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DINO BUZZATI
E I F U O R I L E G G E D E L L A M O N TA G N A
M A R I O M A E S T R I
LE ORIGINI
«Questa la casa dove sono nato, questi i prati dove ho
imparato a camminare, le piante tra cui bambino ho
combattuto le prime battaglie coi pellerossa, le
immagini, i momenti, le luci, le voci, da dove sono venuti
i primi presentimenti, le prime esaltazioni spirituali. Da
queste erbe, cespugli, alberi, fossati, viottoli, muri, stanze,
corridoi, scale, libri, mobili, fienili, solai, ho ricevuto le
prime poesie»
IL PIZZOCCO E LA
VAL BELLUNA
«Io sono diventato alpinista.
Ho fatto il Pizzocco (2187) di
cui ti ho ancora parlato»
Dino Buzzati, Lettere a Brambilla, a cura
di L. Simonelli, De Agostini, Milano,
1985
da Dino Buzzati, I fuorilegge della montagna - Uomini, cime, imprese, a cura di Lorenzo Viganò, Mondadori, Milano, 20
LA MIA BELLUNO
«Le Dolomiti ci sono anche a
Belluno e non Dolomiti di scarto.
Lo Schiara, che sta proprio sopra,
ha un fior di parete con dei colori
meravigliosi assolutamente
all’altezza delle più famose crode.
E dalla cresta spunta,
graziosissima, la Gusela del
Vescovà, o Ago del Vescovo, cioè
una bellissima e arditissima guglia,
monolito di quaranta metri»
Dino Buzzati e i fuorilegge della montagna
LA CRODA DA LAGO
Dino Buzzati ama (e conquista) anche la
Croda da Lago, la cima della prima e della
sua ultima scalata, dove nel 2010 saranno
disperse le sue ceneri.
«La montagna che mi piace più di tutte,»
scrive il 2 agosto 1923 ad Arturo
Brambilla «la più misteriosa, anche
materialmente, essendo distante da tutti i
paesi tanto che da Cortina solo si vede e
molto lontano. Montagna anche difficile
abbastanza e vertiginosissima come
poche.»
Dino Buzzati, I fuorilegge della montagna - Uomini, cime, imprese, a
Dino Buzzati e i fuorilegge della montagna
I FUORILEGGE DELLA MONTAGNA
«I senza guida, che almeno da noi, si contavano pressapoco sulle dita,
apparivano addirittura dei giovani arrabbiati, dei ribelli, dei sovversivi,
dei rivoluzionari, delle teste calde, dei fuorilegge, dei pazzi da tenere
alla larga.
Da quel giorno – e girando per le montagne mi capitò di incontrarne
parecchi – gli accademici furono per me qualcosa di straordinario e
irraggiungibile. Ero ragazzo, alle mie prime armi, ma con profondo
dispiacere intuii che mai e poi mai sarei riuscito ad avere tanta forza,
tanta sicurezza di me, tanta indipendenza, tanta energia morale da
battermi con la montagna da solo.»
Da I863 - 1963 I cento anni del Cai, Edizioni Cai, Milano. 1963
UN ESEMPIO: ETTORE ZAPPAROLI
«Egli è rimasto intatto,
preservato nella sua sagoma di
arcangelo, tratto via in una
specie di trionfo, mentre il
vento, le pietre, le nevi, le acque,
i ghiacci suonano le sinfonie
ch’egli avrebbe voluto scrivere. E
io lo vedo ancora là, che
manovra con la picca,
tremendamente sprovveduto e
solo, piccolissimo, un bambino,
nella immensità misteriosa del
santuario.»
Dino Buzzati e i fuorilegge della montagna
SALVARE DALLE MACCHINE LE TRE CIME DI LAVAREDO
«Ricordiamoci che la natura sta
diventando un’autentica ricchezza. Di
tale ricchezza le Dolomiti sono una
miniera prodigiosa che il mondo
sempre più ci invidierà. Ma se la si
sfrutta ciecamente, per la smania di
pomparne i soldi, un bel giorno non ne
resterà una briciola. Sono montagne
delicate, basta poco a deturparle, un
giorno pagheremo il conto. Un giorno,
quando le Dolomiti saranno tutte un
autodromo, la loro poesia andrà a farsi
benedire»
INNSBRUCK 1964
«Miwa Fukuhara non si
distingue più, si vede soltanto
una specie di vibrante
fiammella che palpita
disperata. La fiammella diventa
sempre più sottile, all’ultima
nota di Schumann si dissolve e
svanisce. Sul ghiaccio resta un
mucchietto di cenere. Subito
gli inservienti lo spazzano via,
fra gigantesche ovazioni.»
I due capitomboli di Miwa Fukuhara,
Corriere della Sera, 4 febbraio 1964
I MIRACOLI DI
VAL MOREL
Piazza del Duomo di Milano – 1957

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  • 3. IL PIZZOCCO E LA VAL BELLUNA «Io sono diventato alpinista. Ho fatto il Pizzocco (2187) di cui ti ho ancora parlato» Dino Buzzati, Lettere a Brambilla, a cura di L. Simonelli, De Agostini, Milano, 1985
  • 4. da Dino Buzzati, I fuorilegge della montagna - Uomini, cime, imprese, a cura di Lorenzo Viganò, Mondadori, Milano, 20
  • 5. LA MIA BELLUNO «Le Dolomiti ci sono anche a Belluno e non Dolomiti di scarto. Lo Schiara, che sta proprio sopra, ha un fior di parete con dei colori meravigliosi assolutamente all’altezza delle più famose crode. E dalla cresta spunta, graziosissima, la Gusela del Vescovà, o Ago del Vescovo, cioè una bellissima e arditissima guglia, monolito di quaranta metri»
  • 7. LA CRODA DA LAGO Dino Buzzati ama (e conquista) anche la Croda da Lago, la cima della prima e della sua ultima scalata, dove nel 2010 saranno disperse le sue ceneri. «La montagna che mi piace più di tutte,» scrive il 2 agosto 1923 ad Arturo Brambilla «la più misteriosa, anche materialmente, essendo distante da tutti i paesi tanto che da Cortina solo si vede e molto lontano. Montagna anche difficile abbastanza e vertiginosissima come poche.» Dino Buzzati, I fuorilegge della montagna - Uomini, cime, imprese, a
  • 9. I FUORILEGGE DELLA MONTAGNA «I senza guida, che almeno da noi, si contavano pressapoco sulle dita, apparivano addirittura dei giovani arrabbiati, dei ribelli, dei sovversivi, dei rivoluzionari, delle teste calde, dei fuorilegge, dei pazzi da tenere alla larga. Da quel giorno – e girando per le montagne mi capitò di incontrarne parecchi – gli accademici furono per me qualcosa di straordinario e irraggiungibile. Ero ragazzo, alle mie prime armi, ma con profondo dispiacere intuii che mai e poi mai sarei riuscito ad avere tanta forza, tanta sicurezza di me, tanta indipendenza, tanta energia morale da battermi con la montagna da solo.» Da I863 - 1963 I cento anni del Cai, Edizioni Cai, Milano. 1963
  • 10. UN ESEMPIO: ETTORE ZAPPAROLI «Egli è rimasto intatto, preservato nella sua sagoma di arcangelo, tratto via in una specie di trionfo, mentre il vento, le pietre, le nevi, le acque, i ghiacci suonano le sinfonie ch’egli avrebbe voluto scrivere. E io lo vedo ancora là, che manovra con la picca, tremendamente sprovveduto e solo, piccolissimo, un bambino, nella immensità misteriosa del santuario.»
  • 12. SALVARE DALLE MACCHINE LE TRE CIME DI LAVAREDO «Ricordiamoci che la natura sta diventando un’autentica ricchezza. Di tale ricchezza le Dolomiti sono una miniera prodigiosa che il mondo sempre più ci invidierà. Ma se la si sfrutta ciecamente, per la smania di pomparne i soldi, un bel giorno non ne resterà una briciola. Sono montagne delicate, basta poco a deturparle, un giorno pagheremo il conto. Un giorno, quando le Dolomiti saranno tutte un autodromo, la loro poesia andrà a farsi benedire»
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