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Il Cinquecento
Giorgione
Tiziano
Correggio
Giorgione da Castelfranco (1477/1478-1510)
Nel 148571487 si trasferisce a
Venezia e frequenta la bottega
del già famoso Giovanni Bellini.
Dal maestro egli apprende il
gusto per il colore e l’attenzione
per i paesaggi.
In breve aprirà la sua bottega,
punto di riferimento artistico e
culturale della sua città, oltre che
del giovane Tiziano Vecellio.
Amante della musica, Giorgione
dipinge quasi esclusivamente per
per una selezionata committenza
patrizia, della quale condivide i
gusti raffinati e gli ideali
umanistici.
Morirà di peste all’età di
trent’anni nel 1510.
La tempesta (1502/1503)
L’opera è stata commissionata da
Gabriele Vendramìn, collezionista e
mecenate di una delle più importanti
famiglie veneziane.
In primo piano, a destra, una donna
semi-svestita che allatta una
bambino, forse Eva con il piccolo
Caino, e a sinistra un uomo in piedi
abbigliato secondo la moda
veneziana dell’epoca, appoggiato ad
un’asta, probabile rappresentazione
di Adamo. Secondo questa
interpretazione, la citta alle spalle
dei due giovani sarebbe Even, e il
fulmine rappresenterebbe il
Creatore.
Un’altra versione vuole che la
donna sia Venere e l’uomo Marte
nei costumi della zingara e di un
soldato. Il fulmine in questione
rappresenterebbe Giove.
Un’ulteriore interpretazione identificherebbe la scena con il ritrovamento
del piccolo Mosè, quando viene salvato dalle acque dalla figlia del
faraone. In questo caso la città sullo sfondo risulterebbe essere
Gerusalemme.
La ricchezza di riferimenti simbolici ha rappresentato un vero e proprio
enigma del corso degli anni, tanto è vero che le interpretazioni suggerite
sono più di trenta.
«Un’ opera piena di
riferimenti simbolici...»
Venere DormienteSituata nella Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda, quest’opera rappresenta la dea
dell’amore colta in un momento di dolce abbandono, morbidamente adagiata su soffici
coltri accomodate in mezzo ad un prato. Attraverso l’innocenza del volto, ruotato
frontalemente, e le rilassate membra, disposte parallelamente alla diagonale del dipinto,
possiamo comprendere l’intenzione di Giorgione che non voleva ritrarre una dea, quanto
una semplice donna, il cui fascino risiede nella inconsapevolezza della propria nudità.
Alla bellezza umana corrisponde
quella della natura e del
paesaggio che circondano la dea.
Alla realizzazione di suddetto
paesaggio ha partecipato,
secondo la tradizione, anche
Tiziano. Questa evenenzia crea
un ponte tra la pittura di
Giorgione e Tiziano, che arriverà
ad essere il più venerato pittore
del Rinascimento veneto.
Tiziano (1488/1490-1576)
«El pintor primero» di Carlo V
Nacque a Pieve di Cadore, ora in
provincia di Belluno, intorno al
1488/1490 e muore di peste a
Venezia il 27 Agosto del 1576.
Entra nella cerchia di Giovanni
Bellini e in seguito nella bottega di
Giorgione dove approfondisce lo
studio del tonalismo. Del maestro in
particolare assimila la sensibilità
artistica e la tecnica del colore
riuscendo a realizzare opere
omogenee a quelle di Giorgione.
Nonostante ciò, Tiziano riesce a maturare uno stile molto personale che prevede un uso dei
colori del tutto nuovo, stendendoli in modo rapido e a volte anche impreciso, senza disegni
preparatori e con poco scrupolo nei contorni. La pittura che ne deriva è di grande
immediatezza e di forte espressività.
«Cammina di pari passo con la natura: onde
ogni figura è viva, si muove, e le carni tremano».
La pittura che deriva dalla rappresentazione del soggetto senza disegno
preparatorio e con un uso nuovo del colore gli conferisce una vivezza e
un realismo fino ad allora sconosciuti.
Dopo le morti di Giorgione e Bellini, la sua carriera è tutta un crescendo
di fama e successo.
Grazie all’amicizia con il letterato Pietro Aretino 81492-1556),
rifugiatosi a Venezia dopo il Sacco di roma, Tiziano entra in contatto
con altre corti italiane e con molte corti europee nelle quali l’artista
godeva di stima e credito altissimi. Nel 1533 diventerà addirittura «el
pintòr priméro» dell’imperatore Carlo V, per il quale realizzerà numerosi
ritratti di straordinaria profondità psicologica.
Nel 1552 rientra a Venezia e impianta una bottega nella quale allievi e
aiuti realizzano dipinti con modi «tiziani», riservando a se stesso le
opere più prestigiose.
Prosegue nella sperimentazione di tecniche di pittura, tanto è vero che
arriverà a dipingere quasi senza pennelli, addensando o stendendo il
colore anche solo con le sue dita.
Pala dell’Assunta (1514/1515)
«cominciarono le genti a stupir della
nuova maniera trovata in Veneia da
Tiziano»
Il dipinto, olio su tavola di enormi dimensioni,
rappresenta l’assunzione in cielo di Maria.
L’opera si divide in tre registri narrativi: in basso
sono rappresentati i Dodici Apostoli, il cui
concitato gesticolare rende con estremo
realismo il senso di meraviglia e di incredulità;
rappresentat al centro del quadro vi è la
Vergine, con il piede destro quasi del tutto
sollevato e le braccia e il volto rivolti al
Creatore, con il volto gioioso e rincuorato;
infine, il terzo registro narrativo è proprio Dio,
rappresentato in chiaroscuro a causa
dell’immenso bagliore attorno alla Vergine.
Le vesti rosse dei due Apostoli e di Maria
danno luogo alla rappresentazione di un
triangolo che rimanda all’unione simbolica tra
cielo e terra.
Venere di Urbino (1515/1520)
Conservata alla Galleria degli
Uffizi, l’opera rappresenta una
donna distesa su un letto in
primo piano. La Venere di
Urbino presenta caratteristiche
ben diverse dalla Venere distesa
di Giorgione, a partire
dall’ambientazione, che non è
all’aperto, ma all’interno di una
ricca casa patrizia. Gli unici
accenni alla natura sono forniti
dalle fronde di un albero che si
intravedono attraverso
un’apertura colonnata e da una
pianta ornamentale.
La Venere di Tiziano non è sola, infatti possiamo notare due frantesche, una in
piedi e una inginocchiata di spalle, nell’atto realistico di portare delle vesti alla sua
padrona. Infine ai piedi del letto dorme un cagnolino acciambellato, simbolo di
fedeltà coniugale. L’ambientazione complessiva ci conferma infatti che la fanciulla
non è una dea ma una donna vera.
Il Correggio (1489-1534)
Dall’ispirazione mitologica all’anticipazione della fantasia barocca.
Antonio Allegri nasce nel 1489 a
Correggio, piccola cittadina nel reggio
Emilia, dove vi muore nel 1534.
L’identificazione dello pseudonimo del
pittore con il suo paese natale è evidenza
dell’importanza del suo luogo d’origine
nella sua formazione.
Il correggio, nonstante la lontananza dai
grandi centri culturali, riesce a maturare
una straordinaria tecnica pittorica che ci
fa supporre una sua presenza a Mantova
e forse anche un breve viaggio a Roma. In
ogni caso ogni contatto con i maggiori
esempi del rinascimento serviranno solo
a stimolare la sua fantasia inventiva.
Assunzione di Maria nella Cupola del
Duomo di Parma (1526/1530)
In quest’opera i personaggi
sembrano roteare nel cielo
immaginario di Correggio e
anche la Vergine partecipa, con
gli occchi e le braccia levati in
alto, al soprannaturale volo che
la porterà al centro del dorato
vortice di luce.
L’opera è animata da un senso
di movimento fino ad allora
sconosciuto, sebbene i
contemporanei dell’artista
arrivarono a definirla un
«guazzetto di rane».
Invece, è proprio in essa che riconosciamo buona parte dell’arte decorativa barocca,
nella quale l’immaginazione ha il sopravvento sulla razionalità e la ricerca del bello non
si fa più limitando la natura.
«Rovesciate la cupola, riempitela
d’oro e non l’avrete ancora
pagata a sufficienza».
Fine.
-Tiziano

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  • 2. Giorgione da Castelfranco (1477/1478-1510) Nel 148571487 si trasferisce a Venezia e frequenta la bottega del già famoso Giovanni Bellini. Dal maestro egli apprende il gusto per il colore e l’attenzione per i paesaggi. In breve aprirà la sua bottega, punto di riferimento artistico e culturale della sua città, oltre che del giovane Tiziano Vecellio. Amante della musica, Giorgione dipinge quasi esclusivamente per per una selezionata committenza patrizia, della quale condivide i gusti raffinati e gli ideali umanistici. Morirà di peste all’età di trent’anni nel 1510.
  • 3. La tempesta (1502/1503) L’opera è stata commissionata da Gabriele Vendramìn, collezionista e mecenate di una delle più importanti famiglie veneziane. In primo piano, a destra, una donna semi-svestita che allatta una bambino, forse Eva con il piccolo Caino, e a sinistra un uomo in piedi abbigliato secondo la moda veneziana dell’epoca, appoggiato ad un’asta, probabile rappresentazione di Adamo. Secondo questa interpretazione, la citta alle spalle dei due giovani sarebbe Even, e il fulmine rappresenterebbe il Creatore.
  • 4. Un’altra versione vuole che la donna sia Venere e l’uomo Marte nei costumi della zingara e di un soldato. Il fulmine in questione rappresenterebbe Giove. Un’ulteriore interpretazione identificherebbe la scena con il ritrovamento del piccolo Mosè, quando viene salvato dalle acque dalla figlia del faraone. In questo caso la città sullo sfondo risulterebbe essere Gerusalemme. La ricchezza di riferimenti simbolici ha rappresentato un vero e proprio enigma del corso degli anni, tanto è vero che le interpretazioni suggerite sono più di trenta. «Un’ opera piena di riferimenti simbolici...»
  • 5. Venere DormienteSituata nella Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda, quest’opera rappresenta la dea dell’amore colta in un momento di dolce abbandono, morbidamente adagiata su soffici coltri accomodate in mezzo ad un prato. Attraverso l’innocenza del volto, ruotato frontalemente, e le rilassate membra, disposte parallelamente alla diagonale del dipinto, possiamo comprendere l’intenzione di Giorgione che non voleva ritrarre una dea, quanto una semplice donna, il cui fascino risiede nella inconsapevolezza della propria nudità. Alla bellezza umana corrisponde quella della natura e del paesaggio che circondano la dea. Alla realizzazione di suddetto paesaggio ha partecipato, secondo la tradizione, anche Tiziano. Questa evenenzia crea un ponte tra la pittura di Giorgione e Tiziano, che arriverà ad essere il più venerato pittore del Rinascimento veneto.
  • 6. Tiziano (1488/1490-1576) «El pintor primero» di Carlo V Nacque a Pieve di Cadore, ora in provincia di Belluno, intorno al 1488/1490 e muore di peste a Venezia il 27 Agosto del 1576. Entra nella cerchia di Giovanni Bellini e in seguito nella bottega di Giorgione dove approfondisce lo studio del tonalismo. Del maestro in particolare assimila la sensibilità artistica e la tecnica del colore riuscendo a realizzare opere omogenee a quelle di Giorgione. Nonostante ciò, Tiziano riesce a maturare uno stile molto personale che prevede un uso dei colori del tutto nuovo, stendendoli in modo rapido e a volte anche impreciso, senza disegni preparatori e con poco scrupolo nei contorni. La pittura che ne deriva è di grande immediatezza e di forte espressività.
  • 7. «Cammina di pari passo con la natura: onde ogni figura è viva, si muove, e le carni tremano». La pittura che deriva dalla rappresentazione del soggetto senza disegno preparatorio e con un uso nuovo del colore gli conferisce una vivezza e un realismo fino ad allora sconosciuti. Dopo le morti di Giorgione e Bellini, la sua carriera è tutta un crescendo di fama e successo. Grazie all’amicizia con il letterato Pietro Aretino 81492-1556), rifugiatosi a Venezia dopo il Sacco di roma, Tiziano entra in contatto con altre corti italiane e con molte corti europee nelle quali l’artista godeva di stima e credito altissimi. Nel 1533 diventerà addirittura «el pintòr priméro» dell’imperatore Carlo V, per il quale realizzerà numerosi ritratti di straordinaria profondità psicologica. Nel 1552 rientra a Venezia e impianta una bottega nella quale allievi e aiuti realizzano dipinti con modi «tiziani», riservando a se stesso le opere più prestigiose. Prosegue nella sperimentazione di tecniche di pittura, tanto è vero che arriverà a dipingere quasi senza pennelli, addensando o stendendo il colore anche solo con le sue dita.
  • 8. Pala dell’Assunta (1514/1515) «cominciarono le genti a stupir della nuova maniera trovata in Veneia da Tiziano» Il dipinto, olio su tavola di enormi dimensioni, rappresenta l’assunzione in cielo di Maria. L’opera si divide in tre registri narrativi: in basso sono rappresentati i Dodici Apostoli, il cui concitato gesticolare rende con estremo realismo il senso di meraviglia e di incredulità; rappresentat al centro del quadro vi è la Vergine, con il piede destro quasi del tutto sollevato e le braccia e il volto rivolti al Creatore, con il volto gioioso e rincuorato; infine, il terzo registro narrativo è proprio Dio, rappresentato in chiaroscuro a causa dell’immenso bagliore attorno alla Vergine. Le vesti rosse dei due Apostoli e di Maria danno luogo alla rappresentazione di un triangolo che rimanda all’unione simbolica tra cielo e terra.
  • 9. Venere di Urbino (1515/1520) Conservata alla Galleria degli Uffizi, l’opera rappresenta una donna distesa su un letto in primo piano. La Venere di Urbino presenta caratteristiche ben diverse dalla Venere distesa di Giorgione, a partire dall’ambientazione, che non è all’aperto, ma all’interno di una ricca casa patrizia. Gli unici accenni alla natura sono forniti dalle fronde di un albero che si intravedono attraverso un’apertura colonnata e da una pianta ornamentale. La Venere di Tiziano non è sola, infatti possiamo notare due frantesche, una in piedi e una inginocchiata di spalle, nell’atto realistico di portare delle vesti alla sua padrona. Infine ai piedi del letto dorme un cagnolino acciambellato, simbolo di fedeltà coniugale. L’ambientazione complessiva ci conferma infatti che la fanciulla non è una dea ma una donna vera.
  • 10. Il Correggio (1489-1534) Dall’ispirazione mitologica all’anticipazione della fantasia barocca. Antonio Allegri nasce nel 1489 a Correggio, piccola cittadina nel reggio Emilia, dove vi muore nel 1534. L’identificazione dello pseudonimo del pittore con il suo paese natale è evidenza dell’importanza del suo luogo d’origine nella sua formazione. Il correggio, nonstante la lontananza dai grandi centri culturali, riesce a maturare una straordinaria tecnica pittorica che ci fa supporre una sua presenza a Mantova e forse anche un breve viaggio a Roma. In ogni caso ogni contatto con i maggiori esempi del rinascimento serviranno solo a stimolare la sua fantasia inventiva.
  • 11. Assunzione di Maria nella Cupola del Duomo di Parma (1526/1530) In quest’opera i personaggi sembrano roteare nel cielo immaginario di Correggio e anche la Vergine partecipa, con gli occchi e le braccia levati in alto, al soprannaturale volo che la porterà al centro del dorato vortice di luce. L’opera è animata da un senso di movimento fino ad allora sconosciuto, sebbene i contemporanei dell’artista arrivarono a definirla un «guazzetto di rane». Invece, è proprio in essa che riconosciamo buona parte dell’arte decorativa barocca, nella quale l’immaginazione ha il sopravvento sulla razionalità e la ricerca del bello non si fa più limitando la natura.
  • 12. «Rovesciate la cupola, riempitela d’oro e non l’avrete ancora pagata a sufficienza». Fine. -Tiziano