1. La Natura Fisica della Luce: dai
corpuscoli alle onde e oltre
Germano D'Abramo (INAF-IASF)
2. Domanda: Ma perché una lezione sulla Natura
Fisica della Luce in uno Stage di Astrofisica?
Risposta: Se ci pensate bene, è solo grazie alla luce che
noi sappiamo dell'esistenza e conosciamo le
caratteristiche di tutti gli oggetti astronomici (pianeti,
stelle, galassie, etc).
3. La Luce: Cos'è? Di cosa è fatta?
A partire dalla fine del XVI secolo si diffuse presso gli studiosi di Filosofia Naturale, la
progenitrice delle scienze fisiche, un forte interesse per la natura fisica della luce.
Le prime considerazioni sulla sua natura scaturivano da osservazioni comuni, quotidiane:
La luce sembra avere origine da sorgenti (Sole, candele, torce, etc.).
Si propaga in linea retta (oggetti illuminati proiettano ombre nette).
E' esperienza comune che quando un raggio di luce attraversa una stanza si notano
“particelle luminose” che fluttuano nell'aria (oggi sappiamo che sono particelle di polvere
illuminate dalla luce, ma allora....).
Se un raggio di luce è riflesso da uno specchio, l'angolo di riflessione è sempre uguale
all'angolo di incidenza (l'angolo di riflessione e l'angolo di incidenza sono misurati a
partire dalla perpendicolare allo specchio).
4. Modello corpuscolare della luce
Nell'esperienza comune dell'epoca, l'unico esempio di qualcosa che si
propagasse in linea retta era quello di oggetti materiali (pietre, frecce,
etc) dotati di velocità elevata.
Da qui l'idea che la luce fosse composta da corpuscoli materiali (tanto
piccoli da non essere distinguibili ad occhio nudo) che si muovono nello
spazio ad alta velocità (onde “attenuare” l'effetto della gravità terrestre
che tenderebbe a incurvare le loro traiettorie).
Questo è il:
Modello corpuscolare della luce (seconda metà del 1600)
Isaac Newton
Tra i propositori e sostenitori ci furono il filosofo Pierre Gassendi e
l'illustre fisico inglese Isaac Netwon. Tuttavia, le prime idee sulla natura
corpuscolare della luce risalgono al filosofo greco Lucrezio (55 B.C.) e
probabilmente anche a pensatori precedenti.
5. Il modello corpuscolare alla prova (I)
Nella scienza post-galileiana un modello fisico-matematico di un fenomeno naturale
nasce tipicamente da osservazioni quotidiane e disorganiche del fenomeno stesso. Il
modello è una sintesi organica e raffinata di tutte le osservazioni che descrivono le
caratteristiche salienti del fenomeno. Un modello fisico accettabile deve quindi:
descrivere correttamente e nella forma (matematica) più semplice possibile (rasoio di
Occam) i comportamenti già conosciuti del fenomeno fisico studiato;
dare la possibilità di prevedere comportamenti non ancora osservati del fenomeno
fisico allo studio, e indicare come osservarli. Se questi comportamenti non si verificano,
il modello è sbagliato/incompleto e va sostituito/corretto.
6. Il modello corpuscolare alla prova (II)
Il modello corpuscolare sembra dare una
giustificazione molto chiara e convincente
dei comportamenti della luce comunemente
osservati (vedi seconda trasparenza).
Θi = Θr
In particolar modo la propagazione
rettilinea e la legge di riflessione.
Infatti, un corpuscolo materiale lanciato ad
elevata velocità si comporta come un
raggio di luce, si propaga in modo quasi
rettilineo. Inoltre, una pallina che
rimbalza elasticamente su una superficie
dura si comporta come un raggio di luce
che si riflette in uno specchio.
7. Il modello corpuscolare alla prova (III)
Se la luce è composta da corpuscoli che si muovono nello spazio, questi avranno una
velocità, presumibilmente finita (cioè non si propagano istantaneamente da un punto
all'altro dello spazio, come non succede a tutti i corpi materiali conosciuti) e
verosimilmente alta.
I primi tentativi (infruttuosi) di misurare la velocità della luce risalgono già alla prima
metà del 1600 quando Galileo Galilei tentò di misurare il ritardo tra l'istante in cui una
lanterna veniva scoperta e l'instante in cui la luce veniva percepita da un osservatore in
cima ad una collina poco distante (~1 km). L'unica conclusione che Galileo poté trarre
fu che la propagazione della luce è straordinariamente rapida.
La prima stima quantitativa delle velocità della luce fu compiuta nel 1676
dall'astronomo danese Ole Roemer utilizzando una anomalia nella durata delle eclissi
dei pianeti Medicei, i satelliti di Giove scoperti da Galileo. Egli ottenne un valore di
circa 210.800 km/s, molto vicino al valore attualmente conosciuto con precisione
(299.792 km/s).
8. Il modello corpuscolare alla prova (IV)
All'epoca, un altro comportamento della luce era ben
noto e matematicamente studiato: quello della
rifrazione. La rifrazione consiste in una deviazione
istantanea del percorso luminoso rettilineo quando un
raggio di luce attraversa la superficie di separazione tra
un mezzo poco denso (ad esempio, l'aria) e un mezzo
più denso (ad esempio, acqua, vetro, olio etc.). Il raggio
di luce, nel passare da un mezzo poco denso a un più
Θi
denso si avvicina all'asse verticale che è perpendicolare
alla superficie di separazione dei due mezzi. La legge
matematica che descrive questo comportamento si
chiama legge di Snell.
Il modello corpuscolare spiega questo fenomeno
Θr
affermando che i corpuscoli, appena si avvicinano alla
superficie di separazione dei due mezzi, vengono attirati
verso il basso dal mezzo più denso (vedi figura) e quindi
deviano come osservato in natura.
Previsione fatta dal modello: i corpuscoli luminosi
accelerano nel passaggio nel mezzo più denso, quindi
la luce è più veloce nei mezzi densi, piuttosto che
nell'aria.
9. Il modello corpuscolare: prime difficoltà.
La Diffrazione
Da tempo era conosciuto un fenomeno
luminoso che fu a lungo studiato dal
fisico italiano Francesco Maria
Grimaldi intorno alla metà del 1600 e
che va sotto il nome di diffrazione.
Quando un raggio di luce attraversa
una fenditura opportunamente stretta o
un foro opportunamente piccolo,
dall'altra parte del foro o della fenditura
non si produce un'ombra netta ma una
sorta di ombra con i contorni diffusi.
Il modello corpuscolare di Newton
poteva spiegare, anche se con
difficoltà, questo fenomeno
ascrivendolo alla deflessione dei
corpuscoli di luce da parte dei bordi del
foro o della fenditura.
10. Il modello corpuscolare: altre difficoltà.
L'interferenza
Anche se altri modelli fisici sulla natura della luce
venivano proposti e diffusi (come vedremo in
seguito), il modello corpuscolare sembrò regnare
incontrastato per quasi 200 anni, anche se di tanto in
tanto si incontravano difficoltà nello spiegare alcuni
comportamenti della luce appena scoperti.
All'inizio del 1800 il fisico e medico inglese Thomas
Young propose e descrisse quello che è ormai noto
come l'esperimento della doppia fenditura. Quando
un raggio di luce attraversa due strette fenditure,
disposte molto vicine fra di loro, dall'altra parte dello
schermo si crea un motivo di luci e ombre che si
ripete in maniera regolare e che invade anche spazi
che vanno al di la della semplice ombra geometrica .
Il fenomeno si verifica solo quando entrambe le
fenditure sono aperte.
11. Il modello corpuscolare:
dichiarazione di “morte”
Se il modello corpuscolare può ancora spiegare il fenomeno della diffrazione con una
deflessione dei corpuscoli da parte dei bordi delle fenditure/fori, la disposizione regolare di
luci e ombre nell'interferenza richiede che i corpuscoli, dopo aver attraversato le fenditure,
interagiscano fra di loro in maniera troppo complicata per essere spiegata semplicemente
dal modello.
In linea di principio, tuttavia, il modello corpuscolare potrebbe ancora farcela! Il fenomeno
dell'interferenza, per quanto minaccioso, potrebbe ancora essere domato dal modello
corpuscolare.
Il colpo definitivo al modello corpuscolare arriva con le prime misure di laboratorio della
velocità della luce nei mezzi materiali (ad opera di Fizeau e Foucault, intorno al 1850).
Si scopre che la velocità della luce nei mezzi materiali è minore rispetto alla velocità
della luce nell'aria o nel vuoto.
Ma il modello corpuscolare prevedeva esattamente il contrario, ricordate?
Il modello corpuscolare è quindi non corretto perché fa previsioni opposte ciò che si
osserva sperimentalmente!
12. ...Luci e Onde...
Quasi contemporaneamente alla nascita e
all'affermazione del modello corpuscolare (seconda
metà del 1600) i fisici Robert Hooke e Christiaan
Huygens proposero quello che è conosciuto come
modello ondulatorio della luce.
Secondo questo modello, la luce si comporta come
un'onda. Alcuni esempi di fenomeni fisici che si
comportano come un'onda sono: il suono, le
increspature del mare, etc. Ma cos'è un'onda?
Un'onda è una perturbazione, una modificazione
fisica che si propaga attraverso un mezzo con una
velocità che dipende dalle caratteristiche fisiche di
quest'ultimo.
Un'onda non trasferisce materia da un punto ad un
altro dello spazio, come avviene lanciando un sasso,
ma solo energia.
13. Onde periodiche
Se il meccanismo che crea la perturbazione è
periodico (come la spinta che si da a un'altalena)
allora le onde prodotte nel mezzo sono
periodiche. Un'onda è periodica quando,
fissando un punto del mezzo attraverso cui essa
si propaga, la perturbazione si ripete sempre allo
stesso modo dopo un tempo fissato T, detto
periodo. Il reciproco del periodo, cioè 1/T, è
detta frequenza (ν) dell'onda.
L'estensione della perturbazione è detta
ampiezza dell'onda e la distanza tra due picchi di
massima ampiezza dell'onda è detta lunghezza
d'onda (λ).
Inoltre vale:
V = λ/Τ = λν
V è la velocità di propagazione dell'onda
periodica nel mezzo.
14. Il modello ondulatorio alla prova (I):
Propagazione rettilinea
Ma la luce sarebbe un'onda di cosa? In quale mezzo si propaga? Lasciamo per il
momento da parte queste domande. Quello che ci deve interessare è che secondo il
modello ondulatorio la luce si comporta come un'onda. Vediamo se questo modello
spiega tutti i comportamenti della luce, anche quelli che hanno decretato la fine del
modello corpuscolare.
Sappiano che la luce si propaga in linea retta. Anche un'onda si propaga in linea retta.
Quando nella piscina con le onde di un Acquapark l'onda viene generata, essa arriva a
noi in direzione rettilinea. Inoltre, quando un'onda incontra uno schermo bucato (con il
buco molto più grande della lunghezza d'onda) si produce una “ombra” geometrica
netta.
16. Il modello ondulatorio alla prova (III).
Legge della rifrazione
Nell'esempio qui a fianco un'onda
percorre la superficie di una vasca
dall'alto a sinistra verso il basso a
destra. La linea di separazione blu
ci indica il passaggio da un
fondale più profondo a uno meno
profondo. In quel punto la
direzione di propagazione
dell'onda (indicata dalle frecce)
cambia proprio secondo la legge
dell rifrazione (legge di Snell).
Inoltre il modello ondulatorio
prevede una velocità della luce
minore nei mezzi più densi.
Nell'esempio, le onde d'acqua
sono più lente laddove il fondale
è più basso.
19. Il modello ondulatorio: entra in gioco la
fisica dell'elettricità e del magnetismo
Il modello ondulatorio sembra spiegare in maniera semplice e
puntuale tutti i comportamenti della luce fin qui osservati.
Quindi, la luce sembra effettivamente comportarsi come
un'onda. Ma un onda fatta di cosa? Il suono è un onda di
pressione che si propaga nell'aria. Le onde del mare sono
perturbazioni della superficie dell'acqua.
Verso la fine del 1800 i fenomeni elettrici e magnetici,
conosciuti sin dall'antichità, erano stati studiati
approfonditamente e si era giunti a una sintesi matematica
molto sofisticata.
Nel 1873 il fisico scozzese James Clerk Maxwell pubblica le
sue famose equazioni del campo elettromagnetico. Queste
equazioni descrivono come si comportano i campi elettrici e
magnetici nello spazio: alcune soluzioni di queste equazioni
prevedono che le perturbazioni dei campi elettrico (E) e
magnetico (B) si propaghino nello spazio come onde, la cui
velocità c si ricava da due costanti fisiche già conosciute.
20. Il modello ondulatorio:
le onde elettromagnetiche
L'aspetto veramente sorprendente fu che la
velocità dell'onda ricavata dalle equazioni di
Maxwell corrispondeva proprio alla velocità
della luce, il cui valore era già conosciuto
grazie alle misurazioni di Fizeau e Foucault.
I fisici di fine Ottocento ottennero un grande
successo: la luce è dunque un'onda che si
propaga attraverso il campo
elettromagnetico che riempie tutto lo spazio
intorno a noi, anche lo spazio vuoto.
La sua velocità c è una costante fisica, poiché
deriva da altre due costanti fisiche
(permeabilità magnetica e permittività elettrica
del vuoto). Questo diede anche lo spunto ad
Albert Einstein per sviluppare la sua Teoria
della Relatività Speciale.
21. Lo spettro elettromagnetico
Lo spettro elettromagnetico è l'equivalente per la luce delle “analisi del sangue”: ci dice
tutto sulle caratteristiche di un onda elettromagnetica e tutto su chi la produce.
22. ...tuttavia un'anomalia era in agguato:
l'effetto fotoelettrico
Nel 1887 il fisico tedesco Heinrich Hertz scoprì un
particolare tipo di interazione tra luce e materia:
l'effetto fotoelettrico.
L'effetto fotoelettrico consiste nell'emissione di elettroni
da una superficie, solitamente metallica, quando questa
viene investita da una radiazione elettromagnetica
avente una certa frequenza.
Dal modello ondulatorio della luce ci si aspettava che
una maggiore intensità della luce (che corrisponde ad
una maggiore ampiezza dell'onda e quindi ad una
maggiore energia) avrebbe portato all'emissione di
elettroni con una maggiore velocità (maggiore energia
cinetica).
Invece, nell'effetto fotoelettrico con una luce più intensa
aumenta solo il numero degli elettroni emessi, non la
loro energia cinetica e velocità.
23. La rivincita dei corpuscoli!
Inoltre, si era notato che se la frequenza della luce che
illuminava il metallo era maggiore (vedi spettro),
l'energia, e quindi la velocità degli elettroni emessi era
maggiore.
Nel 1905 il famoso fisico tedesco Albert Einstein propose
un modello fisico per spiegare questo fenomeno, che
rivoluzionò la fisica e segnò in effetti la nascita della
meccanica quantistica.
Einstein suppose che la luce fosse costituita da quantità
discrete, chiamate fotoni. Essi erano delle vere e proprie
particelle, e quindi la luce tornava ad essere formata da
corpuscoli. Ad ogni fotone Einstein associa una energia
pari a
E=hν
Albert Einstein
Dove h è una costante (la costante di Planck) e ν è la
frequenza della luce che si sta considerando.
24. I fotoni
Il modello corpuscolare di Einstein spiega con semplicità tutte le caratteristiche
dell'effetto fotoelettrico.
Una luce con frequenza maggiore è fatta di fotoni che hanno singolarmente più energia
e quindi gli elettroni vengono espulsi dal metallo a maggiore velocità. Inoltre, una luce
più intensa ha più fotoni “dentro” e quindi se si aumenta l'intensità della luce, aumenta il
numero di elettroni espulsi (uno per fotone), ma non la loro velocità.
Il modello corpuscolare di Einstein è ovviamente molto diverso da quello pensato da
Newton.
Un primo aspetto curioso è che l'energia di ogni fotone è proporzionale alla frequenza
della luce di cui fa parte. Ma la frequenza non è una grandezza propria di un'onda?
…E ritornare a una luce fatta di corpuscoli non crea problemi nella spiegazione
della rifrazione, diffrazione e interferenza?
25. Dualismo onda-corpuscolo
Il punto è che per alcuni comportamenti (diffrazione, interferenza, etc.) la
luce si comporta come un'onda, per altri (l'effetto fotoelettrico) essa si
comporta come se fosse costituita da corpuscoli.
La profonda e sconvolgente acquisizione della Meccanica Quantistica
della prima metà del 1900 è che la luce è contemporaneamente onda e
corpuscolo. In alcuni casi ci conviene trattarla come onda in altri
come costituita di corpuscoli.
A livello indicativo, quando abbiamo a che fare con basse frequenze
(onde radio, microonde, etc) trattiamo la luce matematicamente come Niels Bohr
un'onda, Quando abbiamo a che fare con alte frequenze (ultravioletto,
raggi X e raggi γ) la trattiamo matematicamente come se fosse costituita
da corpuscoli.
Il principio di complementarità di Niels Bohr afferma che ogni
particella elementare (elettrone, protone, etc.) mostra una duplice
natura, sia corpuscolare che ondulatoria.