Identità Fermo e fermano: i territori, le mete, vecchi e nuovi turismi
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Identità Fermo e fermano: i territori, le mete, vecchi e nuovi turismi
1. Identità Fermo e fermano: i territori, le mete, vecchi e nuovi turismi c oncetta c apacchione 20 novembre 2008
2. Ma il modello dei distretti industriali non può essere ampliato: i distretti culturali, i distretti turistici, i distretti …?
3. I distretti industriali Marche Castelfidardo: gli strumenti musicali Fermo: le calzature Montefeltro: il tessile/abbigliamento Pesaro: il mobile San Benedetto del Tronto: l'agro alimentare
4. ISTAT sui distretti industriali I distretti industriali sono entità socio-territoriali in cui una comunità di persone e una popolazione di imprese industriali si integrano reciprocamente. Le imprese del distretto appartengono prevalentemente a uno stesso settore industriale, che ne costituisce quindi l'industria principale. Ciascuna impresa è specializzata in prodotti, parti di prodotto o fasi del processo di produzione tipico del distretto . Le imprese del distretto si caratterizzano per essere numerose e di modesta dimensione.
5. I distretti industriali PMI Il termine "distretto industriale" è stato utilizzato per la prima volta dall'economista inglese Alfred Marshall, nella seconda metà del XIX secolo, per descrivere la realtà delle industrie tessili di Lancashire di cui individua le caratteristiche: individuazione di una realtà "socioeconomica" presenza di una filiera concentrazione geografica relazioni allo stesso tempo di collaborazione e concorrenza
6. I distretti industriali PMI Secondo la Legge italiana, invece, si definiscono distretti industriali, «aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione produttiva dell'insieme delle imprese ». Definizione che, riprendendo quella classica, sottolinea la stretta relazione tra realtà industriale e sociale. Analizzando vari casi si possono indicare una serie di elementi, che hanno favorito la nascita del distretto la concentrazione geografica delle filiere il forte ancoraggio socio-culturale ad un territorio circoscritto la natura reticolare delle strutture organizzative distrettuali
7. I distretti industriali PMI nascono, inoltre, rapporti molto stabili , . la specializzazione è la nota caratterizzante i distretti: le industrie sono collegate tra loro da intensi rapporti di sub-fornitura. Dal punto di vista funzionale ed organizzativo questa forma di distribuzione del lavoro favorisce l'efficienza dell'intero sistema di produzione locale limite possibile del sistema dei distretti: le caratteristiche specifiche dei Distretti Industriali possono rappresentano una limitazione al cambiamento evoluzione del sistema dei distretti: un nuovo modo di intendere l'integrazione. Non più, quindi, una netta distinzione tra le fasi di un processo produttivo, ma la crescita di una rete di imprese, non necessariamente concentrate geograficamente, orientate a gestire, in modo integrato i processi di progettazione (codesign), e le fasi produttive (comakership), utilizzando sistemi di codifica comuni e sforzandosi di programmare gli impegni e i carichi reciproci almeno nel breve periodo.
9. Le piattaforme produttive (Aldo Bonomi) I sistemi locali spesso sono realtà acefale , prive di una “testa” che possa progettare il cambiamento e organizzare il consenso e le risorse necessarie per realizzarle. Per irrobustire le aziende dal punto di vista finanziario, avvicinare la pratica del fare ai saperi della ricerca e dell’istruzione, creare le infrastrutture, gestire l’immigrazione occorrono decisioni collettive prese da attori collettivi che abbiano la capacità di guardare il sistema nel suo insieme progettandone la trasformazione e intervenendo sui problemi ogni volta che si aprono.
10. Le reti, le piattaforme produttive e le geocomunità La piattaforma produttiva (hardwaree) e la geo-comunità (software) sono una rappresentazione degli spazi della competizione nell'Italia produttiva all’interno della quale interagiscono economie dei flussi ed economie dei luoghi. Nel modello della piattaforma produttiva convivono sistemi d'azione stratificati non chiudibili in perimetri angusti e rigidi, ma aperti a reti lunghe, fino ad arrivare a quelle globali. Le piattaforme prendono forma e si sostanziano dove c'è produzione intenzionale di relazioni strutturate, flessibili ma anche durature, tra attori economici e istituzionali ; dove si mettono in moto percorsi di coalizione attraverso accordi multiscopo , che hanno per oggetto la produzione di risorse di secondo livello , che i localismi non sono più in grado di produrre. .
11. Le piattaforme produttive, le reti, e le geocomunità I cambiamenti all’interno dei sistemi produttivi inducono (consigliano ? obbligano a?) risposte diverse dei sistemi economici e sociali, con l’uscita dai localismi e l’esigenza di nuove istanze come il lobal, il dispositivo territoriale attraverso il quale i soggetti locali cominciano a elaborare strategie di accettazione della sfida globale . Oggi il territorio non coincide più con l’insieme di risorse culturali e sociali spontanee ereditate dal passato, diventa un costrutto consapevole degli attori sociali , in cui le eredità delle pratiche collettive passate si intrecciano con le volontà, le logiche e le culture dei soggetti.
12. Le piattaforme produttive, le reti, e le geocomunità In questo senso il luogo è una espressione locale di culture e relazioni distanziate capaci di vivere la simultaneità . E non può essere la globalizzazione con l’economia dei flussi (finanziari, delle merci, informativi, umani) a distruggere luoghi e identità locali: questo accadrebbe se il territorio fosse irrilevante dal punto di vista economico. L’economia globale post – fordista, fondata su modelli a specializzazione flessibile, è un sistema che genera maggiore divisione del lavoro tra i luoghi e maggiore specializzazione di ciascun luogo , perché premia la ricerca di apporti individuali e non ripetitivi all’interno dei reticoli globali.
13. Le piattaforme produttive, le reti, e le geocomunità Così i flussi fanno interagire, connettono economie e società locali. In questo senso la piattaforma produttiva, in questa interazione e connessione tra luoghi e flussi, deve farsi geocomunità , laddove con questo termine s'indica più propriamente il processo di produzione artificiale di reti, relazioni strutturate, accordi in una parola, di governance. Ed è proprio questa auto – governance che può offrire, permettere, garantire, la possibilità di competere a livello lobal perché il potere decisionale è nel territorio stesso, non è altrove e non è distratto.
14. Le piattaforme: reti transnazionali per il valore locale verso la competizione globale Nella costruzione delle reti transnazionali non vanno persi gli elementi di specificità che hanno sempre contraddistinto le produzioni locali. La valorizzazione delle risorse distintive del locale diventa la condizione per sostenere e qualificare la presenza nella dimensione transnazionale. Anche le imprese piccole e medie possono in questo modo far parte di una catena transnazionale del valore , talvolta a seguito di un leader, talaltra in base a rapporti stabili di scambio c ostruiti tra uguali o pari grado . Insomma, si può ormai dire che la produzione di valore è un concetto pertinente non più alla singola impresa ma alla catena transnazionale del valore a cui le singole imprese partecipano.
15. Le piattaforme: reti transnazionali per il valore locale verso la competizione globale Quello che deve mutare, è il modo di lavorare , l'atteggiamento culturale che le imprese adottano all'interno dei sistemi. Allo stesso modo con cui il grande sistema gerarchizzato della tradizione fordista si rompe in molte business units autonome , ciascuna delle quali cerca un proprio rapporto col mercato e con partner esterni, sviluppando una missione specifica e competenze più esclusive e focalizzate, Nel distretto/piattaforma le diverse unità (imprese ) devono accrescere il proprio patrimonio di conoscenza e di relazioni, senza demandarlo più al sistema complessivo. Così il territorio (piattaforme e geocomunità) lobal diventa soggetto attivo, protagonista del cambiamento di cui si assume la responsabilità economica e sociale di fare società e comunità . E comunità significa appartenenza, lavoro, identità, opportunità, uguaglianza, utopia, sogno, progetto, integrazione
17. La marca La marca ha valore quando introietta e trasmette forti valori. La marca è un sistema dinamico in continua evoluzione e fortemente interconnesso come una piramide, all’interno della quale si trovano (partendo dal basso) visibilità, competenza e fiducia attributi tangibili, caratteristiche oggettive e performative, i valori d’uso, le esperienze pregresse, ma anche il patrimonio di associazioni e simboli che evoca, l’immagine, il percepito valutazione dei valori d’uso, soddisfazione e preferenze, ma anche emozioni, sentimenti e affettività relazione reale con il pubblico: fedeltà, empatia, identificazione, commitment, comunicazione al centro della piramide : l’essenza della marca: il suo DNA, il patrimonio genetico e fondativo come viene percepito dal pubblico G.P. Fabris, valore e valorid ella amrca, Franco Angeli, 2004
18. Cosa è una marca La marca è un sistema complesso e multidimensionale e funziona come un testo letterario o come qualsiasi altra opera di creazione: costruisce mondi possibili I materiali, i pezzi di cui è fatta una marca sono: nomi, colori, suoni, concetti, oggetti, sogni, desideri. Il risultato del montaggio, l’assemblaggio dei pezzi è un universo ordinato, strutturato, interpretabile e in una certa misura attraente . Quale è la vera identità della marca ? Quella del top management che delinea le strategie, della comunicazione che costruisce i messaggi, quella percepita e veicolata dell’area commerciale, o quella della distribuzione oppure infine quella del cliente? Andrea Semprini, Marche e mondi possibili, Franco Angeli, 1993
19. Le diverse nature della marca La marca è relazione perché trasmette, comunica discorsi e messaggi e come tutti i processi di comunicazione la ricezione e l’interpretazione del ricevente sono sottomessi a molteplici modifiche intersoggettiva perché è in movimento continuo tra i due poli (emittente – ricevente) e quindi tra diversi punti di vista solo la confluenza tra i due diversi poli è il vero generatore della marca contrattuale perché sollecita l’adesione e l’accettazione ai mondi che crea, che sono in competizione tra loro e quasi mai si indirizzano a tutti indistintamente (infatti in un certo senso selezionano i loro abitanti) entropica perché non si autoalimenta, come gli oggetti del mondo naturale, ma deve essere continuamente alimentata dall’esterno, come i costrutti culturali ( fattori che accelerano l’entropia sono la concorrenza, l’incapacità di capire i cambiamenti di cultura dei suoi pubblici ; fattori che decelerano sono la forte affezione dei pubblici, precisione chiarezza e coerenza dei messaggi/discorsi)
20. A cosa serve creare un marchio 1. come valore di identità I vantaggi di avere un nome: identifica un’azienda, un prodotto, un servizio, un sistema orienta il cliente è garanzia di qualità per tutta la filiera semplifica l’acquisto o la fruizione entra nei mercati e posiziona aziende, prodotti, servizi, sistemi aiuta a sviluppare e a veicolare di una realtà imprenditoriale o di un sistema l’immagine, la fedeltà e la relazione con clienti e consumatori
21. A cosa serve creare un marchio 2. come valore di senso I vantaggi di trasmettere significati perché: identifica uno stile di vita e veicola messaggi e valori si costruisce con codici, simboli, procedure e rappresentazioni fa giocare il cliente/ ricettore con i sogni, i desideri, le aspirazioni trasformandoli in icone, leggende, miti personalizza l’identità del cliente nel sociale crea una comunità aggregando chi crede in un determinato pensiero entra nel mercato della marca e si posiziona per comportamenti, usi e costumi dei suoi clienti
22. A cosa serve creare un marchio 3.come valore economico I vantaggi competitivi della marca: crea e incrementa la fedeltà permette maggiori volumi di vendita migliora la relazione con i clienti facilita l’accesso alla commercializzazione migliora le relazioni nei sistemi crea un’immagine sfruttabile in tutti gli ambiti già esistenti e nei nuovi migliora la visibilità dei prodotti/servizi nei punti di vendita riduce l’intensità competitiva
24. Il processo di comunicazione secondo Roman Jakobson (1958) Roman Jakobson analizza il processo di comunicazione evidenziando soprattutto contesto e codice (v. Le parole della comunicazione) contesto messaggio emittente - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - destinatario canale - aria, televisione, cavo telefonico, carta codice - le parole, i segni, i segnali, i simboli feed back
25. L’identità di marca Una marca è afferrabile e osservabile solo attraverso la sua identità. La sua identità è il risultato di un gioco complesso di trasmissione di un messaggio , che può assumere una sua autonomia di significato dopo che è stato emesso, tra un emittente , condizionato fortemente dal contesto e dal suo destinatario, e un ricevente che ha una larga autonomia di elaborazione nell’interpretazione del messaggio. La dialettica tra il sistema di produzione e il sistema di ricezione, tenuto conto del contesto produce l’identità di una marca.
26. L’identità di marca Dal punto di vista dei significati l’identità di marca è data dall’interrelazione continua tra Enciclopedia della produzione : cultura e valori, obiettivi a breve e lungo termine, mix di comunicazione – logo, pubblicità …), visione del contesto del mercato, visione del contesto socio – culturale, prefigurazione dell’enciclopedia della ricezione e del contesto Contesto: contesto sociale, culturale, politico, economico, contesto di mercato, legislazione, concorrenza, modifiche apportate alle 2 enciclopedie. Enciclopedia della ricezione: atteggiamenti e motivazioni, valori, sensibilità socio – culturali, pratiche di consumo, messa in contesto della marca, interpretazione dell’enciclopedia della produzione, percezione dell’enciclopedia della ricezione.
27. Le risorse della marca L’attribuzione delle proprietà all’identità di amrca è frutto dell’incontro di tutti i tre attori del sistema generativo dell’identità: Credibilità: nasce dalla coerenza di linguaggio, di promesse e attese dei pubblici Legittimità: è determinata dalla continuità nel tempo e dal dispiegamento nello spazio della sua presenza (quindi è legata ai comportamenti dell’emittente) Affettività: è la carica affettiva che nel contratto con il destinatario Queste proprietà sono risultanti di prove imprescindibili (lancio e presenza sul mercato) e non un programma d’azione.
28. Ma perché diventare marca? La costruzione della marca è lo strumento che permette di rendere indipendente la realtà su cui si sta lavorando da sovrapposizioni, personalizzazioni, interferenze, appropriazioni indebite … diventare un vincolo forte e ricco di contenuti per il futuro raccogliere il patrimonio di azioni, pensieri e valori della realtà in esame tramandare questo patrimonio indipendentemente dall’azione dei singoli beneficiare di un vantaggio aziendale, economico e semiotico
29. I marchi si vendono le marche no I marchi hanno un valore simbolico e grafico. Le marche sono identità complesse, mondi che giorno dopo giorno acquistano valore semantico ed economico e si alimentano della cultura d’impresa, costruita dalle persone che lavorano, operano, pensano, decidono per la marca (e i suoi prodotti/servizi) Nelle vicende di fusioni, acquisizioni, di cambiamenti quello che si può acquisire è il marchio, ma non la marca. Questo dà alla marca un grande valore.
30. Una marca di successo Una marca, per essere di successo, deve raccogliere trasformare veicolare cultura ed etica, valori e conoscenze indipendentemente dalle persone un libro che racconta storie un decalogo cui riferirsi un protocollo da rispettare un modello per costruire relazioni umane
32. La costruzione dell’identità di marca Il percorso di generazione del senso di una marca, della sua narrazione prevede tre livelli Il livello assiologico: il livello di partenza, il più profondo, che è costituito dai valori fondamentali, i valori di base (vita/morte, giusto/ingiusto, felicità/infelicità) livello narrativo: è il livello intermedio, dove i valori di base vengono organizzati come racconti o narrazioni, permettendo di rendere i valori della marca espliciti nel racconto (scelta del genere in cui raccontare la storia, attribuzione dei ruoli) livello discorsivo: è il livello di superficie in cui i valori e la narrazione trovano la raffigurazione nei temi, negli attori, nei personaggi, negli oggetti, negli spazi, nei tempi, nella retorica, negli stili
33. Il caso Levi’s fino al 1990 livello di superficie: sguardi, seduzione, l’uomo svestito, corpi belli e sensuali, il calore, gli anni ’50, la provincia americana livello narrativo: l’esclusione, la sfida, struttura polemica, narrazione realistica livello assiologico: adultità virile, libertà, anticonformismo
34. La narrazione come racconto delle identità (individuali, di marche, imprese, territori)
35. Andare per storie: la narrazione “ Quando c’è un prodotto identico ad un altro ci sono vari modi per vincere la concorrenza: o si abbassa il prezzo (ed è la soluzione più stupida - o si cambia il valore del prodotto raccontando la sua storia ”. Barbara B. Stern, What does brand mean, Journal of the Academy of Marketing Science, 2006. Le storie parlano di identità emozioni esperienze conoscenze visioni del mondo anima (delle persone, dei luoghi: genius loci)
36. Andare per storie: la narrazione Le storie diventano racconto quando danno luce e voce a i protagonisti, gli attori che hanno svolto un ruolo nella realizzazione di un progetto (aziendale, territoriale, marca …) le azioni che hanno compiuto, rendendole simboliche, esemplari i contesti nei quali si sono svolte le azioni i tempi delle azioni
37. Le storie e le emozioni Le storie sono tante : tutte quelle che raccontano i diversi protagonisti con i loro diversi punti di vista. Le storie vanno condivise perché fanno comunità, sviluppano comunicazione, innovazione e cambiamento. La storia diventa una: perché si codificano le diverse storie crea il modello narrativo costruisce il senso dell’organizzazione, del territorio …
38. Un po’ di metodo: il testo narrativo e le sue regole
39. Il testo narrativo L’autore È l’emittente di un tipo di comunicazione non biunivoca, è l’inventore il costruttore della narrazione. È lui che sceglie cosa contiene il testo e come è scritto, cioè il contenuto e la forma. Il contenuto è sia la storia con i relativi personaggi e ambientazione spazio - temporale, sia i temi affrontati e l’ottica in cui sono raccontati. Le forme sono le scelte linguistiche, i modi enunciativi, le tecniche narrative, il punto di vista e anche il genere. L’autore non coincide sempre con il narratore, perché quest’ultimo ruolo può essere sostenuto da uno dei personaggi stessi della storia. Il lettore in questa comunicazione non biunivoca può informarsi raccogliendo informazioni nei dati bio - bibliografici, in storie della letteratura o enciclopedie, anche on line.
40. Il testo narrativo La trama La trama è il dipanarsi della narrazione, lo svolgimento dei fatti e il susseguirsi delle emozioni che costituiscono il tessuto del testo. Il titolo è il riassunto dei riassunti. La segmentazione della trama avviene su tre direttrici: fatti e/o emozioni che riguardano i personaggi principali cambiamenti di luogo cambiamenti di tempo Le due strutture del testo narrativo sono : la storia Il racconto
41. Il testo narrativo La storia È lo schema narrativo grezzo, la serie degli avvenimenti disposti in senso temporale Il racconto o intreccio è la manipolazione della disposizione temporale secondo la particolare ottica narrativa dell’autore, cioè come noi lettori troviamo i fatti nel testo.
42. Il testo narrativo I personaggi Sono i motori della storia, sono coloro che vivono le avventure e provano le emozioni di cui si parla. Di loro si può fare una descrizione sia fisica che psicologica. Esistono un protagonista, un eroe, un oppositore e degli aiutanti dell’uno e dell’altro. I ruoli determinano le relazioni, che sono di opposizione o di vicinanza, di rivalità, di incompatibilità, oppure legami affettivi, solidarietà, amicizia e amore . Nel corso della narrazione può avvenire che le relazioni cambino. Esistono anche figure di doppio: il gemello, il sosia, l’alter ego, oppure del tutto opposte. Nei romanzi moderni spesso il protagonista è l’anti - eroe: fragile, nevrotico
43. Il testo narrativo Il personaggio può rappresentare il punto di vista, inteso sia come angolazione sotto cui è presentata la storia e gli altri personaggi, che come incarnazione delle idee dell’autore (punto di vista ideologico) Dal momento che la narrazione ha una scansione temporale il personaggio può subire mutamenti, trasformazioni, evoluzioni o Involuzioni , ma anche semplicemente modificazioni legate al passare degli anni e al susseguirsi delle fasi della vita. Oltre che tra loro e con il tempo i personaggi hanno anche relazioni con i luoghi , che possono essere di opposizione o di vicinanza, ossia di contrasto o di di affinità, ma anche di neutralità affettiva.
44. Il testo narrativo Lo spazio (i luoghi) Lo spazio in cui si svolge la storia non è un elemento accessorio, ma necessario : è una delle coordinate cartesiane, insieme al tempo , che inquadrano le vicende. Le indicazioni di luogo possono essere date immediatamente o sparpagliate in modo frammentario e rapido, come pezzi di un puzzle, oppure alcuni autori raccontano gli spostamenti, per cui i luoghi sono come tappe di un itinerario di cui si può ricostruire la mappa.
45. Il testo narrativo Il tempo (i tempi) Narrare è un’arte temporale che ha un prima e un dopo . Lo scrittore ha in mente una certa scansione delle vicende, che chiameremo ideale, cioè la storia che si snoda con linearità Cronologica. Nel racconto può mantenere questa linearità oppure può modificarla, per anticipare (anticipazioni, prospettive) fatti che accadranno dopo, o inserire qualche cosa che è già accaduto e che ritorna alla memoria e deve essere menzionato perché si possa capire (ricordi, flash back, cioè le retrospettive)
46. Il testo narrativo Il tempo (i tempi) La storia ha sempre un andamento lineare , cronologico. Il racconto può rispettare la sequenzialità cronologica oppure presentarsi con un andirivieni di prima e dopo ( a mosaico ), o privilegiare le prospettive o le retrospettive . L’arco di tempo in cui si sviluppa la narrazione è la durata . Può essere esteriore (racconti di avventure) o interiore (racconti psicologici); può riguardare molti anni, come un giorno solo o pochi istanti. Il tempo indica anche il periodo storico in cui si svolgono le vicende: può essere espresso chiaramente oppure desunto da altri elementi (usi e costumi, oggetti relativi a un’epoca,…). Il tempo può essere il soggetto della narrazione nei romanzi storici
47. Il testo narrativo La forma Il testo narrativo essendo scritto è esposto attraverso l’uso della lingua, quindi ha un lessico una sintassi particolari varietà (dialetto, gerghi,…) punteggiatura Il linguaggio del testo è sempre corretto anche se sgrammaticato privo di punteggiatura, perché è il linguaggio dell’autore, quindi frutto di sue scelte motivate da precise esigenze legate alla trasmissione dei contenuti e alla creazione. Ogni testo è sempre connotato, quindi l’eventuale sostituzione dei termini lo snaturerebbe, perché ogni parola ha la sua pregnanza.
48. Il testo narrativo Il punto di vista Di fronte al dialogo e al discorso indiretto che riporta fedelmente il dialogo, il lettore si fa un’opinione attraverso quello che dicono le battute, quindi i personaggi: il lettore è fuori . Nel racconto in prima persona (io) il lettore è coinvolto nei ragionamenti e nelle mozioni di chi parla, vede le cose con lui: è dentro. Nel racconto in terza persona il lettore potrebbe essere dentro o fuori.
49. Il testo narrativo Tecniche narrative Lo scrittore non è solo n inventore di storie, ma anche un tecnico, uno specialista che si serve di strumenti del mestiere, con cui accompagna e orienta il lettore in percorsi di lettura. io narrante (autobiografie, diari, memorie…) monologo interiore (parla un solo personaggio che filtra la realtà con la sua prospettiva) flusso di coscienza (come il precedente ma in terza persona) l’intervento diretto dell’autore (che mostra i suoi personaggi come se fossero sue creature e declina tempi e spazi come sue invenzioni) la storia nella storia (una narrazione funge da raccordo all’interno della quale si inseriscono altre storie) il manoscritto ritrovato (l’autore simula il ritrovamento di un testo scritto da altri e questo conferisce maggiore oggettività)
50. … e ora troviamo una o le tante storie da raccontare … (identità, piattaforma, marca, …)