Come si finanzia l’università in Italia? Chi paga di più e perchè dovremmo spendere soldi pubblici? Il sistema è equo? Ecco un’analisi su quanto, come, perchè e con quali risultati si spende per l’univerisità italiana.
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Il Finanziamento dell'Università Italiana
1. Il Finanziamento dell’Università Italiana
Perchè investire fondi pubblici? Quanto e come spendiamo?
Chi ne beneficia? Chi paga?
Marco Bertoni*, Marta De Philippis† e Marco Paccagnella‡
*Università di Padova, †London School of Economics, ‡ Banca d’Italia
Le opinioni espresse sono strettamente personali e non sono in alcun modo riferibili alle Istituzioni di appartenenza
2. Il Finanziamento dell’Università Italiana
• Questa presentazione è dedicata alle risorse economiche utilizzate nel
sistema universitario italiano.
• Si sente spesso parlare di sottofinanziamento delle università, di tasse
universitarie troppo alte o troppo basse, di diritto allo studio negato…
Come capirci qualcosa in più?
• In questa presentazione ci soffermiamo su questi temi:
1. Perchè investire soldi pubblici?
2. Quanto e come spendiamo?
3. Chi beneficia della spesa universitaria?
4. Chi finanzia questa spesa?
2
3. Perchè investire soldi pubblici?
3
Da un punto di vista individuale, conseguire un titolo universitario
conviene (Università e mercato del lavoro - Quattrogatti.info):
• Salari più alti
• Minor rischio di disoccupazione
• Benefici “non monetari” (ad esempio migliori condizioni di salute)
Investire in istruzione rende più che investire in azioni!
(Cingano e Cipollone, 2009)
Ma perchè dovrebbe essere lo STATO a sostenere i costi di questo
(redditizio) investimento?
4. Perchè investire soldi pubblici? Informazioni e credito
Un individuo sceglierà di iscriversi all’università se:
4
Benefici INDIVIDUALI:
Maggiore salario, benessere,
lavoro più interessante
Costi INDIVIDUALI:
Retta universitaria, affitto per
gli studenti fuori sede,
mancati guadagni
MAGGIORI DEI
La scelta potrebbe essere “inefficiente” se:
1. Non si hanno a disposizioni sufficienti informazioni sui benefici/costi
2. Non si riesce ad ottenere un prestito per finanziare gli studi, sebbene i
benefici siano maggiorni dei costi e si sia in grado di ripagare il prestito con i
redditi futuri
In questi casi lo stato dovrebbe intervenire
(con campagne di informazione, borse di studio, prestiti d’onore, ... )
5. Perchè invesitire soldi pubblici? Benefici sociali
• Lo Stato dovrebbe intervenire qualora vi siano dei benefici sociali dell’istruzione
universitaria in aggiunta ai benefici individuali
• Per benefici “sociali” si intendono i benefici che ricadono sull’intera società e non solo
sull’individuo che ottiene l’istruzione universitaria. Per esempio:
Il fatto che maggiore è il livello di
istruzione, minore è il livello di
criminalità è un beneficio sociale
5
Il fatto che maggiore è il mio livello
di istruzione, maggiore è il mio
salario è un beneficio individuale
Tuttavia il singolo individuo tenderà a non considerare i benefici sociali
quando decide se iscriversi o meno all’università.
Senza intervento pubblico, ci sarebbero troppi pochi laureati
Anche chi non frequenta l’università ha interesse a sostenere i costi di questi
interventi tramite la fiscalità generale, per godere dei benefici sociali.
6. I benefici sociali: ma esistono davvero?
Analizziamo per primi i cosiddetti benefici sociali “monetari”: avere più laureati
aumenta automaticamente il salario dei non laureati?
Finora gli studi effettuati non hanno trovato evidenza conclusiva circa la
presenza di questo tipo di benefici.
Per l’Italia, i rendimenti sociali in termini di maggiori redditi sarebbero pari o solo
poco superiori a quelli privati (OCSE, 2012; Dalmazzo e De Blasio, 2007; Ciccone, Cingano e
Cipollone, 2004)
Per gli USA, una maggior concentrazione di laureati tende ad innalzare produttività
e salari dei non laureati, ma anche il costo della vita (Moretti, 2004)
È ragionevole pensare che i benefici sociali siano generati dalla trasmissione
6
di conoscenza e dall’adozione di nuove tecnologie, e quindi dipendano dalla
qualità dei laureati, che è più difficilmente misurabile
6
7. I benefici sociali: ma esistono davvero? Difficile a dirsi
7
Analizziamo ora i benefici sociali non monetari:
• Maggiore istruzione tende a migliorare le condizioni di salute e a ridurre
l’incidenza della criminalità (ma forse per questo basta il diploma?)
• Tuttavia, ci sono ancora pochi studi sui benefici sociali “non monetari”,
soprattutto perchè questi sono difficili da misurare
Lo Stato potrebbe inoltre trarre benefici fiscali:
• La spesa pubblica in istruzione universtiaria può essere compensata da
maggiori introiti fiscali - visti i più alti redditi degli universitari - e da minori
costi in sanità, lotta al crimine e sussidi di disoccupazione (Cingano e
Cipollone, 2009)
Infine, ci potrebbero essere dei benefici sulla crescita economica se a
più laureati corrispondesse una più alta produttività dei fattori*
(*VEDI ANCHE: http://www.quattrogatti.info/n/index.php/presentazioni/item/258-produttivit%C3%A0-in-italia-
una-chimera? )
8. Quanto spendiamo?
8
Due indicatori di spesa in istruzione universitaria comunemente utilizzati
sono (di fonte OCSE, 2012):
• La spesa pubblica in Università/PIL: un
indicatore delle risorse pubbliche messe a
disposizione del sistema unviersitario.
• La spesa per studente: include le risorse
pubbliche e private investite nella
formazione di uno studente univeristario.
9. Quanto spendiamo? Meno degli altri
• L’Italia è sotto la media
OCSE in entrambi gli
indicatori e presenta livelli di
spesa pubblica e totale
Spesa pubblica in Università/PIL (%) - 2009
1.2
0.8 inferiori rispetto ad altri paesi
9
0.9
1
1.1
1.2
1.9
0.5 0.7 0.9 1.1 1.3 1.5 1.7 1.9 2.1
Finlandia
Media OCSE
USA
Germania
Spagna
Regno Unito
Italia
10. Quanto spendiamo? Meno degli altri
• L’Italia è sotto la media
OCSE in entrambi gli
indicatori e presenta livelli di
spesa pubblica e totale
inferiori rispetto ad altri paesi
• Alle poche risorse
pubbliche si aggiunge anche
lo scarso finanziamento
privato, da parte degli
studenti o di finanziatori terzi
10
Spesa pubblica in Università/PIL (%) - 2009
0.8
0.9
1
1.1
1.2
1.2
1.9
0.5 0.7 0.9 1.1 1.3 1.5 1.7 1.9 2.1
Finlandia
Media OCSE
USA
Germania
Spagna
Regno Unito
Italia
Spesa totale per studente per anno ($) - 2009
9562
13728
13614
16569
16338
15711
29201
5000 10000 15000 20000 25000 30000 35000
USA
Finlandia
Regno Unito
Germania
Media OCSE
Spagna
Italia
11. La spesa per studente non è cresciuta
11
• Contrariamente ad altri Paesi, in Italia la spesa per studente universitario è
rimasta sostanzialmente costante negli ultimi 15 anni
120
110
100
90
80
70
60
50
1995 2000 2005 2009
Finlandia Germania Italia Spagna Regno Unito USA Media Ocse
Spesa totale per studente dal 1995 al 2009. 100 = spesa nel 2005.
Fonte: OCSE (2012)
12. Come spendiamo? La composizione della spesa
• Secondo dati del Ministero
dell’Istruzione, quasi il 70%
delle uscite sono legate
alla spesa per il personale
• La frazione di spesa in
interventi a favore degli
studenti è molto bassa
(<10%)
• La composizione è rimasta
costante negli ultimi anni
12
Composizione della Spesa (%) – 2009*
41.5
17.1
6.3
14
9.5
11.6
Personale docente
Personale tecnico
Altre spese per il
personale
Funzionamento
Interventi a favore degli
studenti
Altre spese
13. Come spendiamo? Diritto allo studio
13
• Che cos’è?
• Il fondamento giuridico è l’art. 34 della costituzione:
“Studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di
raggiungere i gradi più alti degli studi”
• Da un punto di vista economico, gli interventi di diritto allo studio consentono la partecipazione
all’università anche a chi non può a permettersela, magari perchè non può prendere a prestito i
soldi necessari da una banca o dallo stato.
• Come viene implementato?
• Le principali forme di intervento previste sono: erogazione borse di studio; servizi di alloggio e
ristorazione riduzione o esenzione tasse universitarie; attività lavorativa part-time.
• Tuttavia l’Italia spende poco per il diritto allo studio (circa 9.5% del basso totale della spesa
pubblica per l’università)
• Inoltre, l’ implementazione degli interventi è a carico delle singole regioni, creando quindi
disparità di trattamento per motivi di disponibilità di fondi.
14. Come spendiamo? La vasta offerta territoriale
Secondo dati MIUR (2011), più
di 200 comuni italiani sono
sede di almeno un corso di
laurea.
In media, ci sono più di 10 sedi
di corso universitario per
regione. La mappa raffigura la
situazione nel 2011.
14
Ma è meglio avere tante università di qualità media
o poche università di qualità eccellente?
15. Chi beneficia dell’università pubblica?
36%
32%
41%
56%
69%
0% 20% 40% 60% 80%
5
4
3
2
1
Frequentanti o laureati su totale
giovani 19-27 anni
Sono soprattutto i
figli delle famiglie
ricche a iscriversi
all’università: il
tasso di
partecipazione
all’università è più
che doppio per le
famiglie più ricche
rispetto alle famiglie
più povere
15
Fonte: Moro (2012) – Dati EU-SILC 2010
Come leggere il
grafico:
Le famiglie
italiane sono state
ordinate in base al
reddito e divise in
cinque gruppi di
uguale
dimensione:
1 = 20% famiglie
più povere
5 = 20% famiglie
più ricche
16. Perchè questo divario a seconda del reddito?
16
• Secondo dati OCSE (2014) in Italia la probabilità che i figli di genitori laureati vadano
all'università è più del doppio rispetto ai figli di genitori diplomati e 9 volte maggiore
rispetto ai figli di genitori senza neanche il diploma.
• Ma già in 2° elementare avere un padre laureato si traduce in migliori performance
scolastiche. Considerando i test Invalsi come metrica, ad esempio:
Ø +8% in matematica, +12% in italiano
• Il divario cresce nel tempo:
Ø In 5° elementare, +10% in matematica e italiano
Ø In 1° media, +15% in matematica e +13% in italiano
• La famiglia influenza la decisione di iscriversi all’università anche attraverso la
scelta della scuola superiore:
Ø Oltre alla performance scolastica, contano vincoli culturali e informativi
Ø L’attuale struttura della scuola superiore non aiuta chi vuole cambiare indirizzo “in
corsa”
17. Come intervenire per chiudere questo divario?
Ø l’importanza di fattori non-cognitivi (motivazione, disciplina, aspirazioni, fiducia in
se stessi) e informativi (rendimenti dell’istruzione)
Ø la maggiore efficacia di politiche che puntino a chiudere i divari il prima possibile,
per evitare il loro ampliamento nel tempo.
Quindi, non è sufficiente un’università “gratuita” se chi proviene da famiglie più
svantaggiate non è sufficientemente preparato, motivato e informato per
frequentarla
17
• Risultati consolidati nella ricerca economica e psicologica sottolineano:
Parafrasando James Heckman – Premio Nobel per l’Economia:
“Non vi sono solamente vincoli di credito di breve periodo alla partecipazione
universitaria dei più poveri, ma anche vincoli di lungo periodo, derivanti dalle
differenze di investimenti familiari nelle attitudini allo studio”
18. Chi paga? Le fonti di finanziamento
Solo il 13% della spesa universitaria totale è finanziata dalle tasse
universitarie pagate dagli studenti.
18
6.3
17.9
12.7
63.2
Fonti di Finanziamento (%)
Dati MIUR (2010) relativi all’A.A. 2009*
Alienazione patrimonio,
Prestiti, Altro
Entrate da altri enti
Tasse universitarie
Contributi pubblici
La quasi totalità della spesa è pagata tramite
la tassazione collettiva.
* Il 2009 è l’anno più recente per cui
questi dati sono disponibili
19. Tasse universitarie: chi ne sente di più il peso?
Per quanto crescenti con il reddito, le tasse universitarie impiegano una frazione più
alta del reddito di una singola famiglia povera i cui figli frequentano l’università*
Questo rende le tasse universitarie generalmente regressive
Reddito familiare annuo Tasse universitarie medie
(euro per anno accademico)
% del reddito medio di
fascia
Fino a 6,000€ 496.66 € 15.6%
Fino a 10,000€ 535.34 € 6.7%
Fino a 20,000€ 874.83 € 5.8%
Fino a 30,000€ 1,170.67 € 4.7%
Oltre 30,000€ 1,746.79 € 4.3%
Nota: i dati sono riferiti al singolo studente, e non considerano quindi i diversi tassi di frequenza dell’università
di studenti più o meno benestanti. I livelli di contribuzione considerati sono una media tra le università del
Sud Italia, frequentate da studenti mediamente meno benestanti e in cui le tasse sono generalmente più
basse, e le università del Nord Italia, per le quali in media è vero il contrario.
*Fonte dati: Ichino e Terlizzese (2012) 19
20. Come finanziamo il resto della spesa?
La gran parte del costo dell’università è finanziata
dalla fiscalità generale, attraverso contributi pubblici.
Chi paga, quindi?
Tutti i cittadini, che pagando le tasse sui redditi da lavoro, sui consumi,
sulle rendite finanziarie, sui redditi fondiari, …, alimentano le casse dello
stato, con cui vengono finanziate anche le università pubbliche
20
21. Ma pagano di più i ricchi o i poveri?
Ci sono due fattori per cui le famiglie meno abbienti sostengono una spesa
proporzionalmente maggiore di quelle più abbienti per il finanziamento dell’università
C’e’ un fattore per cui le famiglie piu abbienti sostengono una spesa proporzionalmente
maggiore di quelle meno abbienti
21
1. La regressività delle tasse universitarie, che secondo i dati a nostra
disposizione incidono sui più poveri per una quota maggiore del reddito familiare
2. La minore propensione degli studenti meno abbienti ad iscriversi
all’università
1. La progressività della fiscalità generale con cui è finanziata
la maggior parte della spesa per università, per cui i più ricchi
pagano complessivamente più tasse in proporzione al reddito
Da quale parte pende l’ago della bilancia?
Il dibattito è ancora aperto…
22. Conclusioni. Quanto spendiamo? Chi paga?
• La spesa italiana per l’istruzione terziaria è bassa, inferiore a quella di molti
altri paesi
• Il finanziamento dell’università italiana è principalmente pubblico, ma i
benefici (privati) vengono raccolti soprattutto dai figli delle famiglie ricche
• Le tasse universitarie non sono progressive e non coprono i costi del
servizio
22
23. Conclusioni. Come superare questi vincoli?
Un innalzamento delle tasse di iscrizione ed una maggiore progressività
delle stesse, insieme a un meccanismo di prestiti restituibili in funzione
del reddito futuro del laureato*, potrebbe aumentare le risorse a
disposizione del sistema universitario senza gravare eccessivamente sulle
finanze pubbliche e senza penalizzare eccessivamente studenti “capaci e
meritevoli, anche se privi di mezzi”
* Rendere la restituzione dei prestiti condizionata al reddito futuro dei laureati dovrebbe
attenuare potenziali effetti di scoraggiamento legati ad un aumento delle tasse (o al
prendere soldi a prestito).
23
24. Conclusioni. Come spendiamo?
• Inoltre, non si può valutare se spendiamo “poco” o “molto” senza pensare
al COME
• Ogni valutazione sulla quantità della spesa universitaria deve essere affiancata a
una valutazione sulla qualità dell’offerta universitaria
• Ad esempio l’ università sotto casa ha contribuito ad una espansione
dell’offerta, non necessariamente della qualità
• Faremo solo un breve accenno alla qualità dell’università italiana, argomento che
di per sé richiederebbe un’altra presentazione: quali sono i risultati dei
laureati italiani rispetto ai laureati degli altri paesi?
24
25. Conclusioni. Che risultati otteniamo?
L’indagine PIAAC dell’OCSE confronta le competenze della popolazione adulta (16-65
anni) in 24 paesi
Oltre a essere in fondo alla graduatoria complessiva, in Italia:
• La differenza fra le competenze dei laureati e quelle dei diplomati è inferiore
alla media
• Le competenze dei laureati italiani sono simili a quelle dei diplomati olandesi
e giapponesi
Questi risultati possono essere influenzati da diversi fattori (come il fatto che i
migliori laureati italiani sempre più spesso tendono a emigrare), ma certamente
non depongono a favore della qualità della formazione universitaria nel
nostro paese.
25
26. Le fonti che abbiamo consultato
• Ciccone A., Cingano, F. e Cipollone, P., 2004. The Private and Social Return to Schooling in Italy. Giornale degli
economisti e Annali di economia, 63( 3-4), 413-444.
• Cingano, F. e Cipollone, P., 2009. I rendimenti dell’istruzione. Banca d’Italia Occasional Papers n. 53
• Dalmazzo, A. e De Blasio, G. , 2003. Social returns to Educations. Annals of Regional Science, 41(1), 51-69
• Heckman, J. J. - The Heckman Equation. Presentazione disponibile online:http://www.heckmanequation.org/
• Ichino, A. e Terlizzese, D., 2013 – Ma i poveri studiano con i soldi dei poveri. Disponibile online:
http://www.lavoce.info/se-i-poveri-pagano-luniversita-ai-poveri/
• Ichino, A. e Terlizzese, D., 2012 – Facolà di scelta. Presentazione disponibile online:
http://www2.dse.unibo.it/ichino/new/research_progress/pres_prestiti_num_ese_7.pdf
• MIUR, 2011 – XI rapporto sullo stato del sistema universitario italiano
• MIUR, 2010 – L’ Università in Cifre 2009-2010
• Moretti, E, 2004. Estimating the social returns to higher education. Journal of Econometrics, 121, 175-212.
• Moro, A. 2012 – I redditi delle famiglie degli universitari. Disponibile online:
http://noisefromamerika.org/articolo/redditi-famiglie-universitari
• OCSE 2012 – Education at a Glance - 2012. Disponibile online:
http://www.oecd-ilibrary.org/education/education-at-a-glance-2012_eag-2012-en
26
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Marco Bertoni, Marta De Philippis e Marco Paccagnella
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