Articolo scritto con finalit didattiche nel 2010. Solo le conclusioni sono liberi pensieri senza finalit strumentali.
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La demonizzazione del teatro da parte dei padri della chiesa
1. La dissoluzione dellImpero Romano porta con s辿 la dissoluzione dellassetto culturale della
societ in generale. Si perde cos狸 ogni continuit con le forme tradizionali di pratica teatrale. Alla
perdita dellidea di teatro contribuir in maniera decisiva la condanna da parte dei padri della chiesa
negli ultimi secoli della romanit quando, per altro, lo spettacolo si era ormai ridotto a
combattimenti fra gladiatori o fra gladiatori e animali feroci. Non si deve dimenticare per嘆 che
proprio tramite la chiesa, sia passata, tramite la condanna stessa, la memoria del teatro.
Progressivamente anche la Chiesa far sue alcune tecniche spettacolari, in quanto ne comprender il
potere di fascinazione e si arriver ad una spettacolarizzazione della liturgia che porter ad una
teatralit religiosa vera e propria. Cerchiamo quindi di analizzare la condanna del teatro, o meglio
dello spettacolo in quanto tale, da parte della patristica.
La demonizzazione del teatro nei padri della chiesa:
La condanna morale e sociale dellattore appartiene gi ai valori della classicit romana
nella quale era malvisto laffidare al corpo, anzich辿 alla parola, la comunicativit. Ci嘆 竪
particolarmente evidente se si presta attenzione da ci嘆 che si pu嘆 evincere dalla storia semantica di
actor e histrio1: 竪 proprio luso della voce che rende il primo termine meno negativo e lo avvicina
allorator. Per di pi湛 il professionismo dellattivit attoriale costituiva un ulteriore motivo di
discredito in quanto classificato negli infamia, mentre lattivit degli attori non professionisti era
classificata tra gli humilia. Si vede poi, nelle testimonianze di Cicerone, Orazio o di Seneca, che
essi trovavano disdicevole la progressiva incombenza dellevento spettacolare su quello letterario,
in quanto locchio diventava ricettore primo in vece dellorecchio, in un miscuglio in cui si perde di
vista la differenza fra il circo e il teatro. dunque uno spettacolo, di gladiatori o di prostitute-attrici
che consumano veri atti sessuali nellorchestra, che richiede agli spettatori la semplice
partecipazione emozionale, paragonabile alle folle che seguono il calcio oggi, che si trovano davanti
i primi scrittore cristiani. Essi non faranno distinzione tra il teatro e le altre forme di spettacolo,
condanneranno lo spettacolo in quanto tale in quanto forma didolatria.
Sar Tertulliano soprattutto a illustrare questo principio nel De Spectaculis e
nellApologeticum: per lui gli spettacoli sono idolatri soprattutto per la loro origine, in quanto legati
e riferiti continuamente, nei luoghi e nelle azioni che vi si svolgono, alle divinit pagane. Nelle
argomentazioni riguardo lidolatria vi 竪 anche un caso di petizione di principio: gli spettacoli sono
disonesti in quanto venerano d竪i pagani, ma daltro canto 竪 proprio la disonest degli spettacoli ad
1
Zanchelli, 1964.
1
2. essere usata come prova della non credibilit di questi d竪i. Esempi di tale argomentazioni sono
presenti in Arnobio o in Agostino. Questo perch辿 gli d竪i pagani sono, per le Scritture, vane
parvenze, idoli appunto, dietro i quali agiscono spiriti maligni e nellimmoralit dello spettacolo
stesso si trova conferma di ci嘆2.
Un aspetto fondamentale delle argomentazioni contro lo spettacolo 竪 la comparazione tra il
teatro e Venere: parlando della nascita del teatro di Pompeo, Tertulliano sottolinea come Pompeo,
temendo atti censori alla sua memoria, sovrappose un tempio consacrato a Venere al proprio teatro,
dicendo esso era un tempio sotto il quale vi erano poste gradinate per gli spettacoli 3. Tertulliano fa
interagire i termini teatro e Venere al di l del loro legame oggettivo di questo passaggio: lautore
deduce la negativit dellelemento teatro dalla mutata valenza dellelemento Venere portato a
sinonimo di libidine e di sfrenatezza sessuale. Poco dopo vi 竪 lesplicito rifiuto della corporeit e
dello spettacolo:
evidente linfluenza di Venere e Libero sulle arti sceniche. Ci嘆 che appartiene tipicamente alla
scena, ci嘆 che si riferisce al gesto o alla flessione del corpo, consacra la dissolutezza a Venere e
Libero: rammoliti una dal sesso e laltra dal vino. Ci嘆, poi , che si compie con la voce, il ritmo, con
gli strumenti musicali e con la scrittura, ha come aggiudicatari gli Apolli, le Muse e i Mercurii 4.
Sono dunque laspetto visivo e la spettacolarit accattivante il bersaglio principale. La
mancata distinzione tra le forme teatrali e le altre forme di spettacolarit, quali i combattimenti tra
gladiatori o le corse dei cavalli, 竪 propria di quasi tutti gli autori cristiani, tranne forse in parte per
Agostino, poich辿 per tutti ci嘆 che conta 竪 s狸 la natura di ci嘆 che avviene in scena ma soprattutto essi
mirano alla qualit del rapporto che sinstaura tra spettacolo e spettatore. Ad esempio, non riceve un
eguale condanna da parte degli scrittori cristiani la drammaturgia pagana. La condanna c竪
esplicitamente in Tertulliano, ma si tratta di un unico accenno in tutto il trattato. In Arnobio e
Agostino la condanna dei contenuti della drammaturgia 竪 giocata nella polemica contro gli d竪i
pagani ma un passo di Lattanzio dimostra che negli autori cristiani non 竪 assolutamente chiara la
distinzione tra drammaturgia e spettacolo, tra la disonest del contenuto della fabule scritte dal
drammaturgo e loscenit corrente nelle scene dal tardo impero ad opera di mimi e istrioni.
Per noi 竪 facile comprendere come sia duro lattacco nei confronti della cristianit verso
tutto ci嘆 che non sia riconducibile a discorso o logos, certo per嘆 竪 che in questi scrittori non vi 竪 un
tale riferimento. Per gli scrittori cristiani laccusa didolatria 竪 pi湛 che sufficiente il resto 竪 in pi湛,
infatti, 竪 infrequente trovare nelle loro trattazioni un disgusto morale per la crudelt di certi
2
Cfr anche a S. Paolo, I corinti, 10 20
3
De Spectaculis
4
De Spectaculis
2
3. spettacoli, cosa invece presente in scrittori pagani come Seneca; solo Lattanzio si sofferma
velocemente sulla questione, tra laltro in modo piuttosto retorico.
Anche per quello che riguarda loscenit, a costituire il vero scandalo non 竪 tanto la
meretrice o il meretricio come pratica, ma la sua spettacolarizzazione: 竪 il dare spettacolo che per i
cristiani costituisce il peccato maggiore per la particolarit di quel rapporto che lega il cittadino, che
si fa spettatore, sul filo dello sguardo. Sembra esserci una vera propria ossessione dello sguardo, un
accanimento maggiore per quei vizi che colpiscono locchio. Quando la condanna degli spettacoli
avviene nel contesto del discorso generale contro la volutt dei sensi, come in Lattanzio o in
Girolamo, sempre a ci嘆 che colpisce locchio 竪 dato pi湛 spazio o comunque la priorit. Nel suo De
Spectaculis Tertulliano, ad esempio, da una precisa indicazione dello statuto di autorit giudicatrice
solo per colui che vede: Metti a confronto, o uomo, laccusato e il giudice: laccusato 竪 accusato
perch辿 竪 visto, il giudice 竪 giudice perch辿 vede. Scrive Girolamo che il vizio entra nellanima per i
cinque sensi quasi fossero cinque finestre e se il vizio cattura la libert dellanima 竪 perch辿 la rende
schiava delle passioni5.
nella concezione dello spettacolo come reagente per lesplodere delle passioni che sta uno
dei nodi centrali del rifiuto dei cristiani. C竪 da un lato la passione esibita dallattore, cio竪 quel
meccanismo tecnico e psicologico per cui lattore finge ma induce in chi lo guarda passioni
autentiche. In certe notazioni di Tertulliano e di Agostino vi 竪 una breve ma chiarissima e
convincente indicazione del processo di identificazione e transfert psicologico che lega lo spettatore
allattore. Agostino a portare oltre la notazione delluscir fuori di s辿 dello spettatore
individuandone la ragione in un processo di identificazione. Nelle sue Confessioni rileva come
luomo cerchi a teatro la sofferenza senza doverla patire lui stesso; posto passivamente a
contemplare, apprezza di pi湛 lattore capace di fare soffrire, senza nessun moto di misericordia.
Molto peggio 竪 per嘆 la passione che pervada gli spettatori non per identificazione, ma per
esaltazione: non pi湛 quindi per portare fuori di s辿 il patimento, ma per il fatto di non essere pi湛 se
stessi che porta molto lontano dalla continenza e dal dominio delle passioni proprie del buon
cristiano. Questa critica ha in realt radici nella tradizione stoica, un passo di Epitteto costituisce un
perfetto antecedente delle prese di posizione cristiane. Tra i cristiani 竪 Lattanzio soprattutto a
insistere su questo aspetto consigliando di fuggire per questo qualsiasi forma di spettacolo. In
particolare 竪 il comportamento delle folle degli spettacoli del circo che viene violentemente
censurato, ad esempio, in un passo delle Confessioni, Agostino racconta di Alipo trascinato a forza
nellanfiteatro, il quale non seppe resistere alla curiosit provocata dal boato della folla e suo
malgrado fu coinvolto dalleuforia collettiva. Paradossalmente questo esempio, che Agostino
5
Adversus Jovinianum
3
4. vorrebbe biasimevole non pu嘆 non figurare anche come esempio delle capacit positive dello
spettacolo, la sua enorme forza di fascinazione ad esempio. il meccanismo stesso dellevento
spettacolare quello che fa della folla l狸 convenuta un organismo in qualche modo aggregante di
spettatori che viene analizzato e poi censurato in quanto carico di valenze perturbatrici. La ricerca di
imperturbabilit del cristiano non 竪 quella stoica, quella dellindividuo saggio, ma una visione
impositrice e didattica tesa non ad immunizzare il singolo, ma a reprimere le passioni nelle masse.
questo che unifica nella condanna tutte le forme di spettacolo in modo sostanzialmente unitario, in
un modo che certo 竪 filologicamente indebito ma culturalmente e ideologicamente legittimo dati i
modi e gli obiettivi dei primi cristiani, per questo nelle invettive di questi autori non sono previste
gerarchie e distinzioni tra i veri tipi di spettacolo.
il solo Agostino, come accennato prima, a riuscire a distinguere in maniera netta, nel De
Civitate Dei, non solo tra drammaturgia e spettacolo ma tra spettacolo teatrale che ha come base un
testo scritto e altri spettacoli o anche spettacoli teatrali non letterari; per嘆 non si spinge fino al
recupero teorico di una teatralit antica nutrita di valori alti e di classicit che risulta invece dispersa
nella rigidit e nel rigore di una polemica che arriva a confondere i piani e gli oggetti.
Diverso 竪 il caso di Cassiodoro allinizio del VI secolo nella nota lettera che scrive per
Teodorico a Simmaco in cui raccomanda il restauro del teatro di Pompeo, proprio quel teatro che
Tertulliano aveva portato come esempio della immoralit del teatro stesso, e contestualmente si
produce in unesaltazione degli spettacoli. Il tono con cui elenca le varie forme di spettacolo 竪
diverso dagli altri cristiani: anche il mimo e il pantomimo sono considerati con benevolenza e
ammirazione e il solo accento polemico 竪 a quel processo di degenerazione per cui azioni nate per
diletti onesti (cosa che nessun altro cristiano avrebbe ammesso) si sono poi degradati e involgariti.
proprio una posizione come questa di Cassiodoro che ci dimostra come la polemica anti-teatrale
degli scrittori cristiani, che tanto peser nei secoli successivi, sia in origine viziata da presupposti
teorici che non le consentono di inquadrare loggetto contro cui polemizza. Ad oggi la critica appare
sostanzialmente estrinseca, a tratti superficiale, da un lato troppo tesa ad assumere gli spettacoli
come pretesto per cogliere un bersaglio che li trascende, ovvero la mentalit pagana, e dallaltro
troppo sociologicamente dipendente dallavversione a quel particolare tipo di spettacolo che
circolava nel tardo impero, ma dal quale si partiva per una condanna globale.
Cercando di vedere al di l dellideologica accusa di idolatria, per altro non imputata al solo
elemento teatrale, cerchiamo di comprendere cosa rimane dellaccusa al sistema teatrale. Ci嘆 che
rimane 竪 sostanziale perch辿 va a toccare un nodo che 竪 dentro i meccanismi del teatro ed 竪 la critica
alla visivit degli spettacoli, al loro essere mostra di eventi pi湛 che eventi, al loro prodursi come
oggetti il cui unico scopo 竪 di creare un rapporto visivo ed emotivo con lo spettatore. Questa critica
4
5. non 竪 nuova, come si 竪 visto 竪 rintracciabile gi in autori della classicit latina ma per i cristiani
sinserisce in un differente contesto: non si tratta pi湛 di constatare un decadimento, attraverso il
passaggio dallorecchio allocchio, di una forma culturale di cui si compiange il glorioso passato ma
di descrivere e condannare proprio i meccanismi costitutivi della spettacolarit come evento non
estetico ma antropologico. In questa chiave si pu嘆 leggere la denuncia dellinutilit degli spettacoli
riscontrabile in Tertulliano, Lattanzio, Arnobio, Giovanni Crisostomo. Rimarcare linutilit di un
evento significa che esso non produce nientaltro allinfuori degli effetti immediati che d. Se questi
effetti , che sono divertimento e soprattutto scatenamento di passioni, sono negativi e peccaminosi,
lo spettacolo in s辿 non potr che essere negativo e peccaminoso. Questo aspetto 竪 talmente
prioritario che si perde perfino quella accusa che era propria del teatro gi nellantica Grecia,
ovvero di essere un falso istituzionalizzato. Lattore pretende di essere altro da s辿, cerca di
trasformarsi nellaltro da s辿. Tertulliano stesso parla della falsa imitazione solo verso la fine del
suo trattato e in particolare riguardo la maschera. Nel De cultu foeminarum di Tertulliano vi 竪 poi
quella che 竪 la condanna ontologica dellimitazione: Ci嘆 che 竪 naturale 竪 opera di Dio, ci嘆 che 竪
artificiale 竪 opera del diavolo. Questo porta alla condanna di chi svolge questo affare del diavolo,
soprattutto se poi tale attivit 竪 eseguita tramite le capacit mimetiche ed istrioniche del corpo.
Non a caso il periodo tra il V e il VI secolo, quando ogni forma di spettacolo
istituzionalizzato 竪 stata ormai distrutta si passa al tentativo di rimozione dellidea stessa di teatro.
Non a caso Isidoro allinizio del VII secolo collocher lidea di teatro in un passato remoto e in
termini quasi irriconoscibili. Questa rimozione colpir anche i mimi e gli istrioni girovaghi anche se
molto a livello di tradizione teorica, coniugata tuttavia con una pratica molto pi湛 tollerante di
quanto le prese di posizione ufficiale facciano pensare.
Se la condanna fu pesante 竪 comunque innegabile che la memoria del teatro si sia
tramandata tramite gli scritti dei Padri della Chiesa. Il ricordo prevalente 竪 per il teatro romano
piuttosto che per quello greco grazie al fatto che nella De Civitate Dei di Agostino si narra lorigine
dei ludi scenici, fatto che stimol嘆 la curiosit di molti eruditi e illustratori tardo-medievali. Sempre
in questo testo Agostino dichiara che le commedie e le tragedie classiche sono spettacoli meno
condannabili in quanto loscenit della scena non 竪 anche oscenit della parola. utile ricordare che
a quel tempo la lettura di Terenzio era parte integrale della educazione dei giovani di buona
famiglia e non a caso le commedie di Terenzio furono copiate e illustrate per tutto il Medioevo.
Una delle fonti principali per la trasmissione della cultura greca e romana sono le
Etymologie del vescovo Isidoro di Siviglia (gi menzionato prima) vissuto tra il VI e il VII secolo e
considerato lultimo dei padri della chiesa. Alcuni capitoli sono dedicati al teatro e alle arti
sceniche, descritte come una reminescenza molto remota. Nella distinzione che fa circa i generi del
5
6. componimento 竪 interessante notare come sia mutata la valenza delle tragedia: da unidea fatalista
di destino cieco, si passa al concetto di responsabilit individuale: se leroe antico 竪 spesso colpito
da maledizioni della stirpe e assurge a figura esemplare dellimpotenza umana, la concezione
cristiana tende a ricondurre tutto alla nozione di peccato. In sintesi Edipo si trasforma da vittima di
una tragedia di conoscenza in un matricida incestuoso.
Si ricorda sempre a proposito dellestetica che essa nasce nello stesso momento e tramite la
sua condanna ontologica da parte di Platone che pone larte tre gradi distante dal vero, imitazione di
imitazione, condanna che colpisce la mimesis in ogni sua forma. Il tentativo cristiano 竪 quello di
deontologizzare il male, di rimuoverlo dal mondo, di passare dal concetto neoplatonico delluno al
concetto cristiano di Dio, dal motore immobile di Aristotele a Dio come creatore delluniverso.
Agostino 竪 stato lemblema filosofico di questo tentativo con la sua disamina del problema del male
e i suoi tentativi di attribuire alla cattiva conoscenza il male del mondo: se Dio 竪 onnipotente il male
non pu嘆 esistere, lerrore 竪 dovuto al libero arbitrio delluomo che, non capendo, pu嘆 seguire la via
sbagliata. In questo contesto la condanna a chi produce una falsa conoscenza come quella
dellarte istrionica e mimetica per antonomasia, non pu嘆 che essere totale.
Non 竪 certo un caso che la condanna di Platone avvenga in un luogo deputato ad un uso
normativo circa la societ ideale, ovvero nella Repubblica, e non in un testo specificatamente
dedicato allarte o alla poesia. In una societ come quella greca, dove le capacit oratorie e di
fascinazione sulle masse potevano decidere le sorti di un dibattito pubblico e della societas in
generale non si poteva rischiare di avere cultori di poesia o teatro la cui capacit di persuasione era,
a detta dello stesso Platone, altissima, al punto che perfino il filosofo poteva essere tratto in
inganno. Ed 竪 questa stessa distinzione, tra il linguaggio pacato del filosofo e tra il linguaggio che
eccita i sensi, che scatena la polemica cristiana contro le forme di spettacolo del tardo impero.
Completamente dimenticate, in un primo momento, sembra invece la versione di Aristotele che
nella sua Poetica cercava pi湛 di analizzare le varie forme di comunicazione nel segno della
moderatezza, un invito a quella che oggi chiameremmo una deontologia professionale con
valenze ontologiche meno rimarcate.
La mancata condanna per嘆 delle commedie di Plauto e di Terenzio in quanto testi, fa
comprendere che la condanna globale della rappresentazione 竪 dovuta allo spostamento di
attenzione dal performer al pubblico, poich辿 a teatro sarebbe esposto alla potenze di quel
processo di mimesis appunto tali da provocare la totale immedesimazione. Agostino contrapporr
questo processo mimetico dello spettatore nelle Confessioni con il sentimento cristiano della pietas,
trovando che la gravit di questa mimesis 竪 che produce uneccitazione per la sofferenza vista,
senza alcuna idea di soccorso. Se si pensa che, ancora in pieno romanticismo, un autore la cui
6
7. estetica 竪 considerata un punto fondamentale della storia del pensiero occidentale, quale
Schopenhauer, riproporr la piet come punto cardine della sua visione del mondo, influenzando
autori come Wagner e Pirandello, si pu嘆 avere unidea di quanto la condanna di Platone e di
Agostino fosse radicata nel modo stesso di concepire la societ e i suoi modi di rappresentare e
rappresentarsi.
La linea platonica fu perseguita da Agostino, Tertulliano e Lattanzio senza che
circolassero grandi contributi testuali di Platone, la maggior parte delle loro conoscenze erano
mediate dal neo-platonismo di Plotino e soprattutto da tradizioni reiterate nella letteratura romana.
La linea aristotelica invece avr proprio una riflessione teologica pi湛 fondata tra i cui esponenti
spiccano Ugo di San Vittore e Tommaso DAquino. Lattacco di questi teologi sar soprattutto
contro gli aspetti folclorici connessi con la ritualit precristiana, che richiedevano una mimesis
profonda ma che mischiavano molti aspetti del sacro e del profano; uno dei massimi esponenti di
questo attacco sar anche Abelardo. Non si pu嘆 scordare anche lambivalente rapporto della Chiesa
di quel periodo con quella che poi sfocer nella mistica tardo-medievale dove il rapporto mimetico
arrivava fino alla visione di Dio o al contatto con lui, ambivalenza dovuta al rapporto con la verit
rappresenta da Dio stesso.
Che il problema della condanna da parte della patristica al teatro fosse dovuta al rapporto
con la ricerca e la pretesa di verit 竪 emblematico nel caso di Ugo di San Vittore che nel suo
Didascalicon inser狸 la theatrica nelle arti meccaniche ma ne legittim嘆 lo statuto solo dopo averne
disconosciuto ogni valore sul piano della sapientia e della virtus. Si tratta di un sistema teso al
divertimento nel senso proprio di vertere, volgere, da un certo corso principale senza per questo
influire sulla sua natura e direzione. Una piccola catarsi nel senso indicato da Aristotele. Proprio
riprendendo Aristotele, Ugo dir che questo per嘆 deve avvenire in luoghi deputati e circoscritti in
un luogo specializzato ma anche di segregazione istituzionalizzata che impedisca il contagio, che
non deve toccare gli altri spazi del sociale. Insomma in un non-tempo e in un non-spazio, una sorta
di sonno innocente dellidentit e della coscienza. chiaro che Ugo non parla del teatro come 竪 ma
di come deve essere un teatro possibile.
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8. CONCLUSIONI:
Dopo questo veloce excursus, rimane la fascinazione personale per quanto abbia contribuito
sia allevoluzione del rito sacro, sia alla teatralit, la condanna dei Padri della Chiesa. Nella
condanna era insita la memoria e nella memoria era insito il germe della rinascita.
Si parla spesso del Medioevo come di unera scura e buia, priva di grande cultura e si fatica
a trovarci dentro il germe della grandezza di ci嘆 che 竪 venuto dopo. Indubbiamente il processo
disgregante dellidentit romana ha prodotto secoli dove era poco chiara lidea stessa di quella che
oggi si chiamerebbe domanda sul senso. Difficile spiegare ai popoli che la loro realt politica
stava cambiando, quello che vedevano quotidianamente era una realt in totale mutamento ma i loro
riferimenti quotidiani erano gli stessi: non a caso molte delle istituzioni politiche e religiose
medioevali sono eredit diretta di cariche imperiali.
Motivo di grande interesse personale sono, per me, le analogie, convinto come sono che la
storia si ripeta. Trovo che oggi noi assistiamo ad un neo-Medioevo: davanti a noi una societ
disgregata si interroga sul senso e per di pi湛 sulla necessit di porsi ancora la domanda sul senso.
Non mi suonano estranee le visioni patristiche dovute alla mancata distinzione delle varie forme di
spettacolo. Oggi un teorico dellestetica parla di linguaggio televisivo, di mondo dello spettacolo, di
spettacolarizzazione della politica o dello sport: tutti questi ambiti, di fatto, gli competono. A fatica
di distingue tra il concetto di arte e di comunicazione. Di nuovo la critica 竪 contro la mercificazione
del corpo, contro la spettacolarizzazione finalizzata a se stessa, contro la totale mancanza di
contenuti e si 竪 addirittura dimenticato, nella prassi, quel filone di sperimentazione che cercava di
evolvere e superare la parola.
Siamo nella societ del nudo, della vivisezione dei cadaveri nelle fiction, della parola e
dellapparenza e gli intellettuali si scagliano di nuovo contro lo spettacolo che cerca solo il mero
coinvolgimento del pubblico come quello delle folle allo stadio. I teatri si dividono tra musei di un
passato di cui ripetono solo le mere parole ma non i significati - una parola talmente vuota che
nemmeno riesce a valere come significante - e realt che a fatica sopravvivono a se stesse.
Dimenticando che la ricerca pu嘆 portare a diventare significanti di se stessi molti mirano
agonisticamente a diventare significato di se stessi in un mondo compresso in unauto-
rappresentazione di cui Platone a fatica conterebbe i gradi di distanza dal vero.
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9. Per la trattazione dellargomento si 竪 fatto riferimento a:
Luigi Allegri, Teatro e spettacolo nel medioevo, Laterza, 1988, Roma.
Sandra Pietrini, Spettacoli e immaginario teatrale nel medioevo, Bulzoni Editore, Roma,
2001.
Ambrogio Artoni, Il sacro dissidio; Presenza mimesi, teatri dOccidente, Utet, Torino, 2005.
9
10. Cenni bibliografici:
Agostino, Commento al Vangelo di San Giovanni, trad. it. E note di E. Gandolfo, Roma,
1968.
Id., De Consensum Evangelistarum, in Migne, P. L., vol. 34.
Id., De Doctrina Christiana, a cura di I. Martin, Corpus Christianorum. Series latina,
Turnholti, 1962.
Id., Esposizioni sui salmi, II, trad. it. e cura di V. Terulli, Roma, 1970.
Id., La citt di Dio, trad. it. di D. Gentili, Roma, 1978.
Id., Le confessioni, trad. it. e note di C. Carena, Roma, 1965.
Arnobio, Adversus Nationes libri VII, a cura di C. Marchesi, Torino, 1955.
Cassiodoro, Variarum Libri XII, a cura di J. Fridh, Corpus Christianorum. Series latina,
Turnholti, 1973.
Epitteto, Il manuale, a cura di S. Arcoleo, Torino, 1963.
Isidoro, Etymologiarium libri XVIII, in Migne, P.L., vol. 82.
Lattanzio, Divinae Istituziones e Epitome Divinarum Istitutionum, in Migne, P.L., vol. 6.
Tertulliano, Apologeticum, a cura di P. Frassinetti, Torino, 1965.
Id., De Spectaculis, trad. it. e cura di E. Castorina, Firenze, 1961.
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