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MAX WEBER
Prof.ssa Lucia Gangale
ERFURT, 21 aprile 1864 – MONACO DI BAVIERA, 14 giugno 1920. Padre
fondatore della moderna sociologia e della pubblica amministrazione.
Studia Diritto, Filosofia e Teologia ad Heidelberg. Consegue il dottorato
a Berlino, poi diventa docente all’Università di Friburgo, ad Heidelberg,
Vienna, Monaco (dove succede a Franz Brentano). È consigliere dei
negoziatori tedeschi durante il Trattato di Versailles e della commissione
incaricata a redigere la Costituzione di Weimar. Nel 1893 sposa Marianne
Schnitger. Nel 1904 pubblica la prima parte della sua opera più
importante, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, e l’anno
successivo la seconda parte. Nel 1907 ottiene un’eredità che gli permette
di lasciare l’insegnamento e dedicarsi completamente agli studi. Nel
frattempo, colpito dalla rivoluzione russa, impara la lingua russa per poter
leggere direttamente i documenti. Allo scoppio della prima Guerra
Mondiale dirige per un anno un gruppo di ospedali nella regione di
Heidelberg.
MAX WEBER (1864-1920), grande studioso di fenomeni
sociali, a differenza di Marx dà più importanza all’individuo che ai grandi
fenomeni ed alle grandi strutture, e ritiene che la stratificazione non sia
imperniata solo su fattori economici. Secondo Weber la gente è naturalmente
portata ad aggregarsi, facendolo in base a determinate caratteristiche, e così
formando gruppi esclusivi che tengono fuori le altre persone.
La stratificazione si basa su tre moventi: economia, potere, cultura. Per cui
egli parla di stratificazione tripartita. Cioè vi è una gerarchia di
classe, su base economica, una appartenenza politica, fondata sul potere, ed il
ceto, fondato sulla cultura.
Non c’è in Weber la vena utopica che troviamo in Marx. C’è una visione
più realistica del conflitto sociale: esso, dice Weber, si trova in ogni società, è
un fattore ineliminabile ed ha anche risvolti positivi, in quanto assicura i
cambiamenti sociali ed evita la staticità. Non è il caso quindi di sperare in
una rivoluzione che porti ad un mondo senza divisioni e conflitti. Lo
scienziato si limita a descrivere i fenomeni sociali così come sono, senza
prendere posizione o influenzare ideologicamente la gente. È il concetto di
avalutatività (Werfreiheit), assai noto quando si parla della metodologia
di Weber.

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I confini
tra i tre tipi
di azioni
non sono netti,
perché molte azioni
si collocano
a metà strada
tra l’uno
e l’altro tipo
AZIONI E INTERAZIONI
a nostra vita è fatta di innumerevoli azioni.
Si ha interazione sociale quando le persone agiscono l’una in presenza
dell’altra e si influenzano reciprocamente, cosicché tra quello che fa
uno e quello che fa l’altro c’è un concatenamento.
MAX WEBER (1922) è stato il primo a sviluppare una tipologia delle azioni
umane.
Il termine agire comprende sia i nostri comportamenti che le nostre azioni.
I comportamenti sono manifestazioni involontarie del modo di essere di
ciascuno (azioni involontarie). Ad esempio lo starnutire, l’arrossire, il tossire,
oppure fare una smorfia di dolore, dimenticarsi di qualcosa.
È azione tutto ciò che facciamo volontariamente o più o meno
consapevolmente e di cui ci assumiamo, almeno in parte, la responsabilità.
Possono essere private o sociali.
•Azione involontaria – Comportamento
•Azione privata – È fatta per sé stessi (Es.:
mangiare un panino, chiudersi in camera a studiare,
leggere il giornale, ascoltare musica)
•Azione sociale – È rivolta intenzionalmente agli
altri (cedere il posto ad una signora, chiedere
permesso, aiutare un amico).
Max Weber distingue le azioni in base ai
moventi
• AZIONI STRUMENTALI – Si decidono razionalmente in
base a degli scopi
• AZIONI MORALI – Coerenti con i nostri principi o valori
• AZIONI AFFETTIVE – Determinate da bisogni emotivi
• AZIONI TRADIZIONALI – Compiute nel rispetto di
abitudini e regole sociali, senza porci il problema di eventuali
alternative.
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3
L’ESSENZA DEL POTERE
Max Weber definisce il potere di un soggetto nella società come la
possibilità che i suoi comandi trovino obbedienza da parte di altri. Anzi,
l’obbedienza dà la misura del potere. Più i comandi vengono rispettati, più la
persona è potente. Ovvero, il suo potere è riconosciuto come legittimo.
Per Weber vi è un potere che ottiene obbedienza senza doversi imporre
con la forza.
Ma vi è anche un’altra forma di potere, più diffusa, che vede un soggetto
imporre la propria volontà sugli altri nonostante l’opposizione degli altri
soggetti.
Il potere può essere classificato sulla base della sua legittimità, ricavando
gli “ideal-tipi del potere”. Essi sono:
▪ potere razionale, fondato sulla legge e sulla legalità degli organismi che
la esercitano, come accade nelle democrazie moderne;
▪ potere tradizionale, che trova la sua legittimazione nel passato e nei suoi
modelli, considerati sempre validi, come accade nella monarchia;
▪ potere carismatico, basato sul carisma (l’ascendente) del capo, e si
esprime nel “culto della personalità” a lui tributato. Vale anche per la
“demagogia” ed il “populismo autoritario”.
LE TIPOLOGIE DEL POTERE
Vi sono, dunque, due forme di potere:
- un potere formale, o legittimo, o istituzionale, nel qual caso si parla di
autorità, sempre secondo la definizione che ne ha dato Weber. Esso dipende
non dalla persona di chi lo esercita, bensì dal ruolo che essa si trova a dover
svolgere nella posizione che occupa. Tale forma di potere è riconosciuta
come legittima, quindi accettata da tutti;
- il potere informale, o potere di fatto, è dato invece dalla capacità di
ottenere qualcosa dagli altri senza necessariamente ricorrere a comandi
espliciti. È la capacità di imporre la propria volontà sugli altri. Le relazioni
di potere informali pervadono dunque le relazioni sociali a tutti i livelli.

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MAPPA CONCETTUALE
POTERE FORMALE
(di fatto)
POTERE INFORMALE
(legittimo)
personale impersonale
Si basa su
Violenza
Personalità
Carisma
A cosa serve
Non alla vita sociale
(azione illecita)
A gestire la vita quotidiana
(gruppo di amici)
Si basa su
Mondo della cultura
A cosa serve
A mobilitare
risorse per conseguire
obiettivi di utilità sociale

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