Mazzù Marullo Meo biodiversità Corso Patti PNSD 2015
1. La Biodiversità
una delle sfide più importanti che l’umanità affronti oggi
Editore: Corso PNSD PATTI 2015
Autori Corsisti: R.Marullo, P. Mazzù, G. Meo
Docente formatore :Prof. Vincenzo Oteri
2. La biodiversità
• La biodiversità rappresenta una delle sfide più importanti che l’umanità affronti oggi. In
modo semplice si può dire che la biodiversità in una determinata area geografica è elevata ,
se in quell’area coesistono tante specie, vegetali ed animali, diverse. Più precisamente
dovremmo considerare vari tipi di biodiversità:
-diversità del patrimonio genetico associato al mondo vegetale ed animale;
-diversità nel numero di specie;
-diversità di “habitat” (cioè insieme di condizioni geografiche,
climatiche, comportamentali, etc.) che consentono a determinate specie di vivere in buone
condizioni. È nostro compito proteggere tutte queste tipologie di biodiversità.
3. Non è forse vero che agricoltura ed allevamento hanno già ridotto la
biodiversità?
• L’agricoltura nasce proprio privilegiando alcune specie, considerate utili, rispetto ad altre. Per
esempio, i primi agricoltori disboscavano zone del territorio (mediante il fuoco) per creare
terreno coltivabile. In questo modo però l’agricoltura favorisce anche l’insediarsi di nuove
specie vegetali là dove prima c’era solo bosco. L’agricoltura ha anche favorito il diffondersi di
specie in aree geografiche che non erano quelle originarie. In Italia noi consideriamo “naturali”
alcune coltivazioni che in realtà provengono da aree diverse :
• il grano, diffuso soprattutto nel sud, deriva da specie del Medio Oriente;
• gli agrumi, per cui la Sicilia è famosa, provengono dall’Asia;
• il pomodoro, da noi considerato “tipico” della Campania nel Sud dell’Italia, proviene dal
Nuovo Mondo. Quindi l’agricoltura ha influenzato la biodiversità in un modo complesso: sia
sottraendo sia arricchendo.
Bisogna tuttavia osservare come l’agricoltura moderna, nella sua interpretazione intensiva
ed industrializzata, tenda soprattutto a ridurre, in misura anche drastica, la biodiversità,
creando standardizzazione e omogeneizzazione.
5. Si può quindi ritenere che, come conseguenza di agricoltura ed allevamento,
non esistano più habitat genuinamente “naturali”?
• In effetti in quasi tutte le aree del mondo l’uomo ha creato delle modificazioni visibili. In
ogni zona geografica, prima dell’arrivo dell’uomo, c’era quella che viene chiamata
“vegetazione climax”, cioè quella in equilibrio con le caratteristiche del clima, del
terreno e delle condizioni ambientali in generale. La cosiddetta “macchia mediterranea”,
per esempio: era la vegetazione appropriata per il clima ed il terreno dei paesi che si
affacciano sul mar Mediterraneo.
Oggi la condizione climax è veramente molto rara: la si trova in alcune
zone di alta montagna, nelle foreste pluviali (in Amazzonia e Congo ad esempio), nella
tundra siberiana, etc.
L’uomo poi, con le sue coltivazioni e il suo
modo di allevare animali, ha modificato l’ambiente favorendo alcune specie a scapito di
altre.
6. E’ da escludere qualsiasi tipo di intervento che modifichi ulteriormente l’ambiente?
•
Bloccare del tutto gli interventi umani sull’ambiente non è plausibile e non è
accettabile. In ogni caso, per esempio, si cerca di espandere la porzione di territorio
legata all’agricoltura. In Egitto, ad esempio, si sta cercando di irrigare porzioni di
deserto utilizzando l’acqua del Nilo. L’obiettivo è di per sé lodevole, ma ci sono anche
delle conseguenze non sempre controllabili. L’acqua che penetra in profondità in un
terreno arido potrebbe, mediante l’evaporazione, portare in superficie dei sali e quindi
creare un fenomeno di “salinizzazione” che poi renderebbe il terreno stesso non
utilizzabile per l’agricoltura. La salinizzazione del terreno arido si può evitare con
tecniche di irrigazione a goccia, come è stato fatto con successo in Israele, ad esempio.
Ma questa tecnica comporta un notevole uso di energia, e quindi crea altri problemi di
sostenibilità complessiva.
7. Come si inquadra, all’interno della difesa della biodiversità, il ruolo della ricerca genetica?
• La ricerca genetica può essere di grande aiuto, se correttamente interpretata. Le ricerche che
spingono a produrre delle varietà o ibridi di mais con il solo obiettivo di aumentare la produzione
non sono del tutto positive. Se invece la ricerca punta ad una maggiore sostenibilità con un
significativo aumento dell’efficienza d’uso di fattori produttivi, ad una riduzione dei fertilizzanti o
fitofarmaci necessari, allora i suoi effetti sono positivi:
a)
perché viene meglio preservata l’integrità dell’ambiente, evitando che questi elementi attraverso le
acque finiscano nei fiumi o nei mari;
b) perché si anticipa il fatto che alcuni elementi (ad esempio azoto, fosforo o potassio)
sono comunque disponibili in quantità finita e non si potrà averne sempre in quantità illimitata.
C’è poi la ricerca che cerca di riportare “in vita” specie ormai
marginalizzate. C’è stato un momento in cui si pensava
che recuperando alla coltura specie di frumento antiche (come il Triticum monococcum) si potesse
migliorare la condizione dei celiaci che sono intolleranti del glutine contenuto nei frumenti moderni.
La cosa non ha funzionato nel senso auspicato, ma comunque si è recuperato un importante
patrimonio genetico che altrimenti sarebbe andato perso.
Triticum monococcum Ibridi di mais
8. Come si pone il mercato rispetto al tema della biodiversità?
• Da una parte è chiaro che il mercato globale, inteso come grande industria e grande distribuzione, ha il bisogno di
standardizzare la sua offerta; quindi si tendono a privilegiare poche specie e all’interno di queste specie si offrono
i prodotti che presentano determinate caratteristiche. Quindi, ad esempio, sul mercato globale (in tutto il mondo)
si offrono poche specie di mele, e sugli scaffali vanno solo quelle mele che hanno caratteristiche di peso e
sensoriali accettate dai consumatori. Però esiste anche un nuovo fenomeno crescente: quello dei mercati locali.
Il mercato di quartiere, dove gli agricoltori della zona portano i loro prodotti e simili. Questi mercati attirano i
consumatori anche perché offrono prodotti diversificati, rispetto a quelli della grande distribuzione. Questi
mercati possono meglio corrispondere alla cosiddetta “vocazionalità” di un territorio: il fatto cioè che in una certa
zona alcuni prodotti agro-alimentari siano percepiti come più “naturali”. La vocazionalità può dipendere da vari
fattori: il clima, il terreno, le tradizioni culinarie, etc. Un altro fattore importante che influenza la biodiversità è
l’insiemi di leggi e regolamenti, sia a livello nazionale che internazionale.
9. • La Commissione Europea, per esempio,
determina molte delle scelte degli
agricoltori europei. La regolamentazione
può incentivare l’adozione di alcune specie,
oppure disincentivare (se non proibire)
l’adozione di altre; può incoraggiare (od
obbligare) alcune modalità di produzione, o
proibirne altre.
Una cosa banale come l’obbligo di
una “etichetta leggibile” che
spieghi come un cibo è stato
prodotto e la provenienza della
materia prima, può avere un
grande impatto sulla filiera
agricolo-alimentare.
Quindi la politica (intesa come
quell’insieme di organismi che
determinano leggi e regolamenti)
ha un grande ruolo sia nel
promuovere la biodiversità, sia
nello scoraggiarla.
10. Si può quindi immaginare un futuro senz’altro positivo per la biodiversità?
• Fino ad oggi l’omologazione e la standardizzazione, richieste dalla grande industria di
trasformazione e produzione, hanno influenzato l’agricoltura europea (e di altre zone del
mondo). Questo ha portato anche a delle crisi strutturali: per esempio negli ultimi 10
anni in Italia sono state chiuse 500.000 aziende agricole, che non riuscivano a trovare
una remunerazione adeguata per la loro produzione; infatti, quando il prodotto è
standardizzato, il fattore “costo” diventa l’elemento principale di scelta, sia per il
consumatore finale che per la distribuzione.
11. Si sta però sviluppando un interessante fenomeno di specializzazione per le
aziende medio-piccole; se poche aziende producono un prodotto di nicchia (di
una specie non standardizzata) questo prodotto può essere riconosciuto dal
mercato (magari locale o specializzato) ed anche ben remunerato. Quindi il
mercato può diventare un fattore trainante per la biodiversità.
12. È facile per un agricoltore determinare una linea di comportamento ottimale?
• Un agricoltore deve tener conto di 3 diversi fattori, che possono spingere in direzione
diverse:
-il primo fattore è la vocazione
del territorio: quali sono le colture tradizionali o più “adatte” della zona di produzione;
-il secondo fattore è il mercato: cosa si riesce a vendere, con quali costi di produzione e
con quale remunerazione;
-il terzo fattore è la
legislazione (e la regolamentazione): di questo l’agricoltore deve tener conto.
Quindi l’agricoltura deve fare scelte complesse e la società nel suo complesso
deve aiutarlo ad operare le scelte migliori. E questo riguarda anche l’atteggiamento dei
consumatori.
13. Quale è il ruolo dei consumatori nei confronti della biodiversità?
• Il ruolo del consumatore è fondamentale per proteggere ed incrementare la biodiversità.
Il consumatore determina, con le sue scelte concrete, l’andamento del mercato, e questo
andamento poi influenza le scelte degli agricoltori, dell’industria di trasformazione e
della distribuzione. Se i consumatori scelgono solo il prodotto standardizzato, sarà
difficile difendere le specie “anomale”. Se invece i consumatori acquistano anche
prodotti non standardizzati e con caratteristiche peculiari, la biodiversità in agricoltura
sarà favorita.
È quindi molto importante agire su due fronti:
a) educare i consumatori perché abbiano la conoscenza e
la cultura per fare scelte corrette;
b) fare in modo che mediante
informazioni accurate (ad esempio sulle etichette) i consumatori possano efficacemente
orientare le proprie scelte.
14. Esiste un ruolo educativo della scuola sui temi della biodiversità e i temi ad essa correlati?
• Oggi la scuola, in generale, affronta in modo adeguato questi temi. La sensibilizzazione e ancor
di più la formazione su questi temi deve essere rivolta anche e soprattutto agli allievi della scuola:
magari impareranno a porsi le domande giuste e a cercare le risposte corrette si possono avere
diversi benefici. Ad esempio, i giovani si possono nutrire meglio (evitando il cibo spazzatura),
possono chiedere di avere prodotti basati su agricoltura locale e sostenibile, possono imparare a
non mangiare solo cibi standard e ad evitare sprechi. Sarebbe quindi auspicabile che a scuola si
continuasse a fare più educazione sulla biodiversità, sulla nutrizione e sull’agricoltura. In questo
modo si possono influenzare i piccoli consumatori di oggi, i consumatori adulti di domani, e
probabilmente anche le loro famiglie. Oggi, questi argomenti sono attività introdotte all’interno
di discipline scientifiche.
cibo spazzatura
15. I temi della biodiversità, la produzione agricola, l’alimentazione e tutti quelli connessi, sono
nel loro insieme complessi ed articolati. Non esiste la risposta semplice o banale, che a volte i
media diffondono. È necessario far capire la rilevanza di queste tematiche e la varietà delle
opinioni, in modo che ciascuno nel proprio ruolo ( produttore, distributore,…consumatore)
possa operare scelte che vanno nella giusta direzione. L’ EXPO 2015 è un’occasione
eccezionale per affrontare questi temi in un’ottica planetaria.