Bilucaglia e Scandurra donano Candelabro LiturgicouBrokerDono importante
quello fatto dal giornalista
Maurizio Scandurra e dall’In
gegner Cristiano Bilucaglia
per i 150 anni della Basilica
di Maria Ausiliatrice
voluta da Don Bosco festeggiati
lo scorso 9 giugno. Si
tratta infatti di un candelabro
liturgico artistico per il Presbiterio
in bronzo puro, foglia
oro e argento prodotto
dalla Pontificia Fonderia di
Campane Marinelli su disegno
di Ettore Marinelli.
Bilucaglia e Scandurra donano Candelabro LiturgicouBrokerDono importante
quello fatto dal giornalista
Maurizio Scandurra e dall’In
gegner Cristiano Bilucaglia
per i 150 anni della Basilica
di Maria Ausiliatrice
voluta da Don Bosco festeggiati
lo scorso 9 giugno. Si
tratta infatti di un candelabro
liturgico artistico per il Presbiterio
in bronzo puro, foglia
oro e argento prodotto
dalla Pontificia Fonderia di
Campane Marinelli su disegno
di Ettore Marinelli.
Stagione teatrale a Gemona del FriuliGemona TurismoTutti gli spettacoli ed i prezzi abbonamenti e spettacoli singoli per la stagione teatrale a Gemona del Friuli!
La lezione di Ionesco riletta da Valerio BinascoAgnese CremaschiIl Teatro Binario 7 presenta La Lezione di Ionesco, uno dei testi più significativi del Teatro dell’Assurdo, prodotto dalla Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse, con la regia di Valerio Binasco.
A seguire, mercoledì 20 gennaio alle ore 20.30, la storica e critica d’arte Simona Bartolena terrà la seconda lezione – approfondimento ad ingresso libero, Il surrealismo sono io: Salvador Dalí e il suo tempo, inserita all’interno della nuova rassegna Teatro+Tempo Arte, che indagherà temi quali l’assurdo, il paradosso, il sogno, l’immaginazione e la visione.
Aldo De Gioia presenta "Sentimento e fantasia"Scoop Travel Service SrlPower Point illustrato durante la prima conferenza di approfondimento di storia della canzone partenopea nel corso della II Crociera della Musica Napoletana.
Verrà mostrato un excursus di tutti i grandi nomi della canzone napoletana, dalle origini alla decadenza
Rassegna stampa teatro - recensioni 11-17 febbraio 2013Foglio di salaExit, Ferdinando, Petitoblok, La serata a Colono, Soprattutto l'anguria
...e tante altre recensioni nella RASSEGNA STAMPA TEATRALE della settimana.
Giovane scuola italianaMario MaestriCenni su opere emblematiche di Leoncavallo (Pagliacci), Mascagni (Cavalleria Rusticana), Puccini (Turandot) inserite nel contesto musicale che li avvicina
Programma di sala novembre 2011VerdipordenoneGli spettacoli da vivere insieme. Il programma di sala del Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone. Spettacoli di Novembre 2011
2. Negli anni immediatamente successivi al 1890 e al trionfo di Cavalleria
rusticana , una miriade di drammi a forti tinte di ambiente popolare e
plebeo, con spiccate caratterizzazioni regionali, invade i nostri
palcoscenici.
Un solo sguardo ai titoli di quei tempi: Mala Pasqua! di Stanislao
Gastaldon, che precede di un mese Cavalleria rusticana , Mala vita di
Giordano, tratta da ‘O voto di Salvatore Di Giacomo, A Santa Lucia di
Pierantonio Tasca, Tilda di Cilea, e poi La bella d’Alghero, Vendetta
sarda, Un mafioso, Malia, Trecce nere....
Tutto questo fa vedere che l’Italia del
Sud e delle isole finalmente entrava
con i suoi autori, i problemi, i paesaggi
e i costumi nel teatro illustre, a far
sentire la sua presenza, troppo a
lungo elusa o stilizzata nell’opera
buffa napoletana.
3. In questa direzione si colloca la più
celebre di queste creazioni, che con
Cavalleria ha costituito da tempo
immemorabile una sorta di unità
teatrale: Pagliacci di Ruggero
Leoncavallo, andata in scena al Dal
Verme di Milano il 21 maggio 1892
sotto la direzione di Arturo
Toscanini. Per Leoncavallo, estroso
napoletano di trentacinque anni,
con alle spalle esperienze letterarie
e musicali di vario genere, si trattò
di un autentico giro di boa, di una
rivoluzione di gusto, compiuto nel
breve spazio dei cinque mesi
impiegati a stendere il libretto, lo
spartito, l’orchestrazione.
4. Nel 1876-77 aveva progettato la trilogia storica
Crepusculum , ispirata al Rinascimento, sul
modello della Tetralogia wagneriana, scrivendone
la prima opera I Medici , e composto un dramma
intriso di umori ultraromantici senza riuscire a
rappresentarlo;
ma anche per lui, saltuario allievo di Carducci
all’Università di Bologna e autore di sentimentali
romanze da salotto, la nuova moda veristica
dovette rappresentare la soluzione vincente.
Anzi, si può dire che proprio i suoi Pagliacci
contengano in forma esplicita il manifesto
programmatico della ‘giovane scuola’ operistica.
Nel prologo fuori del sipario Leoncavallo annuncia
che «l’autore ha cercato pingervi uno squarcio di
vita» e per questo «al vero ispiravasi» e «con
vere lacrime scrisse» questa storia in cui «vedrete
amar siccome s’amano gli esseri umani», «uomini
di carne e d’ossa», non più fantasmi letterari o
teste coronate del melodramma romantico.
5. Si trattava, in effetti, di una storia vera, almeno in qualche parte: il
padre di Leoncavallo, magistrato in Calabria, aveva giudicato un delitto
di gelosia avvenuto a Montalto Uffugo: «Il giorno della festa» – racconta
Leoncavallo – «facevano bella mostra di sé dei carri di saltimbanchi.
Questi tenevano le loro rappresentazioni all’aperto alle 23 ore (...). Lo
spettacolo ci divertiva un mondo, me e mio fratello e lo stesso Gaetano
[un servitore di famiglia] che si era innamorato, e non senza fortuna, di
una bella donnetta della truppa dei saltimbanchi. Ma il marito, il
pagliaccio della compagnia, aveva concepito dei sospetti. (...) Finché la
sera di mezz’agosto, durante una delle solite rappresentazioni a base di
Arlecchino e Colombina (...) piombò sulla moglie con un coltellaccio e le
tagliò quasi netto la gola. Si accostò a Gaetano con un riso gelido (...) e
Gaetano stramazzò al suolo colpito dal medesimo coltellaccio».
6. Questo racconto, rimontato con fantasia da Leoncavallo innestandovi anche molti elementi da La
femme de tabarin di Catulle Mendès e da Un drama nuevo di Estébañez, è un vero e proprio
riassunto dell’opera.
Si apre con l’arrivo dei saltimbanchi in mezzo a suoni di tromba, grancassa, risate e grida,
con il pagliaccio che annuncia «Un grande spettacolo a ventitré ore» e che, a un’allusione scherzosa
nei confronti di sua moglie Nedda, risponde cupamente «Un tal gioco, credetemi, è meglio non
giocarlo con me: (...) il teatro e la vita non son la stessa cosa».
Arrivano gli zampognari, mentre suonano le campane (“Din don”). Rimasta sola, Nedda è
presa dall’angoscia per la reazione di Canio, ma poi si abbandona a contemplare il libero volo degli
uccelli (ballatella “Stridono lassù”).
Tonio, lo scemo, le dichiara il suo amore (“So ben che difforme”) tentando di baciarla, ma
Nedda lo respinge a colpi di frusta;
intanto, è giunto Silvio, l’amante della donna, e i due si abbandonano al sogno di fuggire
insieme (duetto “E allor perché, di’, tu m’hai stregato”); Canio li sorprende, ma Silvio riesce a
fuggire.
Furente e angosciato, Canio deve prepararsi alla rappresentazione (“Recitar... Ridi
pagliaccio”).
Dopo un intermezzo sinfonico che recupera le frasi cantabili del prologo, si presenta la
commedia: Colombina attende l’innamorato Arlecchino, che le canta una serenata e si mette a
pranzare con lei.
Sopraggiunge Canio in veste di pagliaccio, che di fronte alla scena rappresentata sente
rinascere in sé la gelosia autentica: scompare la finzione (“No, pagliaccio non son”), Canio pretende
il nome del vero amante da Nedda, e al suo diniego la colpisce con un coltello; poi si scaglia
sull’amante che è accorso in aiuto e lo uccide. La commedia è finita.
7. Se i temi drammatici presenti
nei Pagliacci recuperano
modelli operistici illustri (la
gelosia da Carmen e Otello , il
paesaggio meridionale da
Cavalleria rusticana , la
deformità da Rigoletto ),
l’elaborazione teatrale va oltre,
e il letterato presente in
Leoncavallo emerge
nell’originale scambi fra attore
e uomo, fra scena e vita, fra
finzione e sentimenti autentici,
con risultati scenici di grande
presa e più sottili stimoli
intellettuali: inutile ricordare
con quanti anni di anticipo
sull’apparizione di Pirandello.
8. A questa originale configurazione drammaturgica corrisponde una resa
musicale che punta alla
forte suggestione delle melodie cantabili (ricordiamo frasi divenute
memorabili: “Un nido di memorie”, “E voi, piuttosto” nel prologo, il
duetto Nedda-Silvio, “Ridi pagliaccio”),
ma caratterizzata anche dalla vocazione al
collage stilistico, e dunque soggetta a cali di tenuta: Leoncavallo
accoglie molte soluzioni da Cavalleria rusticana (il coro delle campane,
l’intermezzo sinfonico, l’organizzazione delle romanze in forma libera,
il recupero di modi popolareschi, come nella ballatella di Nedda),
ma le sue fonti musicali sono da ricercare anche in Verdi e, con voluta
esibizione culturalistica, nel repertorio sinfonico e cameristico.
Oltre ai minuetti e alle gavotte ‘all’antica’ nella commedia, e ad alcune
citazioni da Mendelssohn e da Chabrier,
appare molto forte, seppure in momenti isolati, la presenza
wagneriana, che investe di colori corruschi, di alta tragicità, il
personaggio di Tonio o stende sensuali trame cromatiche di
ascendenza tristaniana nel trascinante finale del duetto Silvio-Nedda
(“Tutto scordiam”),
anche a non considerare l’abile impiego di temi ricorrenti e
l’organizzazione dei brani vocali nell’ampia forma della scena, fuori
dai modelli dell’aria ottocentesca.
9. Nonostante questa commistione di stilemi e alcuni
scivolamenti di gusto, che hanno creato intorno all’opera una
aperta disistima da parte della critica e dell’ ambiente
musicale (a cominciare dai colleghi Puccini e Mascagni),
Pagliacci continua a essere uno dei titoli più rappresentati nel
mondo: merito, certo, della sua abile struttura drammatica,
dall’intelligente bilanciamento di effetti patetici, tragici,
grotteschi e sentimentali, che producono immancabilmente
forti emozioni nel pubblico, qualunque sia l’ hinterland
culturale di appartenenza.
A questo apprezzamento (particolarmente ampio nei paesi di
area germanica e in America) molto ha contribuito una
lettura che vede in Pagliacci un’anticipazione di tematiche
che saranno care all’espressionismo: l’abiezione morale, il
delitto passionale, la deformazione fisica come segno di una
perversione interiore, il mondo dei miserevoli teatranti
ricorreranno nelle opere di Berg ( Wozzeck e Lulu ), del
giovane Hindemith, fino a giungere a Brecht-Weill e alla loro
Opera da tre soldi .
10. Né si può dimenticare che l’ambiente del
teatro e il recupero – maliconico,
sorridente, tragico – del mondo delle
maschere italiane e della commedia
dell’arte investirà il teatro europeo e
italiano del primo Novecento: da
Stravinskij a Malipiero, da Strauss a
Busoni e a Casella.
Forse il tardivo elogio (1957) venuto a
Pagliacci dal primo storico della
dodecafonia, René Leibowitz, che li ha
giudicati «opera possente d’una intensità
espressiva eccezionale, degna d’occupare
un posto d’onore tra i grandi capolavori
dell’arte lirica» potrà suonare polemico e
provocatorio; riconoscimento comunque di
una vitalità teatrale e di una capacità di
suscitare nuovi interessi critici in direzione
novecentesca che quest’opera non ha
perduto a distanza di un secolo dal suo
primo apparire.
11. PERSONAGGI
•
NEDDA (nella commedia Colombina), attrice da
fiera, moglie di Canio Soprano
•
CANIO (nella commedia Pagliaccio), capo della
compagnia . . . Tenore
•
TONIO lo scemo deforme (nella commedia
Taddeo) commediante . . . Baritono
•
PEPPE (nella commedia Arlecchino)
commediante . . . Tenore
•
SILVIO campagnuolo . . . Baritono
La Scena si svolge in Calabria presso Montalto, il
giorno della festa di Mezzagosto.