comte. Salvo spostare l’obiettivo sulla sua casa Anni 20 a Beverly Hills. La condivide con Ayako Yoshida, insieme intrecciano il gusto per il Modernismo e la purezza dell’Oriente. Ma anche un progetto cinematografico: lui sta ultimando le riprese, lei ha creato i costumi. Madame Butterfly, of course 175
  • 2. In salotto, poltroncine marroni di Arturo Pani, il creatore dell’‘Acapulco Look’, Messico, 1930. Sullo sfondo un Marlon Brando di Andy Warhol. Le lampade sono di Jacques-Émile Ruhlmann, 1920. Lo specchio fa da schermo TV (sotto). La piscina (a sinistra). La moglie di Michel Comte, Ayako, nel suo studio con il cane Jeffrey. La sedia, del 1920, è una delle prime disegnate da Gerrit Rietveld. La panca è di Charles Eames, 1955 circa (nella pagina accanto, in alto). Close-up del salotto (pagina accanto, in basso). Ancora Ayako, ritratta davanti a una tenda parasole. Il piccolo tavolo è di Arturo Pani, Messico, 1920 circa. Di Pani, anche la sedia di pelle, del 1950 circa (in apertura)
  • 3. La casa riassume due mondi: l’Europa modernista di Comte e il Giappone di Ayako. Si cammina a piedi nudi e si dorme su un tatami, con una Black Marilyn di Andy Warhol in corrispondenza della testata. Lampada da terra fine anni Cinquanta. Coperta di pelliccia di Trussardi 1911
  • 4. Uno scorcio della casa, progettata dall’inglese naturalizzato americano Gordon Kaufmann nel 1924 (in alto). Michel Comte e la moglie Ayako (al centro). In camera, sul letto, coperta anni Sessanta Chairman Mao. A terra, due opere di Andy Warhol, ‘Most Wanted Man’ e ‘Black Marilyn Monroe’ (in basso) A terra, due sculture Polka-Dots della giapponese Yayoi Kusama. Sui tavolini due ‘Marilyn’ e per terra, ‘Electric chair’ di Andy Warhol (sopra). Nell’ingresso, pittura di Chad Attie, un ‘mobile’ di Alexander Calder e coppia di sedie di Harry Bertoia (a destra) 180 181
  • 5. Davanti agli schermi ultrapiatti, due poltroncine in pelle e tubolare di ferro Knoll International. Sono quelle che arredavano lo studio di Mies van der Rohe. Il kimono è una creazione di Ayako Yoshida (in queste pagine) 182 183
  • 6. Walter Keller, curatore della mostra ‘Crescendo Fotografico’ alla Triennale di Milano, l’ha presentato come uno svizzero che per sua fortuna ha girato il mondo. Forse è il dna del nonno, capace aviatore. Di certo c’è che ha viaggiato parecchio, tanto che è difficile credere che anche lui abbia una casa. Ma Michel Comte, la star della fotografia di moda, ha abituato chi lo conosce a stupirsi. Nel pieno del successo, corteggiatissimo dai fashion magazine, ci ha messo un attimo a decidere di partire per l’Afghanistan e documentare la cruda realtà locale per la causa della Croce Rossa. Ora sorprende mostrando che una casa ce l’ha, e sembra un paradiso. Anche grazie al sorriso della moglie, la giapponese Ayako. I due abitano «una mansion con influenze spagnole sopra Beverly Hills, progettata da Gordon Kaufmann e costruita nel 1924. È una delle cinque proprietà più importanti della città». Appartenuta in origine al banchiere Benjamin Meyer, prima dell’arrivo di Comte (che vive qui da 4 anni) era di Phil Spector, noto producer musicale finito in carcere per l’omicidio della fidanzata. Nella quiete dell’enorme parco, 30 mila metri quadrati, al riparo dalle celebrities e dalle deformazioni dello showbiz, Comte ricarica le batterie tra uno shooting e l’altro. Oltre alla fotografia, in questo periodo ad allontanarlo da casa è il cinema. Sta ultimando le riprese di un lungometraggio su Madame Butterfly - girato tra il Giappone e la Cina - che sarà pronto per il festival di Venezia del 2012. «Mia moglie, artista e scultrice, sta realizzando i costumi nell’atelier di casa», racconta, e rivela di avere già in cantiere un secondo film, dal titolo provvisorio di ‘G for Genocide’. Prima di essere fotografo, Comte è stato restauratore di arte moderna. Ha lavorato per Warhol e per Twombly. Il suo amore per l’arte si è nutrito di una fornita collezione dei primi lavori di Andy Warhol. Nelle sue foto di moda i corpi e le espressioni dei visi hanno la potenza di sculture. «Sono sempre stato circondato dall’arte», spiega. «Da piccolo, dormivo in una stanza minimalista, con un letto bianco e un piccolo Cy Twombly sul muro». Ad affascinarlo, in questa casa, è stata «la modernità degli spazi, la purezza degli ambienti. Mi ha convinto a lasciare la Singleton House di Richard Neutra, dove abitavo in precedenza, all’amico Vidal Sassoon». Lo stile di casa Comte è il risultato delle due anime dei proprietari: l’Europa modernista (Comte possiede le sedie originali dell’ufficio di Mies van der Rohe) e il Giappone di Ayako. «Scegliamo insieme tutti gli arredi e i dettagli. Anche se io amo collezionare, e avevo già di mio una trentina di sedie degli Eames». In casa si cammina senza scarpe, sui tatami o sui pavimenti di legno. L’impressione è di essere in una galleria dove le opere sono perfettamente integrate all’ambiente, in un poetico mix di arte, tecnologia e design che trasforma le stanze in piccoli set teatrali calati nella vita di tutti i giorni. «Ayako è un’ottima cuoca e anch’io mi difendo. Quando siamo a Los Angeles usciamo raramente». Questa volta non ci stupiamo. Ayako Yoshida nel suo studio. La sedia è di Gerrit Rietveld, 1940 circa. Il tavolo è cinese sempre anni Quaranta. Nell’angolo, un tavolo bianco di Kolo Moser, Vienna, 1920 (in queste pagine) 184 185