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La comunicazione di
sostenibilità
come evitare il greenwashing alla luce della nuova
normativa europea
L’interesse per i temi ESG
Crescono i prodotti che riportano in etichetta claim che comunicano la loro sostenibilità: ben l’83,8% negli scaffali della
GDO (dati rilevati dall’Osservatorio Immagino di Gs1 Italy1, che manifestano un’attenzione sempre maggiore da parte
delle aziende alle tematiche green come elemento fondamentale delle strategie commerciali e di marketing.
Report "The Visionary CEO’s Guide to Sustainability 2024" di Bain & Company condotto su circa 19.000 consumatori a
livello globale: sostenibilità è uno dei tre criteri principali che influenzano le decisioni d’acquisto
36% degli acquirenti pronti a cambiare fornitore se non soddisfa le aspettative in materia di sostenibilità
Osservatorio Deloitte: il 59% interromperebbe o limiterebbe gli acquisti dei brand che utilizzano una comunicazione
ambientale “di facciata”, ovvero il greenwashing.
Tuttavia secondo le ricerche svolte dalla Commissione
Europea la maggior parte della comunicazione di
sostenibilità – alla prova dei fatti – risulta ingannevole
(GREENWASHING) rappresentando una pratica commerciale
ingannevole ai sensi della Direttiva 2005/29/CE, attuata
nella normativa nazionale nella Parte II, Titolo III (articoli 18
ss.) del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206
(“Codice del Consumo”).
La storia del greenwashing
La crescente consapevolezza ambientale ha spinto
le aziende a puntare su ecocompatibilità e
sostenibilità. Tuttavia, molte aziende praticano il
"greenwashing", ingannando i consumatori con false
affermazioni ecologiche.
Il greenwashing mina la fiducia dei consumatori e
danneggia le aziende realmente impegnate nella
sostenibilità. L'analisi evidenzia manifestazioni,
impatti sociali e la necessità di normative per
contrastare queste pratiche.
Obiettivo: promuovere una transizione verso un
consumismo più etico e responsabile.
Il Greenwashing è un fenomeno in crescita in tutti i settori del +26% (dati 2023 EBA) e che vede il
60% delle imprese cadere almeno una volta in comunicazioni a impronta green non valide o
ingannevoli (dati Nielsen).
Un'indagine condotta dalla Commissione europea sotto il coordinamento della Ipcen (Consumer
Protection and Enforcement Network) ha evidenziato come nel 42% dei casi le autorità abbiano
ritenuto ingannevoli e non veritiere le comunicazioni green, e quindi abbiano accertato il
compimento di pratiche commerciali sleali.
In oltre il 50% dei casi, le aziende non hanno dato ai consumatori informazioni sufficienti per
valutare quanto comunicato in materia di ecosostenibilità; nel 37% dei casi il claim conteneva
formulazioni generiche, come ‘rispettoso dell’ambiente’, o ‘eco’ e nel 59% dei casi non venivano
esplicitati elementi a supporto di quanto dichiarato.
Direttiva 2005/29/CE
Sulle pratiche commerciali sleali
Apporta modifiche alle seguenti norme
Direttiva 84/450/CEE del Consiglio
Direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio
Regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del
Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»).
1. Armonizzare le legislazioni degli Stati membri
2. Cristallizzare una vera e propria black list delle così dette
pratiche sleali (Allegato I)
Duplice obiettivo
Direttiva 2005/29/CE
Recepita in Italia tramite Decreto Legislativo 2
agosto 2007, n. 146
Codice del Consumo
l’esigenza di compiere scelte d’acquisto
consapevoli sulla base di informazioni
commerciali corrette e veritiere
CONSUMATORE
IMPRENDITORE
l’esigenza di conseguire profitti vendendo il prodotto
E’ considerata
ingannevole la pratica
commerciale che contiene
informazioni false o che,
anche se tecnicamente
corrette, sono presentate
in modo tale da indurre il
consumatore medio in
errore.
Articolo 21 del Codice del
Consumo
Pratiche commerciali
scorrette
Pratiche commerciali ingannevoli
Pratiche commerciali aggressive
Tutela del consumatore
Obiettivo della normativa
La normativa mira a proteggere i consumatori vietando
pratiche commerciali che possano portarli, sin dal primo
contatto con il professionista, a prendere decisioni
d'acquisto basate su informazioni fuorvianti o false.
Tutela del consumatore
Obiettivo della
normativa
Sulla base dell’applicazione della normativa citata,
la comunicazione commerciale intesa a suggerire
e/o evocare il minor impatto ambientale del
prodotto offerto deve attenersi ai seguenti principi
per non essere fuorviante e ingannevole:
i) deve presentare il prodotto in
modo chiaro, specifico, inequivocabile e
accurato;
ii) deve basarsi su dati veritieri,
pertinenti e scientificamente verificabili;
Un claim di questo tipo
che non spiega quale parte del prodotto sia totalmente riciclabile, che non sia basato su esami
scientifici oggettivi e verificabili - posto che peraltro allo stato della tecnica nulla è riciclabile al
100% - è con ogni probabilità da ritenersi un chiaro esempio di greenwashing.
iii) non deve contenere riferimenti vaghi e
generici ai benefici ambientali del prodotto offerto;
come ad esempio un claim come questi:
iv) deve essere
formulato in modo da tenere
in considerazione tutti gli
aspetti rilevanti del ciclo di
vita del prodotto;
LCA – Life Cycle Assessment
Produzione
Erogazione delle risorse
Fine vita
Trasporti
Uso
v) deve essere elaborato tenendo in considerazione la natura del
prodotto;
vi) se comparativo, deve basarsi sul confronto con beni che
soddisfano analoghi bisogni e riguardare caratteristiche essenziali,
pertinenti, verificabili e rappresentative degli stessi.
Le omissioni ingannevoli
L’articolo 22 del Codice del Consumo definisce le pratiche commerciali ingannevoli che si presentano sotto forma di omissione.
Professionista omette di fornire indicazioni che potrebbero essere utili per il consumatore, affinché
venga messo nella condizione di poter effettuare una scelta di acquisto ponderata e consapevole
Elenco di informazioni considerate rilevanti nel caso di invito all’acquisto
Nell’elenco di cui all’art. 22 c.1, è opportuno soffermarsi sulla lettera a),
in merito alle informazioni circa le caratteristiche principali del
prodotto in misura adeguata al mezzo di comunicazione e al prodotto
stesso.
Articolo 22 c.1 del Codice del Consumo
Coltiviamo alberi (ma anche
centrali a carbonio)
Una delle più grandi banche al mondo pubblicizzava un progetto di
piantumazione alberi e un piano ‘net-zero’, tacendo il fatto che al contempo
finanziava progetti di combustibili fossili.
L’Advertising Standard Authority ha stabilito che negli annunci la banca in
questione ometteva informazioni rilevanti, risultando così fuorvianti e ha
ordinato il ritiro della campagna.
Abbigliamento ‘etichettato
come sostenibile’
Una multinazionale del settore clothing ha dovuto
abbandonare l’uso di ‘schede di valutazione
ambientale’ per distinguere una linea di propri
prodotti come ‘sostenibili’, dopo che l’autorità
regolatoria olandese ha stabilito che i claim erano
basati su informazioni false e non corrispondenti ai
dati sottostanti.
Finanza verde per la
deforestazione
Una nota azienda che produce pneumatici pubblicizzava il progetto di piantumazione
con alberi della gomma per rinverdire 90.000 ettari di foresta distrutti dal
disboscamento illegale in Indonesia. L’organizzazione no-profit Mighty Earth ha
scoperto che il progetto, finanziato con 95 milioni di dollari di obbligazioni verdi era in
realtà una piantagione di gomma naturale a monocultura che ha sostituito migliaia di
ettari di habitat di oranghi, tigri ed elefanti che erano stati rasi al suolo da un’azienda,
partner locale della multinazionale che produce pneumatici.
Anche una nota
compagnia aerea è stata
attaccata per la propria
campagna
SUPER
AIRLINES
A CO2 ZERO TRIP
WITH US
L’ente pubblicitario olandese contro una
nota azienda per i claim speculativi
utilizzati
La decisione si è concentrata sulla pubblicità dell’azienda riguardo l'uso di LNG (gas naturale liquefatto) come combustibile più pulito.
L’azienda sostiene che l'LNG emette meno CO₂ rispetto ad altri combustibili, ma l'SRC ha contestato che l'azienda non ha considerato
l'impatto ambientale complessivo dell'LNG, ritenendo che non si possa definire un combustibile fossile "uno dei più puliti". L’azienda
ha affermato di continuare a usare LNG come combustibile di transizione verso il loro obiettivo di zero emissioni entro il 2050, ma
l'SRC ha giudicato tale obiettivo come troppo speculativo.
WE’RE
ECO
FRIENDLY
Dichiaro che il prodotto è ecosostenibile solo perché il
packaging viene realizzato con materiale riciclato.
Tuttavia, il prodotto (ad esempio un capo di
abbigliamento), viene realizzato con poliestere.
Termine ‘Eco Friendly’ è vago; asserzione di ecosostenibilità del
prodotto omettendo di informare su elementi negativi e non
considerando il prodotto nel suo insieme e lungo tutto il Ciclo di
Vita
Altri esempi di
claim ingannevoli
Ad esempio, sul sito web di una nota azienda alimentare si
trovava l’abbinamento di due comunicazioni apparentemente
ingannevoli,
Entrambi i claim sono vaghi, generici e non sostenuti da
informazioni di dettaglio scientificamente verificabili
- CO2=0
- “Questa impresa rispetta alti standard di impatto
ambientale e sociale positivo”.
Immagine che riproduce, a mero titolo esemplificativo, le comunicazioni riportate sul
sito web dell’azienda.
Agendadei
consumatori2020
Il 6 marzo scorso è stata pubblicata sulla Gazzetta
ufficiale dell’Unione europea la direttiva (UE) n.
2024/825 relativa alla responsabilizzazione dei
consumatori per la transizione verde.
Responsabilizzazione consumatori
e transizione verde
Obiettivi direttiva
Realizzare una maggiore partecipazione dei
consumatori all'economia circolare, in
particolare fornendo loro informazioni
migliori in merito alla durabilità e alla
riparabilità di determinati prodotti prima
della conclusione del contratto e tutelandoli
maggiormente dalle pratiche commerciali
sleali che impediscono acquisti sostenibili.
Tramite il divieto imposto ai produttori di
pubblicizzare i loro prodotti, processi o le stesse
imprese con asserzioni ambientali generiche, quali
“ecocompatibile”, “verde” o “neutrale dal punto di
vista climatico”, salvo che queste non siano
sostenute da un sistema di certificazione
accessibile al pubblico.
Disposizioni volte al contrasto
del Greenwashing
Obiettivi direttiva
Modifica di due direttive che ne tutelano gli
interessi a livello europeo:
Direttiva sulle pratiche commerciali sleali
(i.e., la Direttiva 2005/29/CE) e
Direttiva sui diritti dei consumatori (i.e., la
Direttiva 2011/83/UE).
Tutelare maggiormente i consumatori “dalle
pratiche commerciali sleali che impediscono
acquisti sostenibili,
quali ad esempio: […] l'uso di marchi di sostenibilità e
strumenti di informazione inattendibili e non
trasparenti”
Economia dell’UE circolare, pulita e
verde
Migliorare la qualità e la coerenza
dell'applicazione delle norme dell'UE in
materia di tutela dei consumatori.
Finalità perseguite
Imporre comportamenti precisi ai professionisti,
affinché questi:
non ingannino i consumatori in merito agli impatti ambientali e
sociali, alla durabilità e alla riparabilità dei prodotti;
possano presentare una dichiarazione ambientale asserendo
prestazioni ambientali future soltanto quando ciò sia sostenuto
da impegni chiari, realistici, verificabili.
Finalità perseguite
Porre in atto alcuni divieti quali ad esempio il divieto:
di esibizione di un marchio di sostenibilità che non è basato su un
sistema di certificazione;
“Esibire un marchio di sostenibilità che non è basato su un sistema
di certificazione o non è stabilito da autorità pubbliche” è una delle
pratiche commerciali ingannevoli che la Commissione europea ha
proposto di inserire, all’interno dell’Allegato I della Direttiva
2005/29/CE (come punto 2 bis), tra quelle considerate in ogni caso
sleali (la c.d. ‘black list’ di cui abbiamo detto prima).
Finalità perseguite
Porre in atto alcuni divieti quali ad esempio il divieto:
dell'uso di dichiarazioni ambientali generiche nelle attività di marketing
rivolte ai consumatori, laddove l'eccellenza delle prestazioni ambientali
del prodotto o del professionista non sia dimostrabile, a seconda della
dichiarazione, in conformità del regolamento (CE) n. 66/2010 (Ecolabel
UE), di un sistema di certificazione ecologica ufficialmente riconosciuto
negli Stati membri o di altra normativa dell'Unione applicabile;
Rischi azioni e sanzioni
L’AGCM (Autorità Garante
della Concorrenza e del
Mercato) è l’ente che
verifica e sanziona le
pratiche di greenwashing.
• Può vietare la diffusione di pubblicità ingannevoli,
• Ordinare la pubblicazione della decisione e
• Applicare sanzioni economiche:
- Da €5.000 a €10 milioni secondo la gravità e durata della violazione.
- Fino al 4% del fatturato per violazioni transnazionali (art. 21, Reg. UE 2017/2394).
Rischio
reputazionale
violazioni accertate
danneggiano l'immagine
dell'azienda, con impatti
patrimoniali significativi
Azioni legali da
parte dei
consumatori
possibile richiesta di
inibizione delle pratiche
scorrette e risarcimento dei
danni tramite azioni di classe
o individuali
Giurisprudenza e
azioni di classe
Tribunali italiani, AGCM, AIP e
associazioni consumatori
incrementano l'attenzione su
green claim ingannevoli, con
penali fino a €10.000 per ogni
giorno di mancato rispetto
dell’inibitoria.
Greenhushing
Il fenomeno del Greenhushing consiste in una pratica che
spinge le aziende a sottovalutare o addirittura tacere i propri
sforzi per la sostenibilità. Si tratta di una strategia, se così si
può definire, che appare paradossale in una fase del
mercato in cui i valori della sostenibilità rappresentano un
valore aggiunto per tutte le imprese sotto tanti e diversi
punti di vista a partire da quelli dell’ESG.
• Le aziende evitano di comunicare i
propri sforzi di sostenibilità per
timore di non soddisfare le
aspettative o di essere accusate di
greenwashing.
• Riflette la pressione che le imprese
subiscono nell'era dell'informazione e
della trasparenza.
• Le normative, come la nuova CSRD,
richiedono rendicontazioni sempre
più rigorose.
• Consumatori e organizzazioni sociali
impongono crescenti aspettative e
controlli diretti sulle pratiche
aziendali.
CONTATTO
RITA SANTANIELLO
Partner
Avvocato
Rödl & Partner
Largo Guido Donegani, 2
20121 Milano
T +39 02 6328 841
F +39 02 6328 8420
rita.santaniello@roedl.com
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La comunicazione di sostenibilità _ SMAU Milano 2024.pdf

  • 1. La comunicazione di sostenibilità come evitare il greenwashing alla luce della nuova normativa europea
  • 2. L’interesse per i temi ESG Crescono i prodotti che riportano in etichetta claim che comunicano la loro sostenibilità: ben l’83,8% negli scaffali della GDO (dati rilevati dall’Osservatorio Immagino di Gs1 Italy1, che manifestano un’attenzione sempre maggiore da parte delle aziende alle tematiche green come elemento fondamentale delle strategie commerciali e di marketing. Report "The Visionary CEO’s Guide to Sustainability 2024" di Bain & Company condotto su circa 19.000 consumatori a livello globale: sostenibilità è uno dei tre criteri principali che influenzano le decisioni d’acquisto 36% degli acquirenti pronti a cambiare fornitore se non soddisfa le aspettative in materia di sostenibilità Osservatorio Deloitte: il 59% interromperebbe o limiterebbe gli acquisti dei brand che utilizzano una comunicazione ambientale “di facciata”, ovvero il greenwashing.
  • 3. Tuttavia secondo le ricerche svolte dalla Commissione Europea la maggior parte della comunicazione di sostenibilità – alla prova dei fatti – risulta ingannevole (GREENWASHING) rappresentando una pratica commerciale ingannevole ai sensi della Direttiva 2005/29/CE, attuata nella normativa nazionale nella Parte II, Titolo III (articoli 18 ss.) del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (“Codice del Consumo”).
  • 4. La storia del greenwashing La crescente consapevolezza ambientale ha spinto le aziende a puntare su ecocompatibilità e sostenibilità. Tuttavia, molte aziende praticano il "greenwashing", ingannando i consumatori con false affermazioni ecologiche. Il greenwashing mina la fiducia dei consumatori e danneggia le aziende realmente impegnate nella sostenibilità. L'analisi evidenzia manifestazioni, impatti sociali e la necessità di normative per contrastare queste pratiche. Obiettivo: promuovere una transizione verso un consumismo più etico e responsabile.
  • 5. Il Greenwashing è un fenomeno in crescita in tutti i settori del +26% (dati 2023 EBA) e che vede il 60% delle imprese cadere almeno una volta in comunicazioni a impronta green non valide o ingannevoli (dati Nielsen). Un'indagine condotta dalla Commissione europea sotto il coordinamento della Ipcen (Consumer Protection and Enforcement Network) ha evidenziato come nel 42% dei casi le autorità abbiano ritenuto ingannevoli e non veritiere le comunicazioni green, e quindi abbiano accertato il compimento di pratiche commerciali sleali. In oltre il 50% dei casi, le aziende non hanno dato ai consumatori informazioni sufficienti per valutare quanto comunicato in materia di ecosostenibilità; nel 37% dei casi il claim conteneva formulazioni generiche, come ‘rispettoso dell’ambiente’, o ‘eco’ e nel 59% dei casi non venivano esplicitati elementi a supporto di quanto dichiarato.
  • 6. Direttiva 2005/29/CE Sulle pratiche commerciali sleali Apporta modifiche alle seguenti norme Direttiva 84/450/CEE del Consiglio Direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio Regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»). 1. Armonizzare le legislazioni degli Stati membri 2. Cristallizzare una vera e propria black list delle così dette pratiche sleali (Allegato I) Duplice obiettivo
  • 7. Direttiva 2005/29/CE Recepita in Italia tramite Decreto Legislativo 2 agosto 2007, n. 146
  • 8. Codice del Consumo l’esigenza di compiere scelte d’acquisto consapevoli sulla base di informazioni commerciali corrette e veritiere CONSUMATORE IMPRENDITORE l’esigenza di conseguire profitti vendendo il prodotto
  • 9. E’ considerata ingannevole la pratica commerciale che contiene informazioni false o che, anche se tecnicamente corrette, sono presentate in modo tale da indurre il consumatore medio in errore. Articolo 21 del Codice del Consumo Pratiche commerciali scorrette Pratiche commerciali ingannevoli Pratiche commerciali aggressive
  • 10. Tutela del consumatore Obiettivo della normativa La normativa mira a proteggere i consumatori vietando pratiche commerciali che possano portarli, sin dal primo contatto con il professionista, a prendere decisioni d'acquisto basate su informazioni fuorvianti o false.
  • 11. Tutela del consumatore Obiettivo della normativa Sulla base dell’applicazione della normativa citata, la comunicazione commerciale intesa a suggerire e/o evocare il minor impatto ambientale del prodotto offerto deve attenersi ai seguenti principi per non essere fuorviante e ingannevole: i) deve presentare il prodotto in modo chiaro, specifico, inequivocabile e accurato; ii) deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili;
  • 12. Un claim di questo tipo che non spiega quale parte del prodotto sia totalmente riciclabile, che non sia basato su esami scientifici oggettivi e verificabili - posto che peraltro allo stato della tecnica nulla è riciclabile al 100% - è con ogni probabilità da ritenersi un chiaro esempio di greenwashing.
  • 13. iii) non deve contenere riferimenti vaghi e generici ai benefici ambientali del prodotto offerto; come ad esempio un claim come questi:
  • 14. iv) deve essere formulato in modo da tenere in considerazione tutti gli aspetti rilevanti del ciclo di vita del prodotto; LCA – Life Cycle Assessment Produzione Erogazione delle risorse Fine vita Trasporti Uso
  • 15. v) deve essere elaborato tenendo in considerazione la natura del prodotto; vi) se comparativo, deve basarsi sul confronto con beni che soddisfano analoghi bisogni e riguardare caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative degli stessi.
  • 16. Le omissioni ingannevoli L’articolo 22 del Codice del Consumo definisce le pratiche commerciali ingannevoli che si presentano sotto forma di omissione. Professionista omette di fornire indicazioni che potrebbero essere utili per il consumatore, affinché venga messo nella condizione di poter effettuare una scelta di acquisto ponderata e consapevole Elenco di informazioni considerate rilevanti nel caso di invito all’acquisto
  • 17. Nell’elenco di cui all’art. 22 c.1, è opportuno soffermarsi sulla lettera a), in merito alle informazioni circa le caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di comunicazione e al prodotto stesso. Articolo 22 c.1 del Codice del Consumo
  • 18. Coltiviamo alberi (ma anche centrali a carbonio) Una delle più grandi banche al mondo pubblicizzava un progetto di piantumazione alberi e un piano ‘net-zero’, tacendo il fatto che al contempo finanziava progetti di combustibili fossili. L’Advertising Standard Authority ha stabilito che negli annunci la banca in questione ometteva informazioni rilevanti, risultando così fuorvianti e ha ordinato il ritiro della campagna.
  • 19. Abbigliamento ‘etichettato come sostenibile’ Una multinazionale del settore clothing ha dovuto abbandonare l’uso di ‘schede di valutazione ambientale’ per distinguere una linea di propri prodotti come ‘sostenibili’, dopo che l’autorità regolatoria olandese ha stabilito che i claim erano basati su informazioni false e non corrispondenti ai dati sottostanti.
  • 20. Finanza verde per la deforestazione Una nota azienda che produce pneumatici pubblicizzava il progetto di piantumazione con alberi della gomma per rinverdire 90.000 ettari di foresta distrutti dal disboscamento illegale in Indonesia. L’organizzazione no-profit Mighty Earth ha scoperto che il progetto, finanziato con 95 milioni di dollari di obbligazioni verdi era in realtà una piantagione di gomma naturale a monocultura che ha sostituito migliaia di ettari di habitat di oranghi, tigri ed elefanti che erano stati rasi al suolo da un’azienda, partner locale della multinazionale che produce pneumatici.
  • 21. Anche una nota compagnia aerea è stata attaccata per la propria campagna SUPER AIRLINES A CO2 ZERO TRIP WITH US
  • 22. L’ente pubblicitario olandese contro una nota azienda per i claim speculativi utilizzati La decisione si è concentrata sulla pubblicità dell’azienda riguardo l'uso di LNG (gas naturale liquefatto) come combustibile più pulito. L’azienda sostiene che l'LNG emette meno CO₂ rispetto ad altri combustibili, ma l'SRC ha contestato che l'azienda non ha considerato l'impatto ambientale complessivo dell'LNG, ritenendo che non si possa definire un combustibile fossile "uno dei più puliti". L’azienda ha affermato di continuare a usare LNG come combustibile di transizione verso il loro obiettivo di zero emissioni entro il 2050, ma l'SRC ha giudicato tale obiettivo come troppo speculativo.
  • 23. WE’RE ECO FRIENDLY Dichiaro che il prodotto è ecosostenibile solo perché il packaging viene realizzato con materiale riciclato. Tuttavia, il prodotto (ad esempio un capo di abbigliamento), viene realizzato con poliestere. Termine ‘Eco Friendly’ è vago; asserzione di ecosostenibilità del prodotto omettendo di informare su elementi negativi e non considerando il prodotto nel suo insieme e lungo tutto il Ciclo di Vita
  • 24. Altri esempi di claim ingannevoli Ad esempio, sul sito web di una nota azienda alimentare si trovava l’abbinamento di due comunicazioni apparentemente ingannevoli, Entrambi i claim sono vaghi, generici e non sostenuti da informazioni di dettaglio scientificamente verificabili - CO2=0 - “Questa impresa rispetta alti standard di impatto ambientale e sociale positivo”. Immagine che riproduce, a mero titolo esemplificativo, le comunicazioni riportate sul sito web dell’azienda.
  • 25. Agendadei consumatori2020 Il 6 marzo scorso è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea la direttiva (UE) n. 2024/825 relativa alla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde. Responsabilizzazione consumatori e transizione verde
  • 26. Obiettivi direttiva Realizzare una maggiore partecipazione dei consumatori all'economia circolare, in particolare fornendo loro informazioni migliori in merito alla durabilità e alla riparabilità di determinati prodotti prima della conclusione del contratto e tutelandoli maggiormente dalle pratiche commerciali sleali che impediscono acquisti sostenibili. Tramite il divieto imposto ai produttori di pubblicizzare i loro prodotti, processi o le stesse imprese con asserzioni ambientali generiche, quali “ecocompatibile”, “verde” o “neutrale dal punto di vista climatico”, salvo che queste non siano sostenute da un sistema di certificazione accessibile al pubblico. Disposizioni volte al contrasto del Greenwashing
  • 27. Obiettivi direttiva Modifica di due direttive che ne tutelano gli interessi a livello europeo: Direttiva sulle pratiche commerciali sleali (i.e., la Direttiva 2005/29/CE) e Direttiva sui diritti dei consumatori (i.e., la Direttiva 2011/83/UE). Tutelare maggiormente i consumatori “dalle pratiche commerciali sleali che impediscono acquisti sostenibili, quali ad esempio: […] l'uso di marchi di sostenibilità e strumenti di informazione inattendibili e non trasparenti” Economia dell’UE circolare, pulita e verde Migliorare la qualità e la coerenza dell'applicazione delle norme dell'UE in materia di tutela dei consumatori.
  • 28. Finalità perseguite Imporre comportamenti precisi ai professionisti, affinché questi: non ingannino i consumatori in merito agli impatti ambientali e sociali, alla durabilità e alla riparabilità dei prodotti; possano presentare una dichiarazione ambientale asserendo prestazioni ambientali future soltanto quando ciò sia sostenuto da impegni chiari, realistici, verificabili.
  • 29. Finalità perseguite Porre in atto alcuni divieti quali ad esempio il divieto: di esibizione di un marchio di sostenibilità che non è basato su un sistema di certificazione; “Esibire un marchio di sostenibilità che non è basato su un sistema di certificazione o non è stabilito da autorità pubbliche” è una delle pratiche commerciali ingannevoli che la Commissione europea ha proposto di inserire, all’interno dell’Allegato I della Direttiva 2005/29/CE (come punto 2 bis), tra quelle considerate in ogni caso sleali (la c.d. ‘black list’ di cui abbiamo detto prima).
  • 30. Finalità perseguite Porre in atto alcuni divieti quali ad esempio il divieto: dell'uso di dichiarazioni ambientali generiche nelle attività di marketing rivolte ai consumatori, laddove l'eccellenza delle prestazioni ambientali del prodotto o del professionista non sia dimostrabile, a seconda della dichiarazione, in conformità del regolamento (CE) n. 66/2010 (Ecolabel UE), di un sistema di certificazione ecologica ufficialmente riconosciuto negli Stati membri o di altra normativa dell'Unione applicabile;
  • 31. Rischi azioni e sanzioni L’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) è l’ente che verifica e sanziona le pratiche di greenwashing. • Può vietare la diffusione di pubblicità ingannevoli, • Ordinare la pubblicazione della decisione e • Applicare sanzioni economiche: - Da €5.000 a €10 milioni secondo la gravità e durata della violazione. - Fino al 4% del fatturato per violazioni transnazionali (art. 21, Reg. UE 2017/2394).
  • 32. Rischio reputazionale violazioni accertate danneggiano l'immagine dell'azienda, con impatti patrimoniali significativi Azioni legali da parte dei consumatori possibile richiesta di inibizione delle pratiche scorrette e risarcimento dei danni tramite azioni di classe o individuali Giurisprudenza e azioni di classe Tribunali italiani, AGCM, AIP e associazioni consumatori incrementano l'attenzione su green claim ingannevoli, con penali fino a €10.000 per ogni giorno di mancato rispetto dell’inibitoria.
  • 33. Greenhushing Il fenomeno del Greenhushing consiste in una pratica che spinge le aziende a sottovalutare o addirittura tacere i propri sforzi per la sostenibilità. Si tratta di una strategia, se così si può definire, che appare paradossale in una fase del mercato in cui i valori della sostenibilità rappresentano un valore aggiunto per tutte le imprese sotto tanti e diversi punti di vista a partire da quelli dell’ESG. • Le aziende evitano di comunicare i propri sforzi di sostenibilità per timore di non soddisfare le aspettative o di essere accusate di greenwashing. • Riflette la pressione che le imprese subiscono nell'era dell'informazione e della trasparenza. • Le normative, come la nuova CSRD, richiedono rendicontazioni sempre più rigorose. • Consumatori e organizzazioni sociali impongono crescenti aspettative e controlli diretti sulle pratiche aziendali.
  • 34. CONTATTO RITA SANTANIELLO Partner Avvocato Rödl & Partner Largo Guido Donegani, 2 20121 Milano T +39 02 6328 841 F +39 02 6328 8420 rita.santaniello@roedl.com