Nicolò Terminio - Lezione su Generazione borderline e mondo tossicomane - Corso di Diagnostica clinica e costruzione del progetto terapeutico - Scuola COIRAG - Roma, 25 ottobre 2014
“I pazienti borderline sono costantemente in crisi. I pazienti borderline ci mettono costantemente in crisi”. Queste due frasi riassumono i temi e i problemi che ci troviamo ad affrontare nel trattamento dei pazienti borderline.
Parlo di generazione borderline per dare maggiore evidenza alle trame del “famigliare” (Scabini e Cigoli, 2000) nella storia dei pazienti borderline. Il riferimento ai legami familiari ci consente di prestare attenzione alla radice evolutiva della compromissione “relazionale-simbolica” tipica del funzionamento del borderline.
Quando mi riferisco al mondo tossicomane intendo allora considerare la complessità psicopatologica della tossicodipendenza, per non ridurre la clinica degli stati tossicomanici all’esperienza dello sballo (Di Petta, 2004), rintracciando piuttosto le caratteristiche salienti della struttura psicopatologica nella relazione con l’Altro.
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Nicolò Terminio - Lezione su Generazione borderline e mondo tossicomane - Corso di Diagnostica clinica e costruzione del progetto terapeutico - Scuola COIRAG - Roma, 25 ottobre 2014
1. Scuola di Specializzazione in Psicoterapia PPssiiccooaannaalliittiiccaa
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Sede di Roma
Corso: Diagnostica clinica e costruzione del progetto terapeutico
Argomento lezione: Generazione borderline e mondo tossicomane
Docente: Nicolò Terminio (Psicoterapeuta – Ph.D.)
Sabato 25 ottobre 2014
2. Generazione borderline e mondo tossicomane
• “I pazienti borderline sono costantemente in crisi. I pazienti borderline ci mettono
costantemente in crisi”. Queste due frasi riassumono i temi e i problemi che ci
troviamo ad affrontare nel trattamento dei pazienti borderline.
• Parlo di generazione borderline per dare maggiore evidenza alle trame del
“famigliare” (Scabini e Cigoli, 2000) nella storia dei pazienti borderline. Il
riferimento ai legami familiari ci consente di prestare attenzione alla radice
evolutiva della compromissione “relazionale-simbolica” tipica del funzionamento
del borderline.
• Quando mi riferisco al mondo tossicomane intendo allora considerare la
complessità psicopatologica della tossicodipendenza, per non ridurre la clinica
degli stati tossicomanici all’esperienza dello sballo (Di Petta, 2004), rintracciando
piuttosto le caratteristiche salienti della struttura psicopatologica nella relazione
con l’Altro.
2
3. Fenomenologia borderline
Nella vita quotidiana del lavoro in comunità gli operatori hanno modo di osservare e
di esser presi nella relazione con pazienti che:
• mostrano la tendenza a idealizzare alcune persone in modi irrealistici o la
tendenza opposta nel vederle “totalmente cattive”;
• il bisogno degli altri e, allo stesso tempo, il rifiuto di coloro a cui era stato rivolto
quel bisogno di intimità relazionale;
• l’instabilità emotiva e la caoticità delle relazioni;
• la difficoltà a capire le effettive intenzioni degli altri e la straordinaria sensitività
nel cogliere eventuali segnali di distacco emotivo da parte degli altri;
• un’oscillazione emotiva rapida e imprevedibile che può sfociare in sentimenti
estremi di angoscia, tristezza, rabbia;
• la tendenza a suscitare negli altri sentimenti simili a quelli che provano, fino a
provocare negli altri reazioni estreme che li mettono in discussione non solo come
operatori ma anche come persone. 3
4. Il tossicodipendente borderline
La compromissione soggettiva e relazionale del borderline rende ancor più
problematica la questione del trattamento della tossicomania. Quando il sintomo
tossicomanico fa parte di una logica di funzionamento borderline amplifica ancor
di più:
• la tendenza ad agire in modo impulsivo, senza considerare le conseguenze delle
proprie azioni;
• la tendenza a comportarsi senza tener conto dei danni che vengono inflitti al
proprio corpo;
• la tendenza ad annullarsi nell’overdose per tentare veramente il suicidio o per
esprimere un grido d’aiuto o per manipolare gli altri.
• La caoticità del mondo relazionale del borderline si sovrappone inoltre
all’instabilità e alla precarietà esistentiva di chi entra nella droga e ci rimane fino a
distruggere ogni rete affettiva, sociale e lavorativa.
4
5. L’eclissi dell’Altro
• Nell’ambito degli studi lacaniani, così come nelle pagine straordinarie che Gilberto
Di Petta ha saputo dedicare al “mondo tossicomane” (2004 e 2006), la questione
fondamentale del soggetto che ricorre all’abuso di sostanze consiste in un tracollo
dell’esistenza dell’Altro (Freda, 2001; Giglio 2009; Rugo e Pozzetti 2010).
• L’Altro con la A maiuscola non è soltanto il nostro simile, ma lo sfondo relazionale
e simbolico di ogni nostra interazione con gli altri che incontriamo nella nostra
vita.
• Da questo punto di vista perdere il legame con l’Altro vuol dire perdere gli
ormeggi da quei riferimenti comuni che ci orientano in un mondo condiviso.
5
6. L’oggetto-droga e il discorso sociale
• Nella nostra pratica clinica ed educativa possiamo vedere aprirsi delle reali
possibilità di cambiamento terapeutico solo quando un soggetto si accorgerà che
la droga non era in realtà un problema ma una soluzione, un tappo per riempire la
mancanza e curare le ferite.
• La droga, come gli altri oggetti coinvolti nelle dipendenze patologiche, è una falsa
promessa del discorso sociale contemporaneo. .
• Il discorso del capitalista, enucleato da Lacan e ripreso da Massimo Recalcati ne
L’uomo senza inconscio (2010), consiste nella promozione del consumo
dell’oggetto come forma elettiva per strutturare l’esperienza escludendo il
rapporto intersoggettivo.
• Il soggetto tossicomane non è orientato dal legame con l’Altro, l’orizzonte della
sua progettualità contempla un mondo dove il trionfo dell’oggetto-droga prevale
su qualsiasi altra relazione (Rigliano e Bignamini, 2009).
6
7. Desiderio e godimento
• Il godimento tossicomanico è una forma di soddisfazione fondamentalmente
autoerotica e porta a considerare la relazione intersoggettiva solo in un’ottica
manipolatoria. Il soggetto vede gli altri soltanto come mezzi per la propria
gratificazione personale.
• La spinta al godimento non elimina soltanto il polo intersoggettivo della relazione,
ma appiattisce anche l’esperienza della temporalità. Il godimento è diretto verso
la soddisfazione istantanea o verso l’abbassamento immediato di una tensione
emotiva che il soggetto vive come insopportabile.
7
8. Il limite e l’eccesso
• Capita spesso di ascoltare dei pazienti borderline che pur lamentandosi dei
limiti e delle punizioni imposti dalla legge, dichiarano che in certi casi erano
stati proprio loro a cercare di essere fermati per porre fine a un vortice
emotivo che sentivano insopportabile.
• La condotta di questi pazienti mostra che se nella vita non si è potuta
assimilare l’esperienza virtuosa del limite, allora la si ricercherà anche a
costo di provocare gli altri. Gli altri saranno trascinati in un dilemma
esistenziale che vede il soggetto in bilico tra l’esigenza di avere un Altro da
cui poter essere riconosciuto e contenuto e l’esigenza di liberarsi da ogni
forma di abuso che la presenza dell’Altro rischia di far balenare
all’orizzonte.
8
9. Il focus della cura
Nel lavoro clinico svolto in comunità possiamo assolvere ad almeno due
funzioni terapeutiche:
• da un lato occorre introdurre un limite per il godimento: le regole e
l’organizzazione della giornata sono in parte finalizzate a canalizzare
l’eccedenza del soggetto;
• dall’altro le regole servono anche ad aprire una finestra di riflessione su
quel luogo psichico che Antonello Correale ha indicato con il concetto di
“area traumatica” (Correale, 2006).
9
10. La triade disperante del borderline
• Possiamo focalizzare la questione del trattamento della tossicomania se consideriamo che la
psicopatologia del borderline si organizza attorno a tre nodi principali, definiti da Correale
come la “triade disperante” del borderline:
– il trauma,
– la ripetizione del trauma,
– l’esperienza dissociativa.
• L’esperienza del borderline mette in risalto il “dispositivo antropologico” del trauma
(Stanghellini e Rossi Monti, 2009). Il trauma svela la vulnerabilità del soggetto nei
confronti del reale. Il trauma espone il soggetto a una forma di godimento che è fuori-senso
e difficilmente simbolizzabile.
• La ripetizione del trauma fa risaltare sul piano dei comportamenti la lotta del
soggetto tra l’angoscia di essere assoggettato all’Altro del trauma e la volontà
ostinata di superare l’angoscia. Con la ripetizione del trauma il soggetto prova a
ribaltare l’assoggettamento in una forma di controllo attivo dell’esperienza
angosciante.
• Le ricadute dei tossicomani con fenomenologia borderline possono rimandare non
solo al piacere dello sballo, ma anche a una dissociazione che consiste in un
restringimento del campo della coscienza, in uno stato crepuscolare dove
l’alterazione della coscienza rende la vita più tollerabile. 10
11. Distinguere gli stati dissociativi
• In molti casi lo stato dissociativo indotto dall’uso di sostanze è una forma di auto-terapia
che il soggetto si somministra per trattare l’intrusione di immagini
traumatiche che colonizzano la sua coscienza.
• La dissociazione dello sballo può essere quindi – e questo è un dato da verificare
nei colloqui psicodiagnostici – una strategia che il paziente segue per “curare” una
“dissociazione strutturale della personalità” (Van der Hart et al., 2006).
• Non bisogna allora confondere la dissociazione strutturale con la dissociazione che
il soggetto si procura attraverso l’uso di sostanze.
11
12. Il trauma e l’angoscia
• Un altro aspetto di cui tener conto nella cura dei pazienti borderline riguarda il
possibile viraggio verso l’antisocialità.
• Come ha sottolineato Correale (2012) la tentazione antisociale del borderline
scaturisce dalla necessità di far fronte all’esperienza dell’angoscia. È un’angoscia
che deriva dalla sensazione di essere in balia dell’Altro.
12
13. Negazione e perversione
• La nebulosa che connota l’esperienza di angoscia del borderline costituisce una
condizione esistenziale da cui il soggetto cerca di difendersi. Il soggetto può allora
cercare di rigettare l’angoscia e “trasformare il trauma, da esperienza di
impotenza, in rituale eccitatorio controllabile e riproducibile” (Correale, 2012, p.
114).
• In questo rigetto dell’angoscia possiamo osservare che il paziente borderline può
virare da una modalità di rivolta contro l’Altro a una modalità di manipolazione
dell’Altro.
13
14. Increspature della relazione
• Il trattamento dell’area traumatica implica che la stessa dimensione del trauma
entri in gioco nel vivo della relazione terapeutica. E qui non ci troveremo di fronte
a un paziente pronto a riconoscere o a interrogarsi sull’ipotesi se quello che
succede ritorni dal passato. Il paziente borderline vivrà quei momenti non come la
riedizione di qualcosa che si è già scritto sulla carne, ma come se fossero proprio il
momento in cui il trauma si innesta nella vita del soggetto.
• L’operatore viene allora investito da parte del paziente della responsabilità di
avergli rovinato la vita. L’operatore si sente preso in un dramma relazionale dove
ciò che il paziente gli rimprovera non si lascia sciogliere da nessuna forma di
ragionevolezza. Per il paziente il vissuto di trovarsi ancora una volta nell’area
traumatica è insopportabile e ogni invito a “ragionare” viene percepito come il
disconoscimento della legittimità del proprio vissuto. Più l’operatore prova a
spiegarsi e più il paziente si inalbera nel sottolineare che il suo bisogno di essere
curato non viene preso in considerazione.
14
15. Il contagio emotivo
• In numerosi contributi dedicati alla psicopatologia del borderline Mario Rossi Monti
ha sottolineato i diversi modi in cui l’instabilità emozionale del borderline può
travolgere gli operatori, condizionando la loro stessa identità professionale e
personale.
• Secondo Rossi Monti diventa cruciale potersi dotare di un modello che possa
collegare le diverse problematiche psicopatologiche e relazionali con cui ci si
confronta. In assenza di un modello “il progetto terapeutico diventa
semplicemente una rincorsa a tamponare l’emergenza del momento. Una
emergenza che si ripete sempre uguale e che non consente di intervenire sul
motore di questa drammatica successione di eventi. Quali sono insomma le
caratteristiche di fondo del disturbo, quelle che funzionano da vero e proprio cuore
pulsante del disturbo, dal quale si irradiano i fenomeni che dominano il campo e
conducono alla eterogenea e spesso drammatica presentazione clinica borderline?”
(Rossi Monti, 2012, pp. 25-26).
15
16. La sequenza disforica
• Secondo Rossi Monti la specificità della disregolazione emotiva del borderline
riguarda l’oscillazione tra disforia e rabbia. La disforia è la condizione umorale di
base e la rabbia è l’affetto corrispondente: “la disforia si trasforma in rabbia tutte le
volte che può essere orientata verso uno specifico oggetto individuato come la
fonte e la causa del proprio dolore” (Rossi Monti, 2012, p. 43).
• La sequenza disforica è quell’elemento specifico che connota l’instabilità emotiva e
relazionale dei nostri pazienti borderline.
• Come entrare in relazione con un paziente estremamente vulnerabile alla rabbia,
che spesso si sente sulla corda ed è sempre pronto a cogliere gli sbagli
dell’operatore fino a rivedervi il ritorno delle stesse mancanze e degli stessi traumi?
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17. Cinque elementi chiave per la relazione terapeutica
• Contenuti e cornice
• Idealizzazione e svalutazione
• Testimoniare il proprio desiderio
• Obiettivi terapeutici incompleti
• Il faro e la fiaccola
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18. Contenuti e cornice
• La “triade disperante” (trauma, ripetizione del trauma e dissociazione) e la
“sequenza disforica” (tensione, irritazione e spinta) costituiscono due direttrici
fondamentali per comprendere la psicopatologia del borderline e per configurare
alcuni elementi chiave per il trattamento.
• Trauma e disforia rimandano alle radici intergenerazionali del disturbo borderline e
definiscono i nostri ambiti di intervento. Le questioni del trauma delineano i
contenuti su cui bisogna focalizzare l’esplorazione riflessiva della cura. La disforia
istituisce la cornice emotiva della relazione entro cui tale esplorazione può
realizzarsi.
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19. Idealizzazione e svalutazione
• Nelle sue reazioni inaspettate il borderline punta il dito sulle nostre attitudini
terapeutiche, cercando di metterci in discussione come persone attraverso la
svalutazione delle nostre capacità professionali.
• Dobbiamo chiederci se nel nostro intimo abbiamo ceduto alle lusinghe delle
idealizzazioni borderline. La svalutazione ci colpirà tanto di più quanto avremo
creduto negli abbagli di riconoscenza che il paziente sembrava rivolgerci.
• L’astinenza a cui deve attenersi l’operatore riguarda allora l’eventuale ricerca di
riconoscenza da parte del paziente.
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20. Testimoniare il proprio desiderio
• Testimoniare il proprio desiderio significa non nascondere la discrepanza tra il
nostro dire e il nostro mostrare. Il dire indica ciò in cui speriamo, i valori guida che
seguiamo come se fossero la nostra stella polare. Il mostrare consiste invece nella
reale rotta che riusciamo a mantenere come persone e come operatori. Il desiderio
è il modo soggettivo che ognuno di noi ha trovato per abitare questo divario tra la
realtà e l’ideale.
• Il terzo elemento chiave consiste nella testimonianza del nostro desiderio, ossia nel
non nascondere al paziente lo stile che adottiamo nel tener conto di una
discrepanza inevitabile. Se per caso il paziente dovesse percepire che noi invece
vogliamo occultare questa discrepanza, allora farà di tutto, anche a costo di
sacrificare il proprio percorso terapeutico, per smascherarci. Per il paziente sarebbe
infatti molto più intollerabile e angosciante trovarsi di fronte a un Altro di cui non
coglie la verità.
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21. Obiettivi terapeutici incompleti
• La testimonianza chiara e definita del nostro desiderio non riguarda assolutamente
la definizione degli obiettivi terapeutici. Se sul piano del nostro desiderio dobbiamo
dare dei segnali chiari al paziente, sul piano degli obiettivi terapeutici dobbiamo
invece mantenere una certa incompletezza. Dobbiamo quindi mostrare chiarezza
quando si tratta del nostro modo di desiderare, ma dobbiamo trasmettere delle
intenzioni terapeutiche incomplete, cioè non definite a priori. Testimoniare in modo
chiaro e definito il nostro desiderio non implica quindi sapere già quali obiettivi
proporre al paziente. Il paziente borderline ha bisogno di sapere qual è il nostro
modo di desiderare, ma non di essere investito dal nostro modo di desiderarlo.
• Gli obiettivi terapeutici devono prendere spunto soprattutto dalla parola del
soggetto. Il quarto elemento chiave della relazione con il borderline implica che non
dovremo sovrapporre le nostre intenzioni a quelle del paziente.
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22. Il faro e la fiaccola
• Se abbiamo degli obiettivi che scaturiscono dalle nostre convinzioni, allora
correremo il rischio di assomigliare a un faro nella tempesta. Il nostro paziente sarà
in mare aperto, trasportato dalle onde, e noi saremo lì a identificarci con la luce che
può riportarlo alla riva. In una situazione simile risulteremmo immobilizzati dalle
nostre convinzioni e dalle nostre risposte con cui tenteremo invano di salvare i
pazienti che ci chiedono aiuto.
• Il borderline non ci chiede di essere un faro, ma una fiaccola pronta a seguirlo
sull’orlo dell’abisso, lì dove cerca di costruirsi un senso e dove la sua funzione
riflessiva è solo un bocciolo. Il nostro sapere terapeutico dovrà essere messo tra
parentesi, ciò che occorrerà mostrare sarà piuttosto la via attraverso cui, con molta
fatica, si arriva al sapere, agli obiettivi e alle regole.
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23. Riferimenti bibliografici
• Correale A., Area traumatica e campo istituzionale, pref. di Rossi Monti M., Borla, Roma 2006.
• Correale A., “Dal borderline all’antisociale? Una deriva inevitabile?”, in Rossi Monti M. (a cura),
Psicopatologia del presente. Crisi della nosografia e nuove forme della clinica, Franco Angeli, Milano 2012,
pp. 111-123.
• Correale A., Cangiotti F., Zoppi A. (a cura), Il soggetto nascosto. Un approccio psicoanalitico alla clinica delle
tossicodipendenze, pref. di Rossi Monti M., Franco Angeli, Milano 2013.
• Di Petta G., Il mondo tossicomane. Fenomenologia e psicopatologia, introd. di Callieri B., Angeli, Milano
2004.
• Di Petta G., Gruppoanalisi dell’esserci. Tossicomania e terapia delle emozioni condivise, pref. di Callieri B. e
Correale A., pres. di Calvi L., Angeli, Milano 2006.
• Freda F.H., Psicoanalisi e tossicomania, ed. it. a cura di Pozzetti R. e Zuccardi Merli U., B. Mondadori, Milano
2001.
• Giglio F. (a cura), Divertiti! Imperativo presente. Psicoanalisi, abuso di sostanze e “discorso del capitalista”,
Angeli, Milano 2009.
• Recalcati M., L’uomo senza inconscio. Figure della nuova clinica psicoanalitica, Cortina, Milano 2010.
• Rigliano P., Bignamini E. (a cura), Cocaina. Consumo, psicopatologia, trattamento, Cortina, Milano 2009.
• Rossi Monti M., “Borderline: il dramma della disforia”, in Rossi Monti M. (a cura), Psicopatologia del
presente. Crisi della nosografia e nuove forme della clinica, Franco Angeli, Milano 2012, pp. 15-63.
• Rugo M., Pozzetti R., Tossicodipendenza e alcolismo oggi. Quale cura per il soggetto?, Di Girolamo, Trapani
2010.
• Scabini E., Cigoli V., Il famigliare. Legami, simboli e transizioni, Cortina, Milano 2000.
• Stanghellini G., “Trauma”, in Stanghellini G., Rossi Monti M., Psicologia del patologico. Una prospettiva
fenomenologico-dinamica, Cortina, Milano 2009, pp. 235-262.
• Van der Hart O., Nijenhuis E.R.S., Steele K. (2006), Fantasmi nel sé. Trauma e trattamento della dissociazione
strutturale, ed. it. a cura di Ardino V. e Vassalli A., Cortina, Milano 2011.
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