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16 Pagine - Numero11
B o u t i q u e
Via Selva 83 - Altamura
Aperto ogni domenica
h 18 - 21
1
Il corpo, palcoscenico dell’anima
Se è vero che l’uomo è un animale politico la cui esistenza non può prescindere dall’interazione, è anche
certo che la parola non sia l’unico mezzo con cui egli si esprime. Non solo. Secondo studi compiuti alla
fine degli anni ’60 dallo psicologo Albert Mehrabian le parole costituiscono il 7% della comunicazione,
mentre il 38% è destinato al tono della voce, al ritmo, al volume. A questo punto sembra logico chieder-
si: da dove proviene il restante 55%?
Esiste una comunicazione non verbale legata a gesti e mimiche facciali spesso compiute inconsape-
volmente. A differenza di quanto si possa pensare non siamo al riparo nemmeno da noi stessi: il corpo
è un libro aperto pronto a svelare quanto di più intimo celiamo.
Sorgono dunque alcune domande.
Si può controllare la comunicazione non verbale?
Molti sostengono che i messaggi del corpo siano incontrollabili perché genuini. In realtà in base a
personalità e stato d’animo è possibile mettere a tacere –almeno in parte– il proprio corpo. Ci sono indi-
vidui asettici che ingannano persino la macchina della verità e persone altamente emotive che faticano
a trattenere le loro emozioni.
Come smascherare un bugiardo?
Spesso l’incongruenza tra gesti e parole inchioda il bugiardo: può dirci di essere a suo agio in una situ-
azione ma ha un piede orientato verso una via di fuga o di andare d’accordo con il capo ma contrae la
mano sinistra in un pugno. In genere chi mente, se seduto, tiene le mani sotto le gambe, porta la mano
sinistra, lato emotivo del corpo, davanti a sé e tende a manipolare il primo oggetto che gli capita a tiro.
Il bugiardo finge anche quando sorride: abbiamo almeno cinquanta sorrisi diversi e una risata è auten-
tica quando anche gli occhi “ridonoâ€. Paradossalmente chi mente guarda negli occhi il suo interlocutore
proprio per non dare l’idea di raccontare fandonie.
Destiamo interesse in chi ci ascolta?
L’interesse di qualcuno è direttamente proporzionale alla tensione della sua muscolatura: basti pensare
al tifoso di calcio allo stadio! Se un argomento risulta piacevole l’interlocutore si comporterà come
davanti ad un cibo gustoso o una donna attraente, leccandosi le labbra o toccandosi ripetutamente i
capelli.
Come capire se piacciamo a qualcuno?
Il corteggiamento é una situazione spinosa dato che chi flirta vuole comunicare il suo interesse, ma
teme di essere respinto. Quello che viene fuori é inevitabilmente una comunicazione ambigua e piena
di contraddizioni. Tralasciando le differenze uomo-donna e i metodi rispettivamente grossolani e mal-
iziosi di conquista, esistono segnali “unisex†come la dilatazione delle pupille o lo sguardo rivolto verso
occhi e labbra altrui. Altro sintomo di piacere é la frequenza dell’ammiccamento palpebrale: le ciglia
vengono sbattute fino a quattro volte più veloce.
Che lo si voglia o meno, è quindi impossibile non comunicare. Ed è proprio nel silenzio più profondo
che l’anima racconta se stessa in una performance di movimenti sul palcoscenico del corpo.
A cura di Elena Altamura
16 Pagine Magazine | Scienza
2
A cura di Dora Farina
Che si è mess
il nostro c
G
entile mio lettore, quello che ti stai accingendo a
leggere non è il più consueto degli articoli.
Ti verrà a breve chiesto di porti in piedi e seguire delle indi-
cazioni, prassi del tutto inconciliabile con chi ancora rimanda i buoni
propositi post-natalizi dell’iscrizione in palestra, anche se sono fi-
duciosa nella riuscita dell’esperimento. Si comincia.
Mettiti in una posizione eretta, con i piedi distanziati circa 25 cm
l’uno dall’altro e fletti il busto in avanti fino a toccare il pavimento
con le dita delle mani. Le ginocchia dovrebbero essere leggermente
piegate. Lascia andare la testa il più in giù possibile e respira a fondo
con la bocca. Concentra il peso del corpo in avanti in modo che stia
sugli avampiedi. Mantieni la posizione per circa un minuto.
Se avrai seguito le indicazioni alla lettera, avrai avvertito una stra-
na ma piacevole vibrazione sulle tue gambe nel momento in cui i
tuoi piedi hanno cominciato a premere sul pavimento.
L’esercizio a cui sei stato sottoposto è alla base degli studi della
bioenergetica. Il fenomeno che si è venuto a creare è definito da
Alexander Lowen, medico e psicoterapeuta fondatore della bioen-
ergetica, come ‘grounding’. Seguendo questa procedura il soggetto
abbassa il proprio centro di gravità e si sente più vicino alla terra
con il risultato immediato di vedere aumentato il proprio senso
di sicurezza.
L’esperimento di Lowen ci permette di spiegare quelle sensa-
zioni, frutto delle nostre emozioni, che hanno delle ripercussioni
strettamente fisiche. Chi, infatti, almeno una volta nella sua vita non
ha detto frasi come “mi sento stringere il cuoreâ€, “sento un vuoto
dentroâ€, e così via.
Il corpo possiede un canale noto come “propriocettivo†che cos-
tituisce quel “sesto senso†che ci permette di sentire dall’interno, a
differenza di tutti gli altri sensi che registrano informazioni proveni-
enti dall’esterno: suoni, odori, colori, sapori. Il nostro corpo è anche
archivio di memorie: muscoli, organi ed ossa trattengono i nostri
vissuti e le nostre esperienze.
La mente può dimenticare, il corpo no.
Il pensiero delle corporeità, che trova il suo fulcro nella filosofia ni-
etzscheana, non vuol sottintendere tuttavia, nel modo più assoluto,
l’esistenza di una sorta di primato al corpo. È nel contatto con il pro-
prio corpo, con le proprie emozioni, con il proprio viscerale, che un
soggetto accresce l’armonia con sé. Mente e corpo sono fenomeni
che hanno il medesimo “humus energeticoâ€.
Articolo interattivo
e lezioni di bioenergetica
3
A questo punto la domanda sorge spontanea: Siamo il
nostro corpo o la nostra mente? Si immagini che in un fu-
turo non troppo lontano, sia possibile eseguire un trapianto
di cervello. Uno folle e romanzesco scienziato potrebbe ser-
virsi di un povero malcapitato, il cui nome supponiamo es-
sere Mario, ed asportargli l’encefalo. Il nostro scienziato po-
trebbe in seguito agguantare un altro povero malcapitato, di
nome Paolo, ed esportare anche il suo encefalo, trapiantan-
dolo nel corpo di Mario e creando così un nuovo soggetto:
Maolo! Maolo ha il cervello di Paolo: avrà dunque i ricordi di
Paolo, si comporterà come Paolo, conoscerà cose che solo
Paolo può sapere, crederà di essere Paolo! Eppure, Maolo
non è Paolo: è Mario!
A questo proposito, nel corso del XXI secolo si sono svilup-
pate due correnti di pensiero del tutto in contrasto tra loro:
da un lato si è consolidata una concezione di uomo che coin-
cide con l’insieme dei suoi stati mentali e psicologici, e dall’al-
tro lato, una teoria “animalista†che predilige invece il corpo
e i suoi impulsi vitali. La prima richiede agli individui di essere
efficienti e produttivi, mantenendo per la maggior parte del
tempo un comportamento basato sul capire e sul fare, più
che sul sentire. La seconda invece, più aderente alla società
odierna, marchiata a fuoco da quel peccato conosciuto come
“culto dell’immagine di séâ€, esalta l’aspetto corporale. Si os-
serva il proprio corpo dall’esterno e non lo si vive dall’inter-
no. Si tratta della distanza tra vedersi vivere o vivere. Non
siamo abituati a pensare alla personalità in termini di
energia, ma le due cose non possono essere disgiunte. Il
carattere è il terreno comune a psiche e soma. Valga a chiari-
mento un paragone.
Si pensi ad un cavallo e a un cavaliere. Il cavaliere, con il suo
controllo cosciente della direzione e della velocità, funge
da testa; il cavallo fornisce la forza e la sicurezza che garan-
tiscono al cavaliere di essere portato dove desidera. Se il cav-
aliere perdesse la coscienza, il cavallo, nella maggior parte
dei casi, lo porterebbe in salvo a casa. Ma se crollasse il ca-
vallo, il cavaliere sarebbe virtualmente impotente e non
potrebbe far altro di meglio che avviarsi a piedi verso la
sua meta. La bioenergetica si pone come obiettivo quello di
aprire la strada all’espressione di sé e reinstaurare nel corpo
il flusso delle sensazioni.
Come scriveva Nietzsche: «Il sé cerca con gli occhi dei sensi
e ascolta anche con le orecchie dello spirito» (tratto da Così
parlò Zarathustra)
Scienza | 16 Pagine Magazine
messo in testa
ro corpo?
16 Pagine Magazine | Curiosità
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Ma come ti svesti?
A cura di Lidia Passarelli
I
l corpo è strettamente connesso alla nostra mente, è
un mezzo necessario a tradurre la volontà e i pensieri
dell’uomo in azioni.
Possiamo definirlo la scatola che contiene la vera essenza di ogni
individuo, l’arma a doppio taglio che a seconda dei contesti gioca
a nostro favore o si rivela del tutto fuori luogo, risultando talvolta
un elemento che crea imbarazzo e che bisogna coprire. Il corpo di
ognuno di noi può essere grande espressione di libertà, ma anche
causa di ingestibile vergogna. Spesso ci permette di accentuare o
valorizzare la nostra personalità, lasciando trapelare attraverso di
esso modi di fare, atteggiamenti, espressioni che ci caratterizzano e
che quindi ci contraddistinguono.
Spesso l’originalità di qualcuno ci viene comunicata tramite segnali
che possono essere colti a primo impatto. Un esempio è il tipo di
abbigliamento. Questo meccanismo che pare quasi del tutto natu-
rale è in realtà legato alla cultura prettamente occidentale, la quale
ha abituato la società, ad essa interna, ad associare l’idea del corpo
a qualcosa da coprire. Il venir meno a queste regole quasi discipli-
nari verranno tradotte in mancanza di pudore.
Immaginate se ognuno di noi si estraniasse da questa associazione
corpo-pudore esprimendo (in contesti ordinari e non artistici) un
animo ad esempio libero con un corpo altrettanto “liberoâ€.
Secondo la cultura occidentale la nudità è da sempre stata una
conseguenza di arretratezza di un popolo, una caratteristica pret-
tamente degli uomini primitivi, animaleschi e selvaggi.
Questa concezione nacque quando l’Europa divenne protagonista
di viaggi che la portarono alla scoperta di nuove Terre e al con-
fronto con le popolazioni che vi abitavano. Nei diari e resoconti di
viaggiatori si riscontra che la nudità degli indigeni colpiva l’uomo
occidentale che veniva indotto a giudicarli attardati, su un livello
evolutivo inferiore, ignari delle regole morali e civili. Secondo mol-
tissime culture differenti dalla nostra, tuttavia, la nudità non è una
mancanza di pudore né di senso civile. Ogni società stabilisce ciò
che deve essere coperto e ciò che può restare senza indumenti.
Nella stragrande maggioranza dei gruppi umani, le parti del corpo
da coprire sono gli organi genitali. Ad esempio in Giappone tale nor-
ma è già contenuta nella lingua: la sillaba IN, che significa “nascosto,
oscurità, ombraâ€, è presente in diversi termini legati alle parti intime
tra cui inbu (genitale). Nei villaggi tangba del Benin (Africa occiden-
tale), invece, esistono addirittura delle suddivisioni sociali scandite
dalla nudità: i boro-te (sacerdoti della terra), che rappresentano i
discendenti dei clan autoctoni, non possono indossare altri indu-
menti oltre il perizoma.
La nudità è, secondo i boro- te, l’unico “indumento†derivante dagli
antenati a contrasto con il resto delle importazioni di origine stra-
niera.
La nudità diventa quindi un costume e al contempo il simbolo del
legame con le proprie radici. Secondo la stessa cultura africana, il
seno della donna non fa parte degli elementi corporei da coprire. Di
fatti non è associato alla sfera sessuale ma piuttosto alla maternità
e, in quanto tale, essendo deputato allo svolgimento dell’atti-
vità di allattamento, risulta comodo lasciarlo scoperto. Al contrario
sono le cosce a dover essere rigorosamente coperte poiché definite
elemento provocatorio ed associato quindi al pudore.
Un altro caso emblematico in cui la nudità assume la funzione di
“abito†è il movimento nudista, interno alla cultura occidentale. I
nudisti degli anni Venti del 20° secolo erano soliti utilizzare espres-
sioni curiose come “abito naturaleâ€, “vestito di luceâ€, “abito di Dioâ€.
Secondo questa ideologia il pudore è connesso non tanto con il co-
prirsi quanto con il controllo dello sguardo. Il fissare con gli occhi un
corpo nudo significa “spogliarlo†veramente.
Fondamentale è, in questo contesto, il senso di pudore interno e
quindi l’educarsi a guardare un corpo nudo in modo discreto senza
soffermarsi sulle parti intime. Di risposta avremo dei corpi sì nudi
ma attenti a non assumere pose provocanti bensì adeguate anche
in contesti più formali.
Dunque se vi capita di trovarvi in una spiaggia di nudisti occhio a
dove posare lo sguardo, potreste far sentire qualcuno denudato
per davvero!
Società | 16 Pagine Magazine
Una vita in apnea
P
olmoni contratti; occhi sgranati; pelle bluastra.
Mancanza di ossigeno, soffocamento.
Sicuri del fatto che tutto questo debba necessariamente es-
sere ricondotto ad una situazione sgradevole? Lo è soffocare una
rivoluzione, soffocare l’ignoranza, il malsano furore che la gente
alimenta bendandosi gli occhi per non osservare la realtà?
Partiamo dal principio. È indubbio che restare senza fiato possa
spaventare e talvolta uccidere. Il battito accelerato o debole, il
sangue che defluisce con fatica e gli apparati che riescono a stento
a svolgere il proprio lavoro, quasi una sorta di rifiuto verso se stessi.
Come affermava tuttavia l’intellettuale polacco Ryszard
Kapuscinski, il principale problema dell’uomo è il non lasciarsi invis-
chiare nella quotidianità, non abbandonandosi al dolce frastuo-
no del chiacchiericcio e della routine. Erra, dunque, anche chi sof-
foca l’inutile curiosità per le cose marginali, sterili, di nessun conto.
Cuori grandi ma vuoti, poche stanze e pochi ospiti. Chi ci entra si
sente soffocare e opprimere dal rimbombo della solitudine e dalla
tristezza, sentimenti che scaturiscono dalla non voglia della gente
di prendere una boccata d’aria pulita, dalla non voglia di respirare a
pieni polmoni, non godendosi l’esistenza.
C’è il pericolo concreto di divenire schiavi di una società che de-
sidera vedere l’uomo intrappolato come un uccello rinchiuso nella
propria gabbia, privato del privilegio di apprezzare le mille sfaccet-
tature della vita. È la società ad imporsi su di noi dettandoci “rego-
le†e schemi o siamo noi deboli nel non voler rischiare andando
controcorrente? Semplici ma essenziali gli elementi necessari per
poter rispondere a tale quesito.
La vita potrebbe essere in grado di tramutarsi in una vera e sana
rivoluzione se soltanto ognuno di noi riuscisse ad andare oltre quei
parametri che il mondo pone dinanzi alla nostra esistenza come
fossero muri invalicabili da cui non si riesce ad intravedere ciò che
l’altra parte nasconde.
Si pensi alle corse frenate e mai continuate per paura di restare
senza fiato, a tutte quelle situazioni in cui la società ci rende difficile
raggiungere ogni nostro obiettivo, frapponendo tra l’uomo e la sua
meta ostacoli insormontabili. Per questo, proprio per que-
sto, sarebbe auspicabile una accurata revisione di ogni standard
che la società impone, soffocando ciò che proviene dall’esterno, af-
finché le cose possano cambiare realmente, oppure, in modo ancor
più incisivo, affinché l’uomo possa sentirsi libero di rivelare ogni suo
aspetto senza alcuna paura, senza aver timore di quelli che sono gli
occhi cattivi del mondo.
Adesso, dunque, chiedetevi se siamo stati davvero noi a scegliere di
vivere continuamente nel vittimismo e se la cosa più giusta da fare
sia davvero continuare a subire, a rimanere in silenzio, trascorren-
do un’intera vita in apnea. Scegliete voi la risposta più semplice
o quella più comoda ma abbiate la forza di esaltare la vostra scelta
e, laddove scegliate di essere liberi, trovate dentro voi stessi l’onda
giusta, quella che potrà guidarvi verso oceani sterminati quali l’in-
dipendenza, il benessere, l’ostinazione, la curiosità e soprattutto la
voglia di scoprire il mondo respirando le emozioni e le sensazioni
più positive che la vita sa regalare, accantonando la paura di poter
rimanere in trappola, soffocati.
Ryszard Kapuscinski
è stato un giornalista, scrittore e saggista
polacco. Nel 2003 ha vinto il Premio Princi-
pe delle Asturie per la categoria Comunica-
zione ed umanità.A cura di Marianna Dirienzo
16 Pagine Magazine | Categoria
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www.sipremsrl.it
Categorie | 16 Pagine Magazine
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16 Pagine Magazine | Arte
Da morto voglio
plastinare il mio corpo
A cura di Michele Pellegrino
K
örperwelten. Body Worlds. I mondi del corpo. Un titolo poet-
ico per un’esibizione itinerante che si trova al centro tra l’ar-
te, il grottesco e la didascalia. A detta dell’ideatore di questa
mostra, il dottor Gunther von Hagens, Body Worlds è innanzitutto
un modo per insegnare alla gente ad aver cura del proprio corpo,
mostrandone la sua armoniosa complessità. Con il passare degli
anni è poi stata aggiunta anche una notevole componente artistica.
Entriamo più nel dettaglio. Protagonisti delle Body Worlds Exhi-
bitions sono dei cadaveri umani ma anche animali solitamente
sezionati o aperti in maniera tale da mostrare i muscoli, le ossa, i
tendini, insomma tutto quello che ci fa funzionare, tutti accurata-
mente plastinati.
La plastinatura è una tecnica di conservazione messa a punto
proprio dal Dottor von Hagens che consente di rendere i reper-
ti organici rigidi e inodori, mantenendone intatta la colorazione,
semplicemente sostituendo i liquidi del corpo con polimeri di sili-
cone. Facile. Dal 1995 von Hagens gira il mondo e ha creato un es-
ercito di plastinatori. Per ogni corpo da plastinare ci vogliono 1500
ore di lavoro solo per il processo in sè e circa un anno per il com-
pletamento effettivo. Eccetto per “la giraffaâ€. Per quella ci hanno
messo 3 anni. Vediamo le varie fasi del processo (per i sapientoni):
1. Imbalsamazione e dissezione anatomica: vengono bloccati i
processi degenerativi pompando formalina attraverso le arterie, la
quale uccide i batteri e blocca il decadimento. Vengono rimosse la
pelle, il tessuto connettivo e quello adiposo.
2. Rimozione dal corpo di grasso e acqua: il cadavere viene im-
merso in un bagno di acetone per sciogliere l’acqua e i grassi sol-
ubili.
3. Impregnazione forzata: il silicone rimpiazza l’acetone tramite
inserimento pressurizzato nei tessuti.
4. Posizionamento: il corpo viene modellato in maniera tale da
assumere la posizione desiderata tramite l’utilizzo di spaghi,
aghi e mollette.
5. Solidificazione: il passaggio finale durante il quale
il polimero utilizzato diventa solido.
Ci si può chiedere chi siano queste persone che
vengono messe in mostra e come faccia il dottore a poter disporre
di esse a suo piacere. La risposta è che sono volontari, persone che
hanno scelto di donare il proprio corpo al dottore, così come si può
donare il proprio corpo e i propri organi all’AIDO.
Chiaramente von Hagens è andato incontro a non pochi problemi
con la legge. Nell’arco di 30 anni ha dovuto fronteggiare commis-
sioni etiche composte di grandi personalità appartenenti ovvia-
mente alla sfera religiosa; Thomas Hibbs, un professore di etica in
una università battista ha paragonato la mostra alla pornografia; si
è trovato più volte sotto accusa per quanto riguardava la prove-
nienza dei corpi: nel 2004 il magazine tedesco Der Spiegel af-
fermò che von Hagens avesse preso cadaveri di condan-
nati a morte cinesi; lui, tuttavia, rispose dicendo che
non conosceva la provenienza dei corpi che utiliz-
zava, ma comunque restituì 7 cadaveri al gov-
erno cinese, mentre cinque anni fa furono
intercettati 56 corpi provenienti dall’ac-
cademia di medicina di Novosibirsk
(Russia) che erano stati inviati da
un assistente medico, il quale
è stato poi condannato
per la vendita illegale di
corpi di barboni, pri-
gionieri e pazienti
dell’ospedale.
9
È stata creata una leg-
islazione apposita per
quanto riguarda l’esibizione
in quasi tutti gli Stati Uniti, in Re-
pubblica Ceca, in Francia e nel Reg-
no Unito, mentre in Italia, stranamente,
non c’è stato nessun problema. Sul sito uffi-
ciale è anche possibile acquistare organi, parti
del corpo plastinate e addirittura interi cadaveri
(naturalmente possono farlo i ricercatori in campo
medico che presentino un documento che ufficializzi
l’uso a scopo didattico) . Le controversie insomma
sono tantissime, però la mostra continua ininterrotta
il suo tour e in questo momento si trova in 13 paesi
sia in maniera permanente che itinerante.
Se vi capitasse di trovarvi ad Halifax, a San Josè, a Re-
gensburg, ad Heidelberg, a Osnabrück, a Berlino, a
Guben, a Siviglia, a Cracovia, ad Amsterdam, a Mon-
tevideo, a Milwaukee o ad Auckland, vi consiglio di
visitarla. Io l’ho fatto per ben due volte a Roma ed
è stata un’esperienza entusiasmante al punto tale
che sto seriamente pensando di donare il mio corpo
e di farmi trasformare in un’opera d’arte, così che,
anche da morto potrò mettermi in mostra.
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16 Pagine Magazine | Storia
La donna e il corpo:
viaggio tra prostituzione e Legge Merlin
L
a prostituzione è una pratica antichissima, diffusa e radicata
nel mondo ellenistico e romano ed oggi al centro di un ac-
ceso dibattito etico e culturale. La prostituzione (dal latino
prostituÄ•re - “porre davantiâ€) è un’attività che coinvolge persone
che offrono prestazioni sessuali in cambio di denaro. Una sorta
di do ut des, che si articola in tre forme: prostituzione femminile,
maschile e transessuale.
Ad oggi, questa attività viene regolamentata in diversi modi nei vari
paesi del mondo, passando dalla piena legalizzazione sino ad arri-
vare all’aspra repressione, sfociante, in casi estremi, nella pena di
morte. Per esaminare le radici di questo fenomeno è necessario
fare un salto indietro nel tempo.
In Grecia la prostituzione non era malvista ed anzi, proprio ad
Atene vennero aperti i primi bordelli. Le prostitute venivano clas-
sificate come etere e pornai. Inoltre, anche i ragazzi potevano con-
cedersi sessualmente, rischiando, tuttavia, di perdere i propri diritti
sociali e politici una volta divenuti adulti a seguito di questa scelta.
Diversa era invece la situazione all’interno del mondo romano. L’at-
tività della meretrix era regolata dal diritto romano che metteva a
disposizione delle prostitute degli edifici detti lupanari, aperti solo
nelle ore notturne.
Di solito le prostitute erano schiave o comunque appartenenti a un
ceto sociale inferiore. I bordelli più conosciuti erano quelli di Pom-
pei ed Ercolano di cui oggi rimangono soltanto dei resti archeolo-
gici. Il tema della prostituzione, inoltre, trovava larghissimo spazio
all’interno della commedia plautina e in alcuni passi letterari di
Tito Livio e di Tacito. E in Italia? Nel 1432 la prostituzione venne
regolamentata da tutti i vari “staterelli†compreso lo Stato Pontifico -
galeotta fu la Chiesa! - dove erano presenti delle “case di tolleranzaâ€.
In seguito, nel 1859 (due anni prima dell’Unità d’Italia ndr) Cavour
autorizzò l’apertura delle sopracitate case di tolleranza controllate
dallo Stato su tutto il territorio nazionale, conferendo omogeneità
al fenomeno.
Giungendo infine alla contemporaneità, con l’avvento della Repub-
blica e della Costituzione, il fenomeno della prostituzione ha iniziato
ad essere esaminato da un punto di vista completamente differ-
ente.
Entra in gioco la figura di Lina Merlin, Madre Costituente, che il
10 febbraio 1958 firmò la legge (insieme a socialisti, comunisti, re-
pubblicani, democristiani e socialdemocratici) che prenderà il suo
nome, con la quale venne sancita la chiusura definitiva delle case
di tolleranza e l’introduzione dei reati di sfruttamento e fa-
voreggiamento della prostituzione.
Rimarrà tuttavia legale la prostituzione volontaria, compiuta da
donne e uomini maggiorenni, poiché ritenuta facente parte delle
scelte individuali garantite dall’articolo 13 della Costituzione.
La prostituzione resta comunque al centro del dibattito politico e
sono molte le voci che auspicano una “legalizzazione†di questo
fenomeno, contrapponendosi alla visione dominante che, proprio
a partire dall’emanazione della Legge Merlin, ha invece inteso stig-
matizzare tale pratica, relegandola in uno spazio angusto ed oscuro.
A cura di Stefano Modica
Categorie | 16 Pagine Magazine
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16 Pagine Magazine | Astronomia
Il corpo in astronomia e in mitologia:
il mito nei corpi celesti
L
a descrizione delle fasi della creazione
che ci è offerta dai miti consente di tas-
sellare le tappe con cui, presso diverse
popolazioni, si sono acquisite, mediante l’os-
servazione, conoscenze sui corpi celesti e sulle
peculiarità dei loro moti, su fenomeni inconsue-
ti, su eventi apocalittici. Il periodico ritornare
degli astri in determinate posizioni è stato par-
agonato ai cicli stagionali, ma anche agli eventi
più importanti per lo svolgimento delle attività
produttive dell’uomo. Nella valle del Nilo, ad es-
empio, era essenziale effettuare continue previ-
sioni sulle piene stagionali.
A questo proposito, assumevano particolare ril-
ievo - nelle conoscenze scientifiche ma anche nei
racconti mitici - i movimenti della stella Sirio.
Stiamo parlando della stella più luminosa del
cielo, tale da attirare l’attenzione di chi lo guar-
da di notte, che in Egitto compariva all’orizzonte
prima dell’alba quando avevano inizio le piene
del Nilo. L’astro era dunque considerato divina-
mente benefico.
Lo studio dei pianeti e delle stelle era inoltre
semplificato quando si acquisiva la conoscenza,
per i primi, di un moto particolare e per le sec-
onde dell’appartenenza a determinati disegni (le
costellazioni). Nella lingua egizia, i pianeti erano
“gli astri che non conoscono riposoâ€: esperti navig-
atori instradati in una rotta prescelta. In partico-
lare Marte era riconosciuto come “Horus rossoâ€,
si pensava che la divinità celeste avesse assunto
il tipico colore per animare questo pianeta.
Invece, per giustificare mitologicamente ma ge-
nericamente l’esistenza delle stelle, si era soliti
paragonarle ad “animaletti pelosi†dal corpo
rotondo e dalla testa minuscola, stanziatisi al
mattino sulla cima dei monti. Di giorno appa-
rivano grigi se non quando la brezza suscitava scintille dal loro pelo
e di notte queste scintille si moltiplicavano e gli animali balzavano
in giro per il cielo. Talvolta i corpi celesti erano considerati come
eroi o uomini che hanno subito mutamenti. Due stelle luminose
vicine erano, ad esempio, viste da molti popoli come una coppia di
“gemelli†(Castore e Polluce – personaggi della mitologia greca).
Per le costellazioni, invece, i racconti erano legati a delle figure che
via via si sono in essi riconosciute, tracciando immaginarie linee di
congiunzione tra le stelle che la componevano. Dell’interpretazione
dei vari insiemi di stelle, parla il greco Arato di Soli, nel IV secolo a.C.,
nel suo poema “Fenomeniâ€.
A cura di Federica Ragone
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Astronomia | 16 Pagine Magazine
Se osserviamo il cielo stellato nella sua interezza, possiamo infine
notare la complessa struttura biancastra che lo attraversa, una fas-
cia nebulosa composta di un vastissimo numero di stelle tra cui il
Sole. Questo insieme di circa duecento miliardi di stelle si chiama
Galassia. Esistono più di cento miliardi di galassie nell’Universo
e si suppone che alcune di queste siano simili alla nostra. Il nome
comune utilizzato per indicare questa striscia lumi-
nosa è Via Lattea. A questo proposito, tornando ai
miti e spostandoci tra le antiche popolazioni indi-
gene del Paraguay, si riteneva che per superare un
profondo abisso oltre il quale si trovava un’ingente
quantità di cibo, gli uomini avessero deciso di in-
nalzare fragili ponti di legno.
Della definitiva e solida costruzione si incaricò una
cicogna dal becco affilato che abbattè senza sforzo
alberi molto robusti. Il ponte resse ma per evitare
la corrosione da parte di agenti atmosferici, la sua
estremità venne bruciata.
La strada che giunge al ponte, cosparsa di ceneri,
è la Via Lattea. Secondo il mito greco, invece, al ri-
torno dalle sue avventure, Eracle venne accolto in
cielo da Hera – entrambi personaggi della mitolo-
gia greca - che gli offrì simbolicamente il suo seno
da suggere. L’eroe trasse il latte con tanta intensità
che in parte il liquido sfuggì al suo controllo disper-
dendosi nel cielo.
I miti hanno dato una interpretazione anche a di-
versi ed ulteriori fenomeni celesti. I ciottoli e le
polveri, ad esempio, venivano ritenuti essere lac-
rime di sangue delle stelle che cadevano sulla Ter-
ra abbandonando le loro sedi.
Le eclissi di Sole o di Luna, invece, rappresentava-
no contese tra i due astri o il divoramento di questi
da parte di esseri superiori ed oscuri.
Negli intrecci mitologici trovavano infine spazio
anche le comete, le così dette “stella con chiomaâ€,
ammassi di ghiaccio e polveri, che erano interpre-
tate come segnali celesti di sciagure o come an-
nuncio di avventi felici.
È un connubio affascinante, quello tra le antiche
credenze ed il progresso scientifico nel campo as-
tronomico, racchiuso in maniera chiara tra le pa-
role dell’astrofisico francese Pierre Simone Laplace, secondo cui:
“E’ ammirevole che una scienza (l’astronomia) che ha avuto inizio con
la considerazione dei casi della fortuna debba essere diventata l’og-
getto più importante della conoscenza umanaâ€.
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16 Pagine Magazine | Mondo
Abbiamo incontrato Angelo, un amico gravinese, che ci ha parlato
della “follia più grossa della sua vitaâ€.
Chi sei? Sono Angelo Urgo, sono nato a Gravina nel 1990. Mi sono
diplomato al Liceo Classico di Altamura nel 2009, per trasferirmi a
Milano ed iscrivermi alla Cattolica del Sacro cuore, dove mi sono
laureato in “Linguaggio dei Mediaâ€, un’interfacoltà tra Lettere e So-
ciologia. Al momento, faccio parte del collettivo video “DES Filmâ€, un
gruppo di professionisti di arti visive che fa spot e cortometraggi.
Era questo il tuo sogno? Ciò che ho sempre amato fare è guardare
e, sì, è diventato un po’ il mio mestiere. Da piccolo sognavo di diven-
tare giornalista. Amavo l’idea che il giornalista fosse uno storico, ma
del presente. Allora ho detto: questa è la mia strada.
A un certo punto è scattata una scintilla ed ho deciso di partire.
Come mai? Sono partito in Africa perchè volevo fare il giornalista
di reportage. Da tempo, mi ero imbattuto in una testata giornali-
stica di Cape Town che si chiama CAPE CHAMELEON e si occupava
di reportage sociali. Così, dopo un colloquio a Londra, sono partito
con loro per 8 mesi e mezzo in Sud Africa. Era il 2011, con il Sud
Africa appena uscito dai mondiali, la popolazione era molto “scioltaâ€
e le città erano abbastanza “ospitali†per un occidentale. Io credevo
di essere arrivato nell’Africa, quella tosta, ma non era così. Sicur-
amente i problemi non mancavano, lì la distinzione tra le razze è
ancora netta. D’altro canto, se vai a Johannesburg c’è il razzismo al
contrario! Se sei bianco, in alcuni quartieri, ti conviene girare con la
macchina con i vetri oscurati.
Dicci di più di questa esperienza. Sono stato “ospite†di una fami-
glia di neri che mi dava vitto e alloggio in cambio di un contributo
settimanale. Io ero lì per “lavorareâ€, non che il mio stipendio fosse
un granchè. Parliamo di 6000 rends al mese, in euro poco più che
200€. Ma se pensi che con 3 rands mangiavo fish and chips, non
mi è andata poi malaccio. Ho fatto un sacco di visite poi, il bunjee
jumping più alto del mondo e…
Detta così sembra quasi una vacanza! Ero partito come reporter,
ma volevo scoprire un po’ di contesti. Uno dei motti di Cape Town
in uno dei dialetti locali è “MOLO SONGOLOLO!†che significa “SII
UN MILLEPIEDE!â€, uno che nella vita deve avere un sacco di cose
da fare! Beh, io cercavo di non farmi mancare niente. Ero lì e volevo
portarmi a casa più esperienze possibili.
Cosa è successo quando sei tornato in Italia? Tornato a Milano,
durante un convegno sul giornalismo internazionale ho incontrato
Vanda, una volontaria della Croce Rossa ma anche la rompiscatole
più dedita agli altri che abbia mai conosciuto.
Siamo subito diventati amici.
Vanda mi propose di fondare un’ONLUS con
altri tre pazzi: un’avvocatessa esperta di di-
ritto minorile, un medico anestesista ed un
giornalisti, tutti reduci da esperienze in Afri-
ca . Correva la fine del 2011, inizio 2012; ave-
vo quasi ventidue anni. In questo contesto
nasceva AZUL.
Perchè Azul? Perché gli altri tre si erano incontrati in Tanzania in un
posto che si chiama CASA AZUL e quell’incontro aveva inaugurato
l’inizio del progetto, almeno teoricamente. Ah, dimenticavo la cosa
più importante: Azul è un’onlus che si occupa di minori in difficoltà.
L’ambizione era di creare un’associazione piccola, che si occupasse
di pochi progetti ma che fossero tutti trasparenti e controllati.
Niente male per un ragazzo di 22 anni. Un’esperienza piccola ma
l’ho reputata la follia più grossa della mia vita: avevo la responsabil-
ità non solo dei “ricconi†donatori, ma anche della gente normale,
che riponeva fiducia in me come persona, prima che nel progetto.
A cura di Gabriella Loizzo
Il volontariato è la più nobile
forma di egoismo
15
Mondo | 16 Pagine Magazine
Salvini ti chiederebbe “perché non hai aiutato i “poveri di casa
tua� Ecco, e questo è il bello. Azul si occupa di minori in difficoltà,
non solo extracomunitari. Sono diversi i progetti destinati alla re-
altà nazionale. Per esempio, abbiamo iniziato a collaborare con una
casa famiglia di Milano che ospita bambini che, per circostanze di-
verse, hanno vissuto un’infanzia più travagliata rispetto a quella dei
loro coetanei.
Azul è questo. Due linee: una interna, a Milano e a Roma, e una
esterna, in Africa.
E tu? Quale preferisci? In quella interna è possibile vedere concre-
tamente e quotidianamente il cambiamento per cui lavori.
In Africa, l’Africa nera, la situazione è così dram-
matica da non lasciare spazio a grosse
aspettative. Ma se solo un bambino, uno solo
tra i diecimila che hanno bisogno di aiuto, in fu-
turo sarà capace di dire la sua, in quel mondo,
ogni sforzo non sarà stato vano.
Se dovessi indirizzare un Italiano a donare ad un’associazione,
quale consiglieresti? È una domanda molto difficile. Io ho lavorato
con Medici senza Frontiere e mi sono reso conto che è un’asso-
ciazione molto seria. Ma ho visto anche nei territori di guerra degli
enormi accampamenti UNICEF in cui si diffondono epidemie molto
gravi e la gente vive in condizioni disumane. Io non so se è colpa
di UNICEF, ma so per certo che si creano troppe “intermediazioni
burocratiche†tra i due euro che doniamo da casa e quegli accam-
pamenti.
E sono solo questi gli ostacoli? Purtroppo no. Io posso testimon-
iare di piccole associazioni che lucrano sulla disperazione. Nel Con-
go, abbiamo visitato un orfanotrofio diretto da un presunto Fran-
cescano dove i bambini stavano messi male, malissimo, e il livello
delle condizioni igienico sanitarie era pessimo.
Dopo qualche ricerca, dopo esserci confrontati con dei Frances-
cani veri, abbiamo scoperto che il direttore non solo lucrava sui
contributi ricevuti ma era anche coinvolto in episodi di traffico di
organi. Ci pensi? È un po’ semplicistico, ma, in quel caso, i donatori
stavano letteralmente finanziando un traffico di organi.
Quindi ritornando alla tua domanda, a chi doni, ai grandi o ai picco-
li? Io donerei alle persone di cui mi fido, che vanno personalmente
sul territorio.
Nel volontariato, quanto il fine giustifica i mezzi? Io personal-
mente non sono una persona che ama convincere le persone a
donare. Penso che debba essere il buon cuore di ciascuno a convin-
cerle a fare qualcosa per gli altri. C’è chi, come la mia socia Vanda,
riesce sempre a chiedere soldi a tutti, perché è cosciente di dare a
quei contributi una destinazione che reputa “altaâ€.
Io non sono così, anzi mi sento molto più egoista.
Addirittura “egoista�
Esattamente. Dalla mia prima missione mi sono reso conto che il
mio fine principale è ed è sempre stato sfamare la mia curiosità,
rendermi conto dell’esistenza di realtà diverse.
Un “beneficio†del tutto personale, egoistico appunto.
Il volontariato è per me la sublimazione dell’egoismo, quanto di più
fisico possa esserci. Guardare con i miei occhi, toccare con mano, il
confronto corpo a corpo: sono risorse senza le quali ogni mio pro-
getto sarebbe arido.
Progetto? Cosa bolle in pentola? Tutto questo motore di umanità,
tutto questo vorticare di corpi, voglio che sia fonte di storie e cibo
per il mio egoismo. Non ho idee chiare sul mio futuro, ma so che
vorrei continuare in questo: raccontare storie.
16 Pagine Magazine | Società
Diverse sono le cause ma il fine è solo uno: accettarsi ed essere ac-
cettati. Numerosi giovani vivono situazioni di difficoltà, causate da
una società sempre pronta a puntare il dito, a giudicare e ad emar-
ginare. Una società che non ha problemi ad escludere il diverso
anziché integrarlo e ad isolare il più debole anziché aiutarlo.
Tanti adolescenti convivono con un corpo che non sentono pro-
prio e questo è motivo di disagio e vergogna.
La vita quotidiana ci pone dinanzi dei modelli di bellezza che, so-
prattutto i ragazzi, sono indotti a seguire e che costituiscono i prin-
cipali demolitori dell’autostima di ciascuno.
Naso, orecchie, fianchi, pancia, cosce, seno e glutei spesso non
rispettano gli standard e diventano motivo di una vera e propria
ossessione.
Le differenze tra la propria immagine riflessa nello specchio e quel-
la ideale, rappresentano le imperfezioni che assillano la mente di
ognuno. Per sentirsi più vicini alla perfezione molti ricorrono ad in-
terventi estetici. I più diffusi sono la mastoplastica additiva che
interviene sulla forma o le dimensioni di quello che è considerato
da sempre uno dei simboli della bellezza femminile e la rinoplastica
che consente di modificare l’ampiezza delle narici e le dimensioni
e la forma del naso. Invece, per rimuovere depositi di grasso non
desiderati da aree come mento, collo, addome e cosce, soprattutto
gli uomini fanno ricorso alla liposcultura e alla liposuzione.	
						
Perdita di peso e capelli, affaticamento e riduzione della densità os-
sea sono sintomi di un’altra e pericolosa modalità utilizzata per il
raggiungimento del traguardo “corpo perfettoâ€: l’anoressia.
Questa malattia o “modo di vivereâ€, come affermano i blog ‘pro
ana’ (pro anoressia), è diffusa soprattutto tra le ragazze, che aspira-
no ad avere un corpo come quello proposto dal mondo della moda.
Che cosa propongono esattamente questi blog? Cosa spinge circa
8.000 persone ogni anno a diventare ‘pelle ed ossa’?
Per poter accedere a questi blog, occorre solo seguire i 10 coman-
damenti; “se non sei magra non sei attraenteâ€, afferma il primo
comandamento, “non sarai mai troppo magra†e ancora “non puoi
non punirti dopo aver mangiatoâ€, ma la cosa più importante è che
“non devi dimenticarli altrimenti diventerai grassaâ€.
Questi blog camuffano l’anoressia con le spoglie un’amica da se-
guire; è l’anoressia stessa a rivolgersi alle sue vittime, prom-
ettendo di non abbandonarle e di investire moltissimo tempo
nella loro cura.
Molte ragazze accettano di essere “comandate†da questi blog in-
consapevolmente. Infatti ci si accorge della gravità della situazione
quando ormai è troppo tardi.
La scelta finale tuttavia, come sempre, spetta al singolo: lasciarsi
consumare da una società che impone un certo modello da imi-
tare o cercare la propria vera identità oltrepassando l’ostilità della
gente?
È necessario cercare nel proprio intimo, scavando nel profondo del
proprio essere perché soltanto così si possono riconoscere e com-
battere i modelli negativi evitando di essere trascinati nel baratro.
A cura di Alessia Malo
Tormentati dalle aspettative altrui?
Capire è il primo passo per accettare e solo accettando si può guarire
16
Evitare di parlarne non modifica la realtà
Via Umbria 17/A - Altamura (BA)
Tel. 080 310 56 52 - www.cogipaservizi.com
Periodico di cultura,
informazione e attualità,
supplemento de La Nuova Murgia.
Anno III, n.11, Aprile 2018,
Registrato presso il tribunale di Bari
il 09/11/2000 n 1493
Edito dall’Associazione Culturale
La Nuova Murgia
Piazza Zanardelli, 22 - 70022 Altamura (BA)
Tel. 329 339 42 34
e-mail: info@16pagine.it
Co-direttori:
Antonio Molinari
Domenico Stea
Claudio Nuzzi
Daniela Sforza
Caporedattore:
Marco Nuzzi
16Pagine online:
Francesco Tirelli
Paolo Micunco
Presidente de La Nuova Murgia:
Michele Cannito
Direttore Responsabile:
Giovanni Brunelli
Pubblicità:
Domenico Stea - 344 1139614
Redazione Numero :
Elena Altamura
Alessia Malo
Michele Pellegrino
Marianna Dirienzo
Dora Farina
Stefano Modica
Gabriella Loizzo
Federica Ragone
Lidia Passarelli
Impaginazione:
Domenica Ferrulli - 331 709 8690
Progetto Grafico Copertina:
Domenica Ferrulli
Paolo Micunco
Marco Lorusso
Stampa:
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  • 2. B o u t i q u e Via Selva 83 - Altamura Aperto ogni domenica h 18 - 21
  • 3. 1 Il corpo, palcoscenico dell’anima Se è vero che l’uomo è un animale politico la cui esistenza non può prescindere dall’interazione, è anche certo che la parola non sia l’unico mezzo con cui egli si esprime. Non solo. Secondo studi compiuti alla fine degli anni ’60 dallo psicologo Albert Mehrabian le parole costituiscono il 7% della comunicazione, mentre il 38% è destinato al tono della voce, al ritmo, al volume. A questo punto sembra logico chieder- si: da dove proviene il restante 55%? Esiste una comunicazione non verbale legata a gesti e mimiche facciali spesso compiute inconsape- volmente. A differenza di quanto si possa pensare non siamo al riparo nemmeno da noi stessi: il corpo è un libro aperto pronto a svelare quanto di più intimo celiamo. Sorgono dunque alcune domande. Si può controllare la comunicazione non verbale? Molti sostengono che i messaggi del corpo siano incontrollabili perché genuini. In realtà in base a personalità e stato d’animo è possibile mettere a tacere –almeno in parte– il proprio corpo. Ci sono indi- vidui asettici che ingannano persino la macchina della verità e persone altamente emotive che faticano a trattenere le loro emozioni. Come smascherare un bugiardo? Spesso l’incongruenza tra gesti e parole inchioda il bugiardo: può dirci di essere a suo agio in una situ- azione ma ha un piede orientato verso una via di fuga o di andare d’accordo con il capo ma contrae la mano sinistra in un pugno. In genere chi mente, se seduto, tiene le mani sotto le gambe, porta la mano sinistra, lato emotivo del corpo, davanti a sé e tende a manipolare il primo oggetto che gli capita a tiro. Il bugiardo finge anche quando sorride: abbiamo almeno cinquanta sorrisi diversi e una risata è auten- tica quando anche gli occhi “ridonoâ€. Paradossalmente chi mente guarda negli occhi il suo interlocutore proprio per non dare l’idea di raccontare fandonie. Destiamo interesse in chi ci ascolta? L’interesse di qualcuno è direttamente proporzionale alla tensione della sua muscolatura: basti pensare al tifoso di calcio allo stadio! Se un argomento risulta piacevole l’interlocutore si comporterà come davanti ad un cibo gustoso o una donna attraente, leccandosi le labbra o toccandosi ripetutamente i capelli. Come capire se piacciamo a qualcuno? Il corteggiamento é una situazione spinosa dato che chi flirta vuole comunicare il suo interesse, ma teme di essere respinto. Quello che viene fuori é inevitabilmente una comunicazione ambigua e piena di contraddizioni. Tralasciando le differenze uomo-donna e i metodi rispettivamente grossolani e mal- iziosi di conquista, esistono segnali “unisex†come la dilatazione delle pupille o lo sguardo rivolto verso occhi e labbra altrui. Altro sintomo di piacere é la frequenza dell’ammiccamento palpebrale: le ciglia vengono sbattute fino a quattro volte più veloce. Che lo si voglia o meno, è quindi impossibile non comunicare. Ed è proprio nel silenzio più profondo che l’anima racconta se stessa in una performance di movimenti sul palcoscenico del corpo. A cura di Elena Altamura
  • 4. 16 Pagine Magazine | Scienza 2 A cura di Dora Farina Che si è mess il nostro c G entile mio lettore, quello che ti stai accingendo a leggere non è il più consueto degli articoli. Ti verrà a breve chiesto di porti in piedi e seguire delle indi- cazioni, prassi del tutto inconciliabile con chi ancora rimanda i buoni propositi post-natalizi dell’iscrizione in palestra, anche se sono fi- duciosa nella riuscita dell’esperimento. Si comincia. Mettiti in una posizione eretta, con i piedi distanziati circa 25 cm l’uno dall’altro e fletti il busto in avanti fino a toccare il pavimento con le dita delle mani. Le ginocchia dovrebbero essere leggermente piegate. Lascia andare la testa il più in giù possibile e respira a fondo con la bocca. Concentra il peso del corpo in avanti in modo che stia sugli avampiedi. Mantieni la posizione per circa un minuto. Se avrai seguito le indicazioni alla lettera, avrai avvertito una stra- na ma piacevole vibrazione sulle tue gambe nel momento in cui i tuoi piedi hanno cominciato a premere sul pavimento. L’esercizio a cui sei stato sottoposto è alla base degli studi della bioenergetica. Il fenomeno che si è venuto a creare è definito da Alexander Lowen, medico e psicoterapeuta fondatore della bioen- ergetica, come ‘grounding’. Seguendo questa procedura il soggetto abbassa il proprio centro di gravità e si sente più vicino alla terra con il risultato immediato di vedere aumentato il proprio senso di sicurezza. L’esperimento di Lowen ci permette di spiegare quelle sensa- zioni, frutto delle nostre emozioni, che hanno delle ripercussioni strettamente fisiche. Chi, infatti, almeno una volta nella sua vita non ha detto frasi come “mi sento stringere il cuoreâ€, “sento un vuoto dentroâ€, e così via. Il corpo possiede un canale noto come “propriocettivo†che cos- tituisce quel “sesto senso†che ci permette di sentire dall’interno, a differenza di tutti gli altri sensi che registrano informazioni proveni- enti dall’esterno: suoni, odori, colori, sapori. Il nostro corpo è anche archivio di memorie: muscoli, organi ed ossa trattengono i nostri vissuti e le nostre esperienze. La mente può dimenticare, il corpo no. Il pensiero delle corporeità, che trova il suo fulcro nella filosofia ni- etzscheana, non vuol sottintendere tuttavia, nel modo più assoluto, l’esistenza di una sorta di primato al corpo. È nel contatto con il pro- prio corpo, con le proprie emozioni, con il proprio viscerale, che un soggetto accresce l’armonia con sé. Mente e corpo sono fenomeni che hanno il medesimo “humus energeticoâ€. Articolo interattivo e lezioni di bioenergetica
  • 5. 3 A questo punto la domanda sorge spontanea: Siamo il nostro corpo o la nostra mente? Si immagini che in un fu- turo non troppo lontano, sia possibile eseguire un trapianto di cervello. Uno folle e romanzesco scienziato potrebbe ser- virsi di un povero malcapitato, il cui nome supponiamo es- sere Mario, ed asportargli l’encefalo. Il nostro scienziato po- trebbe in seguito agguantare un altro povero malcapitato, di nome Paolo, ed esportare anche il suo encefalo, trapiantan- dolo nel corpo di Mario e creando così un nuovo soggetto: Maolo! Maolo ha il cervello di Paolo: avrà dunque i ricordi di Paolo, si comporterà come Paolo, conoscerà cose che solo Paolo può sapere, crederà di essere Paolo! Eppure, Maolo non è Paolo: è Mario! A questo proposito, nel corso del XXI secolo si sono svilup- pate due correnti di pensiero del tutto in contrasto tra loro: da un lato si è consolidata una concezione di uomo che coin- cide con l’insieme dei suoi stati mentali e psicologici, e dall’al- tro lato, una teoria “animalista†che predilige invece il corpo e i suoi impulsi vitali. La prima richiede agli individui di essere efficienti e produttivi, mantenendo per la maggior parte del tempo un comportamento basato sul capire e sul fare, più che sul sentire. La seconda invece, più aderente alla società odierna, marchiata a fuoco da quel peccato conosciuto come “culto dell’immagine di séâ€, esalta l’aspetto corporale. Si os- serva il proprio corpo dall’esterno e non lo si vive dall’inter- no. Si tratta della distanza tra vedersi vivere o vivere. Non siamo abituati a pensare alla personalità in termini di energia, ma le due cose non possono essere disgiunte. Il carattere è il terreno comune a psiche e soma. Valga a chiari- mento un paragone. Si pensi ad un cavallo e a un cavaliere. Il cavaliere, con il suo controllo cosciente della direzione e della velocità, funge da testa; il cavallo fornisce la forza e la sicurezza che garan- tiscono al cavaliere di essere portato dove desidera. Se il cav- aliere perdesse la coscienza, il cavallo, nella maggior parte dei casi, lo porterebbe in salvo a casa. Ma se crollasse il ca- vallo, il cavaliere sarebbe virtualmente impotente e non potrebbe far altro di meglio che avviarsi a piedi verso la sua meta. La bioenergetica si pone come obiettivo quello di aprire la strada all’espressione di sé e reinstaurare nel corpo il flusso delle sensazioni. Come scriveva Nietzsche: «Il sé cerca con gli occhi dei sensi e ascolta anche con le orecchie dello spirito» (tratto da Così parlò Zarathustra) Scienza | 16 Pagine Magazine messo in testa ro corpo?
  • 6. 16 Pagine Magazine | Curiosità 4 Ma come ti svesti? A cura di Lidia Passarelli I l corpo è strettamente connesso alla nostra mente, è un mezzo necessario a tradurre la volontà e i pensieri dell’uomo in azioni. Possiamo definirlo la scatola che contiene la vera essenza di ogni individuo, l’arma a doppio taglio che a seconda dei contesti gioca a nostro favore o si rivela del tutto fuori luogo, risultando talvolta un elemento che crea imbarazzo e che bisogna coprire. Il corpo di ognuno di noi può essere grande espressione di libertà, ma anche causa di ingestibile vergogna. Spesso ci permette di accentuare o valorizzare la nostra personalità, lasciando trapelare attraverso di esso modi di fare, atteggiamenti, espressioni che ci caratterizzano e che quindi ci contraddistinguono. Spesso l’originalità di qualcuno ci viene comunicata tramite segnali che possono essere colti a primo impatto. Un esempio è il tipo di abbigliamento. Questo meccanismo che pare quasi del tutto natu- rale è in realtà legato alla cultura prettamente occidentale, la quale ha abituato la società, ad essa interna, ad associare l’idea del corpo a qualcosa da coprire. Il venir meno a queste regole quasi discipli- nari verranno tradotte in mancanza di pudore. Immaginate se ognuno di noi si estraniasse da questa associazione corpo-pudore esprimendo (in contesti ordinari e non artistici) un animo ad esempio libero con un corpo altrettanto “liberoâ€. Secondo la cultura occidentale la nudità è da sempre stata una conseguenza di arretratezza di un popolo, una caratteristica pret- tamente degli uomini primitivi, animaleschi e selvaggi. Questa concezione nacque quando l’Europa divenne protagonista di viaggi che la portarono alla scoperta di nuove Terre e al con- fronto con le popolazioni che vi abitavano. Nei diari e resoconti di viaggiatori si riscontra che la nudità degli indigeni colpiva l’uomo occidentale che veniva indotto a giudicarli attardati, su un livello evolutivo inferiore, ignari delle regole morali e civili. Secondo mol- tissime culture differenti dalla nostra, tuttavia, la nudità non è una mancanza di pudore né di senso civile. Ogni società stabilisce ciò che deve essere coperto e ciò che può restare senza indumenti. Nella stragrande maggioranza dei gruppi umani, le parti del corpo da coprire sono gli organi genitali. Ad esempio in Giappone tale nor- ma è già contenuta nella lingua: la sillaba IN, che significa “nascosto, oscurità, ombraâ€, è presente in diversi termini legati alle parti intime tra cui inbu (genitale). Nei villaggi tangba del Benin (Africa occiden- tale), invece, esistono addirittura delle suddivisioni sociali scandite dalla nudità: i boro-te (sacerdoti della terra), che rappresentano i discendenti dei clan autoctoni, non possono indossare altri indu- menti oltre il perizoma. La nudità è, secondo i boro- te, l’unico “indumento†derivante dagli antenati a contrasto con il resto delle importazioni di origine stra- niera. La nudità diventa quindi un costume e al contempo il simbolo del legame con le proprie radici. Secondo la stessa cultura africana, il seno della donna non fa parte degli elementi corporei da coprire. Di fatti non è associato alla sfera sessuale ma piuttosto alla maternità e, in quanto tale, essendo deputato allo svolgimento dell’atti- vità di allattamento, risulta comodo lasciarlo scoperto. Al contrario sono le cosce a dover essere rigorosamente coperte poiché definite elemento provocatorio ed associato quindi al pudore. Un altro caso emblematico in cui la nudità assume la funzione di “abito†è il movimento nudista, interno alla cultura occidentale. I nudisti degli anni Venti del 20° secolo erano soliti utilizzare espres- sioni curiose come “abito naturaleâ€, “vestito di luceâ€, “abito di Dioâ€. Secondo questa ideologia il pudore è connesso non tanto con il co- prirsi quanto con il controllo dello sguardo. Il fissare con gli occhi un corpo nudo significa “spogliarlo†veramente. Fondamentale è, in questo contesto, il senso di pudore interno e quindi l’educarsi a guardare un corpo nudo in modo discreto senza soffermarsi sulle parti intime. Di risposta avremo dei corpi sì nudi ma attenti a non assumere pose provocanti bensì adeguate anche in contesti più formali. Dunque se vi capita di trovarvi in una spiaggia di nudisti occhio a dove posare lo sguardo, potreste far sentire qualcuno denudato per davvero!
  • 7. Società | 16 Pagine Magazine Una vita in apnea P olmoni contratti; occhi sgranati; pelle bluastra. Mancanza di ossigeno, soffocamento. Sicuri del fatto che tutto questo debba necessariamente es- sere ricondotto ad una situazione sgradevole? Lo è soffocare una rivoluzione, soffocare l’ignoranza, il malsano furore che la gente alimenta bendandosi gli occhi per non osservare la realtà? Partiamo dal principio. È indubbio che restare senza fiato possa spaventare e talvolta uccidere. Il battito accelerato o debole, il sangue che defluisce con fatica e gli apparati che riescono a stento a svolgere il proprio lavoro, quasi una sorta di rifiuto verso se stessi. Come affermava tuttavia l’intellettuale polacco Ryszard Kapuscinski, il principale problema dell’uomo è il non lasciarsi invis- chiare nella quotidianità, non abbandonandosi al dolce frastuo- no del chiacchiericcio e della routine. Erra, dunque, anche chi sof- foca l’inutile curiosità per le cose marginali, sterili, di nessun conto. Cuori grandi ma vuoti, poche stanze e pochi ospiti. Chi ci entra si sente soffocare e opprimere dal rimbombo della solitudine e dalla tristezza, sentimenti che scaturiscono dalla non voglia della gente di prendere una boccata d’aria pulita, dalla non voglia di respirare a pieni polmoni, non godendosi l’esistenza. C’è il pericolo concreto di divenire schiavi di una società che de- sidera vedere l’uomo intrappolato come un uccello rinchiuso nella propria gabbia, privato del privilegio di apprezzare le mille sfaccet- tature della vita. È la società ad imporsi su di noi dettandoci “rego- le†e schemi o siamo noi deboli nel non voler rischiare andando controcorrente? Semplici ma essenziali gli elementi necessari per poter rispondere a tale quesito. La vita potrebbe essere in grado di tramutarsi in una vera e sana rivoluzione se soltanto ognuno di noi riuscisse ad andare oltre quei parametri che il mondo pone dinanzi alla nostra esistenza come fossero muri invalicabili da cui non si riesce ad intravedere ciò che l’altra parte nasconde. Si pensi alle corse frenate e mai continuate per paura di restare senza fiato, a tutte quelle situazioni in cui la società ci rende difficile raggiungere ogni nostro obiettivo, frapponendo tra l’uomo e la sua meta ostacoli insormontabili. Per questo, proprio per que- sto, sarebbe auspicabile una accurata revisione di ogni standard che la società impone, soffocando ciò che proviene dall’esterno, af- finché le cose possano cambiare realmente, oppure, in modo ancor più incisivo, affinché l’uomo possa sentirsi libero di rivelare ogni suo aspetto senza alcuna paura, senza aver timore di quelli che sono gli occhi cattivi del mondo. Adesso, dunque, chiedetevi se siamo stati davvero noi a scegliere di vivere continuamente nel vittimismo e se la cosa più giusta da fare sia davvero continuare a subire, a rimanere in silenzio, trascorren- do un’intera vita in apnea. Scegliete voi la risposta più semplice o quella più comoda ma abbiate la forza di esaltare la vostra scelta e, laddove scegliate di essere liberi, trovate dentro voi stessi l’onda giusta, quella che potrà guidarvi verso oceani sterminati quali l’in- dipendenza, il benessere, l’ostinazione, la curiosità e soprattutto la voglia di scoprire il mondo respirando le emozioni e le sensazioni più positive che la vita sa regalare, accantonando la paura di poter rimanere in trappola, soffocati. Ryszard Kapuscinski è stato un giornalista, scrittore e saggista polacco. Nel 2003 ha vinto il Premio Princi- pe delle Asturie per la categoria Comunica- zione ed umanità.A cura di Marianna Dirienzo
  • 8. 16 Pagine Magazine | Categoria 6 www.sipremsrl.it
  • 9. Categorie | 16 Pagine Magazine 7
  • 10. 8 16 Pagine Magazine | Arte Da morto voglio plastinare il mio corpo A cura di Michele Pellegrino K örperwelten. Body Worlds. I mondi del corpo. Un titolo poet- ico per un’esibizione itinerante che si trova al centro tra l’ar- te, il grottesco e la didascalia. A detta dell’ideatore di questa mostra, il dottor Gunther von Hagens, Body Worlds è innanzitutto un modo per insegnare alla gente ad aver cura del proprio corpo, mostrandone la sua armoniosa complessità. Con il passare degli anni è poi stata aggiunta anche una notevole componente artistica. Entriamo più nel dettaglio. Protagonisti delle Body Worlds Exhi- bitions sono dei cadaveri umani ma anche animali solitamente sezionati o aperti in maniera tale da mostrare i muscoli, le ossa, i tendini, insomma tutto quello che ci fa funzionare, tutti accurata- mente plastinati. La plastinatura è una tecnica di conservazione messa a punto proprio dal Dottor von Hagens che consente di rendere i reper- ti organici rigidi e inodori, mantenendone intatta la colorazione, semplicemente sostituendo i liquidi del corpo con polimeri di sili- cone. Facile. Dal 1995 von Hagens gira il mondo e ha creato un es- ercito di plastinatori. Per ogni corpo da plastinare ci vogliono 1500 ore di lavoro solo per il processo in sè e circa un anno per il com- pletamento effettivo. Eccetto per “la giraffaâ€. Per quella ci hanno messo 3 anni. Vediamo le varie fasi del processo (per i sapientoni): 1. Imbalsamazione e dissezione anatomica: vengono bloccati i processi degenerativi pompando formalina attraverso le arterie, la quale uccide i batteri e blocca il decadimento. Vengono rimosse la pelle, il tessuto connettivo e quello adiposo. 2. Rimozione dal corpo di grasso e acqua: il cadavere viene im- merso in un bagno di acetone per sciogliere l’acqua e i grassi sol- ubili. 3. Impregnazione forzata: il silicone rimpiazza l’acetone tramite inserimento pressurizzato nei tessuti. 4. Posizionamento: il corpo viene modellato in maniera tale da assumere la posizione desiderata tramite l’utilizzo di spaghi, aghi e mollette. 5. Solidificazione: il passaggio finale durante il quale il polimero utilizzato diventa solido. Ci si può chiedere chi siano queste persone che vengono messe in mostra e come faccia il dottore a poter disporre di esse a suo piacere. La risposta è che sono volontari, persone che hanno scelto di donare il proprio corpo al dottore, così come si può donare il proprio corpo e i propri organi all’AIDO. Chiaramente von Hagens è andato incontro a non pochi problemi con la legge. Nell’arco di 30 anni ha dovuto fronteggiare commis- sioni etiche composte di grandi personalità appartenenti ovvia- mente alla sfera religiosa; Thomas Hibbs, un professore di etica in una università battista ha paragonato la mostra alla pornografia; si è trovato più volte sotto accusa per quanto riguardava la prove- nienza dei corpi: nel 2004 il magazine tedesco Der Spiegel af- fermò che von Hagens avesse preso cadaveri di condan- nati a morte cinesi; lui, tuttavia, rispose dicendo che non conosceva la provenienza dei corpi che utiliz- zava, ma comunque restituì 7 cadaveri al gov- erno cinese, mentre cinque anni fa furono intercettati 56 corpi provenienti dall’ac- cademia di medicina di Novosibirsk (Russia) che erano stati inviati da un assistente medico, il quale è stato poi condannato per la vendita illegale di corpi di barboni, pri- gionieri e pazienti dell’ospedale.
  • 11. 9 È stata creata una leg- islazione apposita per quanto riguarda l’esibizione in quasi tutti gli Stati Uniti, in Re- pubblica Ceca, in Francia e nel Reg- no Unito, mentre in Italia, stranamente, non c’è stato nessun problema. Sul sito uffi- ciale è anche possibile acquistare organi, parti del corpo plastinate e addirittura interi cadaveri (naturalmente possono farlo i ricercatori in campo medico che presentino un documento che ufficializzi l’uso a scopo didattico) . Le controversie insomma sono tantissime, però la mostra continua ininterrotta il suo tour e in questo momento si trova in 13 paesi sia in maniera permanente che itinerante. Se vi capitasse di trovarvi ad Halifax, a San Josè, a Re- gensburg, ad Heidelberg, a Osnabrück, a Berlino, a Guben, a Siviglia, a Cracovia, ad Amsterdam, a Mon- tevideo, a Milwaukee o ad Auckland, vi consiglio di visitarla. Io l’ho fatto per ben due volte a Roma ed è stata un’esperienza entusiasmante al punto tale che sto seriamente pensando di donare il mio corpo e di farmi trasformare in un’opera d’arte, così che, anche da morto potrò mettermi in mostra.
  • 12. 10 16 Pagine Magazine | Storia La donna e il corpo: viaggio tra prostituzione e Legge Merlin L a prostituzione è una pratica antichissima, diffusa e radicata nel mondo ellenistico e romano ed oggi al centro di un ac- ceso dibattito etico e culturale. La prostituzione (dal latino prostituÄ•re - “porre davantiâ€) è un’attività che coinvolge persone che offrono prestazioni sessuali in cambio di denaro. Una sorta di do ut des, che si articola in tre forme: prostituzione femminile, maschile e transessuale. Ad oggi, questa attività viene regolamentata in diversi modi nei vari paesi del mondo, passando dalla piena legalizzazione sino ad arri- vare all’aspra repressione, sfociante, in casi estremi, nella pena di morte. Per esaminare le radici di questo fenomeno è necessario fare un salto indietro nel tempo. In Grecia la prostituzione non era malvista ed anzi, proprio ad Atene vennero aperti i primi bordelli. Le prostitute venivano clas- sificate come etere e pornai. Inoltre, anche i ragazzi potevano con- cedersi sessualmente, rischiando, tuttavia, di perdere i propri diritti sociali e politici una volta divenuti adulti a seguito di questa scelta. Diversa era invece la situazione all’interno del mondo romano. L’at- tività della meretrix era regolata dal diritto romano che metteva a disposizione delle prostitute degli edifici detti lupanari, aperti solo nelle ore notturne. Di solito le prostitute erano schiave o comunque appartenenti a un ceto sociale inferiore. I bordelli più conosciuti erano quelli di Pom- pei ed Ercolano di cui oggi rimangono soltanto dei resti archeolo- gici. Il tema della prostituzione, inoltre, trovava larghissimo spazio all’interno della commedia plautina e in alcuni passi letterari di Tito Livio e di Tacito. E in Italia? Nel 1432 la prostituzione venne regolamentata da tutti i vari “staterelli†compreso lo Stato Pontifico - galeotta fu la Chiesa! - dove erano presenti delle “case di tolleranzaâ€. In seguito, nel 1859 (due anni prima dell’Unità d’Italia ndr) Cavour autorizzò l’apertura delle sopracitate case di tolleranza controllate dallo Stato su tutto il territorio nazionale, conferendo omogeneità al fenomeno. Giungendo infine alla contemporaneità, con l’avvento della Repub- blica e della Costituzione, il fenomeno della prostituzione ha iniziato ad essere esaminato da un punto di vista completamente differ- ente. Entra in gioco la figura di Lina Merlin, Madre Costituente, che il 10 febbraio 1958 firmò la legge (insieme a socialisti, comunisti, re- pubblicani, democristiani e socialdemocratici) che prenderà il suo nome, con la quale venne sancita la chiusura definitiva delle case di tolleranza e l’introduzione dei reati di sfruttamento e fa- voreggiamento della prostituzione. Rimarrà tuttavia legale la prostituzione volontaria, compiuta da donne e uomini maggiorenni, poiché ritenuta facente parte delle scelte individuali garantite dall’articolo 13 della Costituzione. La prostituzione resta comunque al centro del dibattito politico e sono molte le voci che auspicano una “legalizzazione†di questo fenomeno, contrapponendosi alla visione dominante che, proprio a partire dall’emanazione della Legge Merlin, ha invece inteso stig- matizzare tale pratica, relegandola in uno spazio angusto ed oscuro. A cura di Stefano Modica
  • 13. Categorie | 16 Pagine Magazine 11
  • 14. 12 16 Pagine Magazine | Astronomia Il corpo in astronomia e in mitologia: il mito nei corpi celesti L a descrizione delle fasi della creazione che ci è offerta dai miti consente di tas- sellare le tappe con cui, presso diverse popolazioni, si sono acquisite, mediante l’os- servazione, conoscenze sui corpi celesti e sulle peculiarità dei loro moti, su fenomeni inconsue- ti, su eventi apocalittici. Il periodico ritornare degli astri in determinate posizioni è stato par- agonato ai cicli stagionali, ma anche agli eventi più importanti per lo svolgimento delle attività produttive dell’uomo. Nella valle del Nilo, ad es- empio, era essenziale effettuare continue previ- sioni sulle piene stagionali. A questo proposito, assumevano particolare ril- ievo - nelle conoscenze scientifiche ma anche nei racconti mitici - i movimenti della stella Sirio. Stiamo parlando della stella più luminosa del cielo, tale da attirare l’attenzione di chi lo guar- da di notte, che in Egitto compariva all’orizzonte prima dell’alba quando avevano inizio le piene del Nilo. L’astro era dunque considerato divina- mente benefico. Lo studio dei pianeti e delle stelle era inoltre semplificato quando si acquisiva la conoscenza, per i primi, di un moto particolare e per le sec- onde dell’appartenenza a determinati disegni (le costellazioni). Nella lingua egizia, i pianeti erano “gli astri che non conoscono riposoâ€: esperti navig- atori instradati in una rotta prescelta. In partico- lare Marte era riconosciuto come “Horus rossoâ€, si pensava che la divinità celeste avesse assunto il tipico colore per animare questo pianeta. Invece, per giustificare mitologicamente ma ge- nericamente l’esistenza delle stelle, si era soliti paragonarle ad “animaletti pelosi†dal corpo rotondo e dalla testa minuscola, stanziatisi al mattino sulla cima dei monti. Di giorno appa- rivano grigi se non quando la brezza suscitava scintille dal loro pelo e di notte queste scintille si moltiplicavano e gli animali balzavano in giro per il cielo. Talvolta i corpi celesti erano considerati come eroi o uomini che hanno subito mutamenti. Due stelle luminose vicine erano, ad esempio, viste da molti popoli come una coppia di “gemelli†(Castore e Polluce – personaggi della mitologia greca). Per le costellazioni, invece, i racconti erano legati a delle figure che via via si sono in essi riconosciute, tracciando immaginarie linee di congiunzione tra le stelle che la componevano. Dell’interpretazione dei vari insiemi di stelle, parla il greco Arato di Soli, nel IV secolo a.C., nel suo poema “Fenomeniâ€. A cura di Federica Ragone
  • 15. 13 Astronomia | 16 Pagine Magazine Se osserviamo il cielo stellato nella sua interezza, possiamo infine notare la complessa struttura biancastra che lo attraversa, una fas- cia nebulosa composta di un vastissimo numero di stelle tra cui il Sole. Questo insieme di circa duecento miliardi di stelle si chiama Galassia. Esistono più di cento miliardi di galassie nell’Universo e si suppone che alcune di queste siano simili alla nostra. Il nome comune utilizzato per indicare questa striscia lumi- nosa è Via Lattea. A questo proposito, tornando ai miti e spostandoci tra le antiche popolazioni indi- gene del Paraguay, si riteneva che per superare un profondo abisso oltre il quale si trovava un’ingente quantità di cibo, gli uomini avessero deciso di in- nalzare fragili ponti di legno. Della definitiva e solida costruzione si incaricò una cicogna dal becco affilato che abbattè senza sforzo alberi molto robusti. Il ponte resse ma per evitare la corrosione da parte di agenti atmosferici, la sua estremità venne bruciata. La strada che giunge al ponte, cosparsa di ceneri, è la Via Lattea. Secondo il mito greco, invece, al ri- torno dalle sue avventure, Eracle venne accolto in cielo da Hera – entrambi personaggi della mitolo- gia greca - che gli offrì simbolicamente il suo seno da suggere. L’eroe trasse il latte con tanta intensità che in parte il liquido sfuggì al suo controllo disper- dendosi nel cielo. I miti hanno dato una interpretazione anche a di- versi ed ulteriori fenomeni celesti. I ciottoli e le polveri, ad esempio, venivano ritenuti essere lac- rime di sangue delle stelle che cadevano sulla Ter- ra abbandonando le loro sedi. Le eclissi di Sole o di Luna, invece, rappresentava- no contese tra i due astri o il divoramento di questi da parte di esseri superiori ed oscuri. Negli intrecci mitologici trovavano infine spazio anche le comete, le così dette “stella con chiomaâ€, ammassi di ghiaccio e polveri, che erano interpre- tate come segnali celesti di sciagure o come an- nuncio di avventi felici. È un connubio affascinante, quello tra le antiche credenze ed il progresso scientifico nel campo as- tronomico, racchiuso in maniera chiara tra le pa- role dell’astrofisico francese Pierre Simone Laplace, secondo cui: “E’ ammirevole che una scienza (l’astronomia) che ha avuto inizio con la considerazione dei casi della fortuna debba essere diventata l’og- getto più importante della conoscenza umanaâ€.
  • 16. 14 16 Pagine Magazine | Mondo Abbiamo incontrato Angelo, un amico gravinese, che ci ha parlato della “follia più grossa della sua vitaâ€. Chi sei? Sono Angelo Urgo, sono nato a Gravina nel 1990. Mi sono diplomato al Liceo Classico di Altamura nel 2009, per trasferirmi a Milano ed iscrivermi alla Cattolica del Sacro cuore, dove mi sono laureato in “Linguaggio dei Mediaâ€, un’interfacoltà tra Lettere e So- ciologia. Al momento, faccio parte del collettivo video “DES Filmâ€, un gruppo di professionisti di arti visive che fa spot e cortometraggi. Era questo il tuo sogno? Ciò che ho sempre amato fare è guardare e, sì, è diventato un po’ il mio mestiere. Da piccolo sognavo di diven- tare giornalista. Amavo l’idea che il giornalista fosse uno storico, ma del presente. Allora ho detto: questa è la mia strada. A un certo punto è scattata una scintilla ed ho deciso di partire. Come mai? Sono partito in Africa perchè volevo fare il giornalista di reportage. Da tempo, mi ero imbattuto in una testata giornali- stica di Cape Town che si chiama CAPE CHAMELEON e si occupava di reportage sociali. Così, dopo un colloquio a Londra, sono partito con loro per 8 mesi e mezzo in Sud Africa. Era il 2011, con il Sud Africa appena uscito dai mondiali, la popolazione era molto “sciolta†e le città erano abbastanza “ospitali†per un occidentale. Io credevo di essere arrivato nell’Africa, quella tosta, ma non era così. Sicur- amente i problemi non mancavano, lì la distinzione tra le razze è ancora netta. D’altro canto, se vai a Johannesburg c’è il razzismo al contrario! Se sei bianco, in alcuni quartieri, ti conviene girare con la macchina con i vetri oscurati. Dicci di più di questa esperienza. Sono stato “ospite†di una fami- glia di neri che mi dava vitto e alloggio in cambio di un contributo settimanale. Io ero lì per “lavorareâ€, non che il mio stipendio fosse un granchè. Parliamo di 6000 rends al mese, in euro poco più che 200€. Ma se pensi che con 3 rands mangiavo fish and chips, non mi è andata poi malaccio. Ho fatto un sacco di visite poi, il bunjee jumping più alto del mondo e… Detta così sembra quasi una vacanza! Ero partito come reporter, ma volevo scoprire un po’ di contesti. Uno dei motti di Cape Town in uno dei dialetti locali è “MOLO SONGOLOLO!†che significa “SII UN MILLEPIEDE!â€, uno che nella vita deve avere un sacco di cose da fare! Beh, io cercavo di non farmi mancare niente. Ero lì e volevo portarmi a casa più esperienze possibili. Cosa è successo quando sei tornato in Italia? Tornato a Milano, durante un convegno sul giornalismo internazionale ho incontrato Vanda, una volontaria della Croce Rossa ma anche la rompiscatole più dedita agli altri che abbia mai conosciuto. Siamo subito diventati amici. Vanda mi propose di fondare un’ONLUS con altri tre pazzi: un’avvocatessa esperta di di- ritto minorile, un medico anestesista ed un giornalisti, tutti reduci da esperienze in Afri- ca . Correva la fine del 2011, inizio 2012; ave- vo quasi ventidue anni. In questo contesto nasceva AZUL. Perchè Azul? Perché gli altri tre si erano incontrati in Tanzania in un posto che si chiama CASA AZUL e quell’incontro aveva inaugurato l’inizio del progetto, almeno teoricamente. Ah, dimenticavo la cosa più importante: Azul è un’onlus che si occupa di minori in difficoltà. L’ambizione era di creare un’associazione piccola, che si occupasse di pochi progetti ma che fossero tutti trasparenti e controllati. Niente male per un ragazzo di 22 anni. Un’esperienza piccola ma l’ho reputata la follia più grossa della mia vita: avevo la responsabil- ità non solo dei “ricconi†donatori, ma anche della gente normale, che riponeva fiducia in me come persona, prima che nel progetto. A cura di Gabriella Loizzo Il volontariato è la più nobile forma di egoismo
  • 17. 15 Mondo | 16 Pagine Magazine Salvini ti chiederebbe “perché non hai aiutato i “poveri di casa tuaâ€? Ecco, e questo è il bello. Azul si occupa di minori in difficoltà, non solo extracomunitari. Sono diversi i progetti destinati alla re- altà nazionale. Per esempio, abbiamo iniziato a collaborare con una casa famiglia di Milano che ospita bambini che, per circostanze di- verse, hanno vissuto un’infanzia più travagliata rispetto a quella dei loro coetanei. Azul è questo. Due linee: una interna, a Milano e a Roma, e una esterna, in Africa. E tu? Quale preferisci? In quella interna è possibile vedere concre- tamente e quotidianamente il cambiamento per cui lavori. In Africa, l’Africa nera, la situazione è così dram- matica da non lasciare spazio a grosse aspettative. Ma se solo un bambino, uno solo tra i diecimila che hanno bisogno di aiuto, in fu- turo sarà capace di dire la sua, in quel mondo, ogni sforzo non sarà stato vano. Se dovessi indirizzare un Italiano a donare ad un’associazione, quale consiglieresti? È una domanda molto difficile. Io ho lavorato con Medici senza Frontiere e mi sono reso conto che è un’asso- ciazione molto seria. Ma ho visto anche nei territori di guerra degli enormi accampamenti UNICEF in cui si diffondono epidemie molto gravi e la gente vive in condizioni disumane. Io non so se è colpa di UNICEF, ma so per certo che si creano troppe “intermediazioni burocratiche†tra i due euro che doniamo da casa e quegli accam- pamenti. E sono solo questi gli ostacoli? Purtroppo no. Io posso testimon- iare di piccole associazioni che lucrano sulla disperazione. Nel Con- go, abbiamo visitato un orfanotrofio diretto da un presunto Fran- cescano dove i bambini stavano messi male, malissimo, e il livello delle condizioni igienico sanitarie era pessimo. Dopo qualche ricerca, dopo esserci confrontati con dei Frances- cani veri, abbiamo scoperto che il direttore non solo lucrava sui contributi ricevuti ma era anche coinvolto in episodi di traffico di organi. Ci pensi? È un po’ semplicistico, ma, in quel caso, i donatori stavano letteralmente finanziando un traffico di organi. Quindi ritornando alla tua domanda, a chi doni, ai grandi o ai picco- li? Io donerei alle persone di cui mi fido, che vanno personalmente sul territorio. Nel volontariato, quanto il fine giustifica i mezzi? Io personal- mente non sono una persona che ama convincere le persone a donare. Penso che debba essere il buon cuore di ciascuno a convin- cerle a fare qualcosa per gli altri. C’è chi, come la mia socia Vanda, riesce sempre a chiedere soldi a tutti, perché è cosciente di dare a quei contributi una destinazione che reputa “altaâ€. Io non sono così, anzi mi sento molto più egoista. Addirittura “egoistaâ€? Esattamente. Dalla mia prima missione mi sono reso conto che il mio fine principale è ed è sempre stato sfamare la mia curiosità, rendermi conto dell’esistenza di realtà diverse. Un “beneficio†del tutto personale, egoistico appunto. Il volontariato è per me la sublimazione dell’egoismo, quanto di più fisico possa esserci. Guardare con i miei occhi, toccare con mano, il confronto corpo a corpo: sono risorse senza le quali ogni mio pro- getto sarebbe arido. Progetto? Cosa bolle in pentola? Tutto questo motore di umanità, tutto questo vorticare di corpi, voglio che sia fonte di storie e cibo per il mio egoismo. Non ho idee chiare sul mio futuro, ma so che vorrei continuare in questo: raccontare storie.
  • 18. 16 Pagine Magazine | Società Diverse sono le cause ma il fine è solo uno: accettarsi ed essere ac- cettati. Numerosi giovani vivono situazioni di difficoltà, causate da una società sempre pronta a puntare il dito, a giudicare e ad emar- ginare. Una società che non ha problemi ad escludere il diverso anziché integrarlo e ad isolare il più debole anziché aiutarlo. Tanti adolescenti convivono con un corpo che non sentono pro- prio e questo è motivo di disagio e vergogna. La vita quotidiana ci pone dinanzi dei modelli di bellezza che, so- prattutto i ragazzi, sono indotti a seguire e che costituiscono i prin- cipali demolitori dell’autostima di ciascuno. Naso, orecchie, fianchi, pancia, cosce, seno e glutei spesso non rispettano gli standard e diventano motivo di una vera e propria ossessione. Le differenze tra la propria immagine riflessa nello specchio e quel- la ideale, rappresentano le imperfezioni che assillano la mente di ognuno. Per sentirsi più vicini alla perfezione molti ricorrono ad in- terventi estetici. I più diffusi sono la mastoplastica additiva che interviene sulla forma o le dimensioni di quello che è considerato da sempre uno dei simboli della bellezza femminile e la rinoplastica che consente di modificare l’ampiezza delle narici e le dimensioni e la forma del naso. Invece, per rimuovere depositi di grasso non desiderati da aree come mento, collo, addome e cosce, soprattutto gli uomini fanno ricorso alla liposcultura e alla liposuzione. Perdita di peso e capelli, affaticamento e riduzione della densità os- sea sono sintomi di un’altra e pericolosa modalità utilizzata per il raggiungimento del traguardo “corpo perfettoâ€: l’anoressia. Questa malattia o “modo di vivereâ€, come affermano i blog ‘pro ana’ (pro anoressia), è diffusa soprattutto tra le ragazze, che aspira- no ad avere un corpo come quello proposto dal mondo della moda. Che cosa propongono esattamente questi blog? Cosa spinge circa 8.000 persone ogni anno a diventare ‘pelle ed ossa’? Per poter accedere a questi blog, occorre solo seguire i 10 coman- damenti; “se non sei magra non sei attraenteâ€, afferma il primo comandamento, “non sarai mai troppo magra†e ancora “non puoi non punirti dopo aver mangiatoâ€, ma la cosa più importante è che “non devi dimenticarli altrimenti diventerai grassaâ€. Questi blog camuffano l’anoressia con le spoglie un’amica da se- guire; è l’anoressia stessa a rivolgersi alle sue vittime, prom- ettendo di non abbandonarle e di investire moltissimo tempo nella loro cura. Molte ragazze accettano di essere “comandate†da questi blog in- consapevolmente. Infatti ci si accorge della gravità della situazione quando ormai è troppo tardi. La scelta finale tuttavia, come sempre, spetta al singolo: lasciarsi consumare da una società che impone un certo modello da imi- tare o cercare la propria vera identità oltrepassando l’ostilità della gente? È necessario cercare nel proprio intimo, scavando nel profondo del proprio essere perché soltanto così si possono riconoscere e com- battere i modelli negativi evitando di essere trascinati nel baratro. A cura di Alessia Malo Tormentati dalle aspettative altrui? Capire è il primo passo per accettare e solo accettando si può guarire 16
  • 19. Evitare di parlarne non modifica la realtà Via Umbria 17/A - Altamura (BA) Tel. 080 310 56 52 - www.cogipaservizi.com
  • 20. Periodico di cultura, informazione e attualità, supplemento de La Nuova Murgia. Anno III, n.11, Aprile 2018, Registrato presso il tribunale di Bari il 09/11/2000 n 1493 Edito dall’Associazione Culturale La Nuova Murgia Piazza Zanardelli, 22 - 70022 Altamura (BA) Tel. 329 339 42 34 e-mail: info@16pagine.it Co-direttori: Antonio Molinari Domenico Stea Claudio Nuzzi Daniela Sforza Caporedattore: Marco Nuzzi 16Pagine online: Francesco Tirelli Paolo Micunco Presidente de La Nuova Murgia: Michele Cannito Direttore Responsabile: Giovanni Brunelli Pubblicità: Domenico Stea - 344 1139614 Redazione Numero : Elena Altamura Alessia Malo Michele Pellegrino Marianna Dirienzo Dora Farina Stefano Modica Gabriella Loizzo Federica Ragone Lidia Passarelli Impaginazione: Domenica Ferrulli - 331 709 8690 Progetto Grafico Copertina: Domenica Ferrulli Paolo Micunco Marco Lorusso Stampa: Grafica & Stampa Questo numero è stato chiuso il 12/04/2018 alle ore 23:13 Follow us: