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Notiziario 03/A/2018
Lunedì,15 Gennaio 2018
Imprese energivore, via al bonus dal 1° gennaio 2018.
Dal 1° gennaio 2018 sono partite le riduzioni del costo dell’elettricità a beneficio
delle imprese a forte consumo di energia (“energivoreâ€) previste dalla legge 20
novembre 2017, n.167 (legge europea 2017).
Le modalità per godere del beneficio sono state fissate col Dm 21 dicembre 2017 e i
beneficiari sono le imprese a forte consumo di energia come inserite nell’elenco
formato dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali (ai fini dell’inserimento
l’impresa presenta una autocertificazione di possesso dei requisiti di legge di
“impresa energivoraâ€: essenzialmente imprese manifatturiere con un consumo
medio di energia elettrica di un 1 GWh/anno). L’agevolazione consiste nella
riduzione in bolletta della componente A3 (la componente che finanzia le
rinnovabili).
La disciplina agevolativa dovrebbe coinvolgere oltre 3000 imprese e il budget è pari
a un miliardo e 700 milioni di euro. Con la partenza dei nuovi incentivi 2018, cessano i
precedenti benefici alle imprese energivore fissati dal Dm 5 aprile 2013. (Articolo di
Francesco Petrucci)
Fonte: reteambiente.it
Mud, le novità del Dpcm 28 dicembre 2017.
Il Dpcm 28 dicembre 2017 recante “Approvazione del modello unico di
dichiarazione ambientale per l’anno 2018†modifica il modello di dichiarazione
ambientale introdotto dal Dpcm del 17 dicembre 2014, recante “Approvazione del
modello unico di dichiarazione ambientale per l’anno 2015â€, e confermato dal
Dpcm 21 dicembre 2015.
Le modifiche sono state introdotte per garantire al Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare di acquisire informazioni sul sistema autorizzativo degli
impianti di gestione dei rifiuti di supporto al sistema di tracciabilità dei rifiuti (Sistri) e
per garantire l’acquisizione, da parte di Ispra, di informazione sulle buste di plastica
per ottemperare agli obblighi di comunicazione alla Commissione Europea in
materia di rifiuti. Modifiche marginali riguardano, inoltre, il miglioramento delle
istruzioni per evitare alcuni errori commessi dai soggetti obbligati all’atto di
compilazione della dichiarazione. I chiarimenti riguardano, nello specifico, le
modalità di compilazione della voce relativa all’operazione R13 “messa in riserva
per operazioni da R1 a R12†e all’operazione D15 “deposito preliminare alle
operazioni da D1 a D14â€.
La Scheda Autorizzazioni, presente nella “SEZIONE ANAGRAFICAâ€, è stata
implementata prevedendo l’obbligo di comunicazione per tutti i soggetti in possesso
di autorizzazione, anche in procedura semplificata, delle seguenti informazioni:
numero o estremi identificanti l’autorizzazione; data di rilascio dell’autorizzazione o di
presentazione della comunicazione nel caso di “Procedura Semplificataâ€, oppure
dell’ultimo rinnovo della stessa; data di scadenza dell’autorizzazione o della
comunicazione; Ente che ha rilasciato l’autorizzazione; tipo di autorizzazione: unica
per i nuovi impianti di recupero/smaltimento, compresi quelli mobili, ex articoli 110 e
208; autorizzazione alla realizzazione di impianti di ricerca e sperimentazione ex
articolo 211; autorizzazione Integrata Ambientale ex articolo 29-ter e articolo 213;
autorizzazione in “Procedura Semplificata†ex articoli 214-216 o Autorizzazione unica
ambientale (Aua) ai sensi del Dpr 13 marzo 2013, n.59. Attività autorizzata di
recupero/smaltimento; Autorizzazione alla gestione Raee o Vfu; Capacità totale di
trattamento dei rifiuti autorizzata espressa in tonnellate anno, distinta tra rifiuti
pericolosi e non pericolosi.
Relativamente alla Capacità residua della discarica, si prevede di indicare, per ogni
categoria di discarica, la capacità residua complessiva della discarica, in mc (metri
cubi) e non in tonnellate.
Le informazioni richieste riguardano, quindi, tutti gli impianti di gestione dei rifiuti e
non solo quelli soggetti all’obbligo di iscrizione al Sistri.
Altra modifica riguarda la Comunicazione imballaggi. Il decreto legge 20 giugno
2017, n.91, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2017, n.123, ha
disposto, infatti, con l’articolo 9-bis, comma 1, lettera e), l’introduzione dell’articolo
220-bis del decreto legislativo n.152/2006, recante “Obbligo di relazione sull’utilizzo
delle borse di plasticaâ€. Tale articolo prevede che, a partire dal 27 maggio 2018, i
dati relativi all’utilizzo annuale delle borse di plastica in materiale leggero siano
comunicati alla Commissione europea con la relazione sugli imballaggi e i rifiuti di
imballaggio, in conformità all’articolo 12 della direttiva in materia. A tal fine, il
Consorzio nazionale imballaggi (Conai) deve acquisire dai produttori e dai
distributori di borse di plastica, i dati sull’utilizzo annuale di borse di plastica di
materiale leggero e comunicarli alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti di Ispra
per via telematica, avvalendosi del Mud. I dati saranno elaborati dalla stessa Ispra
utilizzando la metodologia di calcolo sull’utilizzo annuale pro capite di borse di
plastica ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1-bis, della direttiva 94/62/Ce. Le
informazioni riguardano, in particolare, ciascuna tipologia di borse di plastica
immesse sul mercato di cui all’articolo 218, comma 1 del Dlgs n.152 del 2006: “borse
di plastica in materiale leggero, borse di plastica in materiale ultraleggero; borse di
plastica oxo-degradabili, borse di plastica biodegradabili e compostabili, altre borse
di plasticaâ€.
Ultima modifica riguarda le modalità di presentazione della Comunicazione Rifiuti
Semplificata per la quale viene richiesto l’invio telematico, superando l’attuale
procedura della documentazione cartacea. In tal modo i dati inseriti nel sistema
telematico potranno essere messi a disposizione della Sezione Nazionale del Catasto
Rifiuti in tempi più brevi, compatibili con gli obblighi di comunicazione alla
Commissione europea, senza dover attendere l’acquisizione cartacea e la
successiva informatizzazione del dato. L’applicazione che verrà messa a
disposizione dei soggetti obbligati permetterà all’utente di accedere al web, senza
firma digitale, compilare i dati della Comunicazione Rifiuti Semplificata in modo
guidato e controllato ed una volta inseriti i dati, di stampare e spedire la
dichiarazione, allegando il diritto versato su conto corrente, senza richiedere firma
digitale o carta di credito. (Articolo di Rosanna Laraia)
Fonte: reteambiente.it
Pneumatici fuori uso da demolizione di veicoli, nuovi contributi 2018.
Dal 5 gennaio 2018 si applicano i nuovi importi dei contributi che gli acquirenti di
nuovi veicoli devono pagare per la gestione dei Pfu provenienti dai veicoli fuori uso.
La nuova qualificazione dei contributi da applicare ai sensi dell’articolo 7 del Dm
82/2011 (distinti quindi dai contributi applicabili agli pneumatici del “mercato del
ricambioâ€) è stata approvata dal MinAmbiente con decreto direttoriale 21
dicembre 2017, n.194, provvedimento efficace a partire dal 5 gennaio 2018
(quindicesimo giorno dalla pubblicazione sul sito web del Dicastero).
Nel dettaglio, il decreto 194/2017 stabilisce un incremento dell’importo del
contributo pari all’86% (da 0,42 a 0,78 euro/veicolo) per gli pneumatici dei
ciclomotori e dei motoveicoli (categoria A1), all’89% (da 2,74 a 5,17 euro/veicolo)
per gli pneumatici degli autoveicoli (B1) e all’84% (da 10,73 a 19,74 euro/veicolo la
categoria C1, da 19,82 a 36,44 euro/veicolo la categoria C2) per gli pneumatici
degli autocarri. L’incremento è ancora più importante (tra il 107 e il 108%) per tutte
le categorie degli pneumatici delle macchine agricole, operatrici e industriali
(categoria D) e, in particolare, per la categoria D0 il cui contributo, passando da
0,48 a 1,01 euro/veicolo, aumenta del 110%. (Articolo di Alessandro Geremei)
Fonte: reteambiente.it
Ambiente in genere. AIA e competenza giurisdizionale.
Cass.Civ. SSUU n. 31240 del 29 dicembre 2017 (Ud. 9 mag. 2017)
Pres. Rodorf. Est. Virgilio Ric. Scarlino
Non sussiste la giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche in materia
di autorizzazione integrata ambientale perché con essa si è passati da autorizzazioni
di tipo settoriale ad un controllo complessivo, con il quale nelle relative valutazioni
tecniche sono considerati congiuntamente i diversi danni sull'ambiente causati
dall'attività da autorizzare. A fronte, pertanto, di un siffatto strumento giuridico,
introdotto all'evidente scopo di razionalizzare e semplificare il procedimento
amministrativo nella materia de qua, un frazionamento della competenza
giurisdizionale risulterebbe contrario al principio di ragionevolezza e al criterio di
efficienza e funzionalità del sistema processuale, e quindi, in definitiva, agli artt. 3 e
111 Cost.
Fonte: lexambiente.it
Rifiuti. Bonifica o il ripristino del fondo a carico della pubblica amministrazione.
Consiglio di Stato Sez. III n. 5632 del 1 dicembre 2017
In tutti i casi in cui la bonifica o il ripristino del fondo rimangano a carico della
pubblica amministrazione (che così abbia disposto sua sponte o per un obbligo
giuridico preesistente, e comunque in un’ottica di salvaguardia dell’ambiente), i
privati proprietari o i detentori dei fondi interessati ricavano un vantaggio, in termini
di aumento di valore del fondo, che potrà costituire giusta causa di recupero delle
corrispondenti somme, nei limiti ordinari delle azioni di arricchimento (potendosi
presumere che l’importo così speso, nel determinare l’«impoverimento» della
amministrazione, comporti quanto meno un corrispondente «arricchimento»).
Fonte: lexambiente.it
Sui rifiuti e la nuova disciplina dei sottoprodotti: D.M. 13 ottobre 2016, n.264.
Con quest'articolo si inaugura la collaborazione editoriale tra greenreport e lo Studio
Albertazzi Consulenze Legali Ambiente, che curerà la rubrica "Ecogiuristi – Il punto
sulle norme ambientali".
Nell’ordinamento giuridico nazionale la disciplina relativa ai residui di produzione è
contenuta in quella relativa alla gestione dei rifiuti, cioè il Dlgs 152 del 2006 e s.m.,
come modificato ed integrato dal Dlgs n.205 del 2010, il quale contiene anche i
criteri per distinguere ciò che è rifiuto da ciò che non lo è: 1) o perché non lo è mai
stato (si vedano in tal senso : a) la disciplina delle esclusioni di cui all’art.185 e b) la
disciplina del Sottoprodotto di cui all’ articolo 184-bis), 2) o perché, pur essendo
divenuto un rifiuto, è tornato ad essere un prodotto-non rifiuto in seguito allo
svolgimento sul rifiuto stesso di un’attività di recupero ai sensi dell’art.184-ter, relativo
alla “Cessazione della Qualifica di Rifiutoâ€.
Il sottoprodotto nel dlgs 152
L’Articolo 184-bis, relativo alla nozione di “Sottoprodottoâ€, del Dlgs 152 del 2006 e
s.m., , definisce tale nozione elencando una serie di requisiti che devono essere tutti,
contestualmente, soddisfatti ai fini della costituzione della nozione di sottoprodotto.
Sono appunto “requisiti costitutiviâ€. Infatti la prima parte del comma afferma che:
“È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a),
qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioniâ€. Segue
l’elencazione delle quattro condizioni costitutive. Le condizioni previste dalla norma
devono sussistere in maniera concorrente, sicché la mancanza di anche una sola di
esse comporta inevitabilmente l’assoggettamento del materiale alla disciplina sui
rifiuti.
I requisiti del sottoprodotto
In base alle condizioni dell’art.184-bis: a) la sostanza o l’oggetto deve essere
originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui
scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) deve essere
certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un
successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di
terzi, c) la sostanza o l’oggetto deve poter essere utilizzato direttamente senza alcun
ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale, d) l’ulteriore utilizzo
deve essere legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti
i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente
e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
Novità nella disciplina del sottoprodotto: il decreto 13 ottobre 2016, n. 264
È proprio sulla materia dei requisiti costitutivi del sottoprodotto che va ad incidere il
recentissimo Decreto del Ministero dell’Ambiente 13 ottobre 2016, n. 264
“Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della
sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e
non come rifiutiâ€, pubblicato sulla G.U. Serie Generale n.38 del 15-2-2017, e dunque
entrato in vigore il 2 marzo 2017.
Esso definisce nel proprio articolo 2: “ a) prodotto: ogni materiale o sostanza che è
ottenuto deliberatamente nell’ambito di un processo di produzione o risultato di
una scelta tecnica. In molti casi è possibile identificare uno o più prodotti primari; b)
residuo di produzione: ogni materiale o sostanza che non è deliberatamente
prodotto in un processo di produzione e che puo’ essere o non essere un rifiuto; c)
sottoprodotto: un residuo di produzione che non costituisce un rifiuto ai sensi
dell’articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.â€.
Modalità di dimostrazione dei requisiti costitutivi del sottoprodotto
Come affermato dal primo comma dell’articolo 1 “il decreto definisce alcune
modalità con le quali il detentore puo’ dimostrare che sono soddisfatte le
condizioni generali di cui all’articolo 184-bis del Dlgs 152/2006â€.
Più in generale, il D.M. in esame ha il compito principale di specificare tutti i requisiti
costitutivi del sottoprodotto, come chiaramente affermato dall’articolo quarto del
decreto, che fa riferimento all’ individuazione degli elementi di prova che il
produttore deve fornire per dimostrare concretamente che sono soddisfatte tutte le
condizioni del sottoprodotto.
Ed in effetti i successivi articoli 5 e 6 del D.M. sono finalizzati ad indicare alcune
“modalità con cui provare la sussistenza†dei requisiti costitutivi del sottoprodotto,
“fatta salva la possibilità di dimostrare, con ogni mezzo ed anche con modalità e
con riferimento a sostanze ed oggetti diversi da quelli precisati nel nuovo decreto, o
che soddisfano criteri differenti, che una sostanza o un oggetto derivante da un
ciclo di produzione non è un rifiuto, ma un sottoprodottoâ€.
La certezza dell’utilizzo
L’articolo 5 è finalizzato ad individuare gli elementi di prova del requisito della
“Certezza dell’utilizzoâ€, cioè quello definito dalla lett.b) dell’art.184-bis del decreto
152. Esso afferma che il requisito della certezza dell’utilizzo deve essere dimostrato:
a) dal produttore al momento della produzione del residuo e b) dal detentore al
momento dell’impiego dello stesso.
Il nuovo D.M. n.264 prevede che il produttore e il detentore assicurino, ciascuno per
quanto di propria competenza, l’organizzazione e la continuità di un sistema di
gestione, del quale fanno parte le fasi di deposito e trasporto, che, per tempi e per
modalità, consenta l’identificazione e l’utilizzazione effettiva del sottoprodotto.
Per quanto attiene al deposito ed al trasporto del sottoprodotto deve essere
osservata la disciplina di cui all’ articolo 8.
La certezza dell’utilizzo, secondo il D.M., è dimostrata dall’analisi: 1) delle modalità
organizzative del ciclo di produzione, 2) delle caratteristiche, o della
documentazione relative alle attività dalle quali originano i materiali impiegati, 3)
del processo di destinazione.
Nell’ambito delle elencate tre fasi deve essere valutata, in particolare, la congruità
tra la tipologia, la quantità e la qualità dei residui da impiegare e l’utilizzo previsto
per gli stessi.
Mentre la disposizione sopra esplicitata risulta avere una portata universale, viene
invece fissata una regola specifica per la dimostrazione della “certezza dell’utilizzo
di un residuo in un ciclo di produzione diverso da quello da cui è originatoâ€.
La regola introdotta dal D.M. richiede che l’attività o l’impianto in cui il residuo deve
essere utilizzato sia individuato o individuabile già al momento della produzione
dello stesso. Ciò trova immediata conferma nel disposto di cui al quarto comma il
quale afferma che (“ ai fini di cui al comma 3â€), costituisce elemento di prova
l’esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra il produttore del residuo, eventuali
intermediari e gli utilizzatori, dai quali si evincano le informazioni relative: a) alle
caratteristiche tecniche dei sottoprodotti, b) alle relative modalità di utilizzo e c)
alle condizioni della cessione che devono risultare vantaggiose e assicurare la
produzione di una utilità economica o di altro tipo.
Dunque quella sopra rassegnata è la norma-perno dell’intero D.M. L’elemento di
prova più importante che qualifica quali sottoprodotti determinati residui di
produzione è l’esistenza di rapporti o impegni contrattuali (che contengano le
informazioni richieste dal D.M. e, dunque, in forma scritta) tra il produttore del
residuo, eventuali intermediari e gli utilizzatori.
Mancanza dei documenti che provano l’esistenza dei requisiti costitutivi
Il nuovo D.M. prevede che, in mancanza della documentazione esplicitata nel
comma 4, cioè dell’ esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra il produttore del
residuo, eventuali intermediari e gli utilizzatori il requisito della certezza dell’utilizzo
e l’intenzione di non disfarsi del residuo sono dimostrati mediante
la predisposizione di una scheda tecnica contenente le informazioni indicate
all’allegato 2, necessarie a consentire l’identificazione dei sottoprodotti dei quali è
previsto l’impiego e l’individuazione delle caratteristiche tecniche degli stessi,
nonchè del settore di attività o della tipologia di impianti idonei ad utilizzarli.
Il nuovo D.M. dà vita ad una specifica “scheda tecnica†(non prevista per tutti gli
altri prodotti che non siano sottoprodotti) finalizzata a dimostrare la sussistenza degli
elementi costitutivi del sottoprodotto, nei casi in cui il produttore sia privo di rapporti
o impegni contrattuali con gli utilizzatori.
Nella scheda tecnica sono indicate tempistiche e modalità che sono ritenute
congrue per il deposito e per la movimentazione dei sottoprodotti, dalla produzione
del residuo, fino all’utilizzo nel processo di destinazione. In caso di modifiche
sostanziali del processo di produzione o di destinazione del sottoprodotto, tali da
comportare variazioni delle informazioni rese, deve essere predisposta una nuova
scheda tecnica.
Le schede tecniche cit. devono essere numerate, vidimate e gestite con le
procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA.
Gli oneri connessi alla tenuta delle schede si intendono correttamente adempiuti
anche qualora sia utilizzata carta format A4, regolarmente vidimata e numerata. Le
schede sono vidimate, senza oneri economici, dalle Camere di commercio
territorialmente competenti.
Anche le modalità di gestione delle schede tecniche richiamano da vicino quelle
dei registri di carico e scarico, di cui sono la fedele copia.
La normale pratica industriale
L’art. 6 del nuovo D.M. specifica, con riferimento ai residui di produzione, il significato
del termine “normale pratica industriale†utilizzato dall’art.184 bis, lett.c). Afferma
infatti, in negativo, che non costituiscono normale pratica industriale (e dunque
qualificherebbero come rifiuto il residuo di produzione) i processi e le operazioni
necessari per rendere le caratteristiche ambientali della sostanza o dell’oggetto
idonee a soddisfare, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i
prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e a non portare a impatti
complessivi negativi sull’ambiente.
Requisiti di impiego e di qualità ambientale
Per quanto attiene alla dimostrazione del requisito costitutivo di cui all’art.184-bis,
lett.d), da parte dell’utilizzatore, l’articolo 7 del D.M. afferma che la scheda tecnica
di cui all’allegato 2 contiene, tra l’altro, le informazioni necessarie a consentire la
verifica delle caratteristiche del residuo e la conformità dello stesso rispetto al
processo di destinazione e all’impiego previsto.
Deposito e movimentazione dei sottoprodotti
Il nuovo D.M. introduce, nell’art.8, una specifica disciplina del deposito e della
movimentazione dei sottoprodotti. Il sottoprodotto, fino a quando non sia
effettivamente utilizzato, deve essere depositato e movimentato nel rispetto: a) delle
specifiche norme tecniche, se disponibili, e b) delle regole di buona pratica.
Devono essere evitati gli spandimenti accidentali e la contaminazione delle matrici
ambientali e deve essere prevenuta e minimizzata la formazione di emissioni diffuse
e la diffusione di odori.
Nelle fasi di deposito e trasporto del sottoprodotto devono essere garantite:
a) la separazione dei sottoprodotti da rifiuti, prodotti, o oggetti, o sostanze con
differenti caratteristiche chimico fisiche, o destinati a diversi utilizzi;
b) l’adozione delle cautele necessarie ad evitare l’insorgenza di qualsiasi
problematica ambientale o sanitaria, nonché fenomeni di combustione, o la
formazione di miscele pericolose, o esplosive;
c) l’adozione delle cautele necessarie ad evitare l’alterazione delle proprietà
chimico-fisiche del sottoprodotto, o altri fenomeni che possano pregiudicarne il
successivo impiego;
d) la congruità delle tempistiche e delle modalità di gestione, considerate le
peculiarità e le caratteristiche del sottoprodotto, nel rispetto di
quanto indicato nella scheda tecnica.
A seguito della predisposizione della scheda tecnica e della sottoscrizione della
dichiarazione di conformità (quindi non nei casi in cui tali documenti non siano stati
legittimamente predisposti), il deposito ed il trasporto possono essere effettuati
anche accumulando sottoprodotti provenienti da diversi impianti o attività, purché
abbiano le medesime caratteristiche e non ne vengano alterati i requisiti che ne
garantiscono l’utilizzo. (Articolo di Bernardino Albertazzi)
Fonte: greenreport.it

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Notizie A 03 2018

  • 1. Notiziario 03/A/2018 Lunedì,15 Gennaio 2018 Imprese energivore, via al bonus dal 1° gennaio 2018. Dal 1° gennaio 2018 sono partite le riduzioni del costo dell’elettricità a beneficio delle imprese a forte consumo di energia (“energivoreâ€) previste dalla legge 20 novembre 2017, n.167 (legge europea 2017). Le modalità per godere del beneficio sono state fissate col Dm 21 dicembre 2017 e i beneficiari sono le imprese a forte consumo di energia come inserite nell’elenco formato dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali (ai fini dell’inserimento l’impresa presenta una autocertificazione di possesso dei requisiti di legge di “impresa energivoraâ€: essenzialmente imprese manifatturiere con un consumo medio di energia elettrica di un 1 GWh/anno). L’agevolazione consiste nella riduzione in bolletta della componente A3 (la componente che finanzia le rinnovabili). La disciplina agevolativa dovrebbe coinvolgere oltre 3000 imprese e il budget è pari a un miliardo e 700 milioni di euro. Con la partenza dei nuovi incentivi 2018, cessano i precedenti benefici alle imprese energivore fissati dal Dm 5 aprile 2013. (Articolo di Francesco Petrucci) Fonte: reteambiente.it Mud, le novità del Dpcm 28 dicembre 2017. Il Dpcm 28 dicembre 2017 recante “Approvazione del modello unico di dichiarazione ambientale per l’anno 2018†modifica il modello di dichiarazione ambientale introdotto dal Dpcm del 17 dicembre 2014, recante “Approvazione del modello unico di dichiarazione ambientale per l’anno 2015â€, e confermato dal Dpcm 21 dicembre 2015. Le modifiche sono state introdotte per garantire al Ministero dell’ambiente e della
  • 2. tutela del territorio e del mare di acquisire informazioni sul sistema autorizzativo degli impianti di gestione dei rifiuti di supporto al sistema di tracciabilità dei rifiuti (Sistri) e per garantire l’acquisizione, da parte di Ispra, di informazione sulle buste di plastica per ottemperare agli obblighi di comunicazione alla Commissione Europea in materia di rifiuti. Modifiche marginali riguardano, inoltre, il miglioramento delle istruzioni per evitare alcuni errori commessi dai soggetti obbligati all’atto di compilazione della dichiarazione. I chiarimenti riguardano, nello specifico, le modalità di compilazione della voce relativa all’operazione R13 “messa in riserva per operazioni da R1 a R12†e all’operazione D15 “deposito preliminare alle operazioni da D1 a D14â€. La Scheda Autorizzazioni, presente nella “SEZIONE ANAGRAFICAâ€, è stata implementata prevedendo l’obbligo di comunicazione per tutti i soggetti in possesso di autorizzazione, anche in procedura semplificata, delle seguenti informazioni: numero o estremi identificanti l’autorizzazione; data di rilascio dell’autorizzazione o di presentazione della comunicazione nel caso di “Procedura Semplificataâ€, oppure dell’ultimo rinnovo della stessa; data di scadenza dell’autorizzazione o della comunicazione; Ente che ha rilasciato l’autorizzazione; tipo di autorizzazione: unica per i nuovi impianti di recupero/smaltimento, compresi quelli mobili, ex articoli 110 e 208; autorizzazione alla realizzazione di impianti di ricerca e sperimentazione ex articolo 211; autorizzazione Integrata Ambientale ex articolo 29-ter e articolo 213; autorizzazione in “Procedura Semplificata†ex articoli 214-216 o Autorizzazione unica ambientale (Aua) ai sensi del Dpr 13 marzo 2013, n.59. Attività autorizzata di recupero/smaltimento; Autorizzazione alla gestione Raee o Vfu; Capacità totale di trattamento dei rifiuti autorizzata espressa in tonnellate anno, distinta tra rifiuti pericolosi e non pericolosi. Relativamente alla Capacità residua della discarica, si prevede di indicare, per ogni categoria di discarica, la capacità residua complessiva della discarica, in mc (metri cubi) e non in tonnellate. Le informazioni richieste riguardano, quindi, tutti gli impianti di gestione dei rifiuti e non solo quelli soggetti all’obbligo di iscrizione al Sistri. Altra modifica riguarda la Comunicazione imballaggi. Il decreto legge 20 giugno 2017, n.91, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2017, n.123, ha disposto, infatti, con l’articolo 9-bis, comma 1, lettera e), l’introduzione dell’articolo 220-bis del decreto legislativo n.152/2006, recante “Obbligo di relazione sull’utilizzo delle borse di plasticaâ€. Tale articolo prevede che, a partire dal 27 maggio 2018, i
  • 3. dati relativi all’utilizzo annuale delle borse di plastica in materiale leggero siano comunicati alla Commissione europea con la relazione sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, in conformità all’articolo 12 della direttiva in materia. A tal fine, il Consorzio nazionale imballaggi (Conai) deve acquisire dai produttori e dai distributori di borse di plastica, i dati sull’utilizzo annuale di borse di plastica di materiale leggero e comunicarli alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti di Ispra per via telematica, avvalendosi del Mud. I dati saranno elaborati dalla stessa Ispra utilizzando la metodologia di calcolo sull’utilizzo annuale pro capite di borse di plastica ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1-bis, della direttiva 94/62/Ce. Le informazioni riguardano, in particolare, ciascuna tipologia di borse di plastica immesse sul mercato di cui all’articolo 218, comma 1 del Dlgs n.152 del 2006: “borse di plastica in materiale leggero, borse di plastica in materiale ultraleggero; borse di plastica oxo-degradabili, borse di plastica biodegradabili e compostabili, altre borse di plasticaâ€. Ultima modifica riguarda le modalità di presentazione della Comunicazione Rifiuti Semplificata per la quale viene richiesto l’invio telematico, superando l’attuale procedura della documentazione cartacea. In tal modo i dati inseriti nel sistema telematico potranno essere messi a disposizione della Sezione Nazionale del Catasto Rifiuti in tempi più brevi, compatibili con gli obblighi di comunicazione alla Commissione europea, senza dover attendere l’acquisizione cartacea e la successiva informatizzazione del dato. L’applicazione che verrà messa a disposizione dei soggetti obbligati permetterà all’utente di accedere al web, senza firma digitale, compilare i dati della Comunicazione Rifiuti Semplificata in modo guidato e controllato ed una volta inseriti i dati, di stampare e spedire la dichiarazione, allegando il diritto versato su conto corrente, senza richiedere firma digitale o carta di credito. (Articolo di Rosanna Laraia) Fonte: reteambiente.it Pneumatici fuori uso da demolizione di veicoli, nuovi contributi 2018. Dal 5 gennaio 2018 si applicano i nuovi importi dei contributi che gli acquirenti di nuovi veicoli devono pagare per la gestione dei Pfu provenienti dai veicoli fuori uso. La nuova qualificazione dei contributi da applicare ai sensi dell’articolo 7 del Dm 82/2011 (distinti quindi dai contributi applicabili agli pneumatici del “mercato del
  • 4. ricambioâ€) è stata approvata dal MinAmbiente con decreto direttoriale 21 dicembre 2017, n.194, provvedimento efficace a partire dal 5 gennaio 2018 (quindicesimo giorno dalla pubblicazione sul sito web del Dicastero). Nel dettaglio, il decreto 194/2017 stabilisce un incremento dell’importo del contributo pari all’86% (da 0,42 a 0,78 euro/veicolo) per gli pneumatici dei ciclomotori e dei motoveicoli (categoria A1), all’89% (da 2,74 a 5,17 euro/veicolo) per gli pneumatici degli autoveicoli (B1) e all’84% (da 10,73 a 19,74 euro/veicolo la categoria C1, da 19,82 a 36,44 euro/veicolo la categoria C2) per gli pneumatici degli autocarri. L’incremento è ancora più importante (tra il 107 e il 108%) per tutte le categorie degli pneumatici delle macchine agricole, operatrici e industriali (categoria D) e, in particolare, per la categoria D0 il cui contributo, passando da 0,48 a 1,01 euro/veicolo, aumenta del 110%. (Articolo di Alessandro Geremei) Fonte: reteambiente.it Ambiente in genere. AIA e competenza giurisdizionale. Cass.Civ. SSUU n. 31240 del 29 dicembre 2017 (Ud. 9 mag. 2017) Pres. Rodorf. Est. Virgilio Ric. Scarlino Non sussiste la giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche in materia di autorizzazione integrata ambientale perché con essa si è passati da autorizzazioni di tipo settoriale ad un controllo complessivo, con il quale nelle relative valutazioni tecniche sono considerati congiuntamente i diversi danni sull'ambiente causati dall'attività da autorizzare. A fronte, pertanto, di un siffatto strumento giuridico, introdotto all'evidente scopo di razionalizzare e semplificare il procedimento amministrativo nella materia de qua, un frazionamento della competenza giurisdizionale risulterebbe contrario al principio di ragionevolezza e al criterio di efficienza e funzionalità del sistema processuale, e quindi, in definitiva, agli artt. 3 e 111 Cost. Fonte: lexambiente.it Rifiuti. Bonifica o il ripristino del fondo a carico della pubblica amministrazione. Consiglio di Stato Sez. III n. 5632 del 1 dicembre 2017 In tutti i casi in cui la bonifica o il ripristino del fondo rimangano a carico della
  • 5. pubblica amministrazione (che così abbia disposto sua sponte o per un obbligo giuridico preesistente, e comunque in un’ottica di salvaguardia dell’ambiente), i privati proprietari o i detentori dei fondi interessati ricavano un vantaggio, in termini di aumento di valore del fondo, che potrà costituire giusta causa di recupero delle corrispondenti somme, nei limiti ordinari delle azioni di arricchimento (potendosi presumere che l’importo così speso, nel determinare l’«impoverimento» della amministrazione, comporti quanto meno un corrispondente «arricchimento»). Fonte: lexambiente.it Sui rifiuti e la nuova disciplina dei sottoprodotti: D.M. 13 ottobre 2016, n.264. Con quest'articolo si inaugura la collaborazione editoriale tra greenreport e lo Studio Albertazzi Consulenze Legali Ambiente, che curerà la rubrica "Ecogiuristi – Il punto sulle norme ambientali". Nell’ordinamento giuridico nazionale la disciplina relativa ai residui di produzione è contenuta in quella relativa alla gestione dei rifiuti, cioè il Dlgs 152 del 2006 e s.m., come modificato ed integrato dal Dlgs n.205 del 2010, il quale contiene anche i criteri per distinguere ciò che è rifiuto da ciò che non lo è: 1) o perché non lo è mai stato (si vedano in tal senso : a) la disciplina delle esclusioni di cui all’art.185 e b) la disciplina del Sottoprodotto di cui all’ articolo 184-bis), 2) o perché, pur essendo divenuto un rifiuto, è tornato ad essere un prodotto-non rifiuto in seguito allo svolgimento sul rifiuto stesso di un’attività di recupero ai sensi dell’art.184-ter, relativo alla “Cessazione della Qualifica di Rifiutoâ€. Il sottoprodotto nel dlgs 152 L’Articolo 184-bis, relativo alla nozione di “Sottoprodottoâ€, del Dlgs 152 del 2006 e s.m., , definisce tale nozione elencando una serie di requisiti che devono essere tutti, contestualmente, soddisfatti ai fini della costituzione della nozione di sottoprodotto. Sono appunto “requisiti costitutiviâ€. Infatti la prima parte del comma afferma che: “È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioniâ€. Segue l’elencazione delle quattro condizioni costitutive. Le condizioni previste dalla norma devono sussistere in maniera concorrente, sicché la mancanza di anche una sola di esse comporta inevitabilmente l’assoggettamento del materiale alla disciplina sui rifiuti.
  • 6. I requisiti del sottoprodotto In base alle condizioni dell’art.184-bis: a) la sostanza o l’oggetto deve essere originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) deve essere certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi, c) la sostanza o l’oggetto deve poter essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale, d) l’ulteriore utilizzo deve essere legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana. Novità nella disciplina del sottoprodotto: il decreto 13 ottobre 2016, n. 264 È proprio sulla materia dei requisiti costitutivi del sottoprodotto che va ad incidere il recentissimo Decreto del Ministero dell’Ambiente 13 ottobre 2016, n. 264 “Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiutiâ€, pubblicato sulla G.U. Serie Generale n.38 del 15-2-2017, e dunque entrato in vigore il 2 marzo 2017. Esso definisce nel proprio articolo 2: “ a) prodotto: ogni materiale o sostanza che è ottenuto deliberatamente nell’ambito di un processo di produzione o risultato di una scelta tecnica. In molti casi è possibile identificare uno o più prodotti primari; b) residuo di produzione: ogni materiale o sostanza che non è deliberatamente prodotto in un processo di produzione e che puo’ essere o non essere un rifiuto; c) sottoprodotto: un residuo di produzione che non costituisce un rifiuto ai sensi dell’articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.â€. Modalità di dimostrazione dei requisiti costitutivi del sottoprodotto Come affermato dal primo comma dell’articolo 1 “il decreto definisce alcune modalità con le quali il detentore puo’ dimostrare che sono soddisfatte le condizioni generali di cui all’articolo 184-bis del Dlgs 152/2006â€. Più in generale, il D.M. in esame ha il compito principale di specificare tutti i requisiti costitutivi del sottoprodotto, come chiaramente affermato dall’articolo quarto del decreto, che fa riferimento all’ individuazione degli elementi di prova che il produttore deve fornire per dimostrare concretamente che sono soddisfatte tutte le condizioni del sottoprodotto. Ed in effetti i successivi articoli 5 e 6 del D.M. sono finalizzati ad indicare alcune
  • 7. “modalità con cui provare la sussistenza†dei requisiti costitutivi del sottoprodotto, “fatta salva la possibilità di dimostrare, con ogni mezzo ed anche con modalità e con riferimento a sostanze ed oggetti diversi da quelli precisati nel nuovo decreto, o che soddisfano criteri differenti, che una sostanza o un oggetto derivante da un ciclo di produzione non è un rifiuto, ma un sottoprodottoâ€. La certezza dell’utilizzo L’articolo 5 è finalizzato ad individuare gli elementi di prova del requisito della “Certezza dell’utilizzoâ€, cioè quello definito dalla lett.b) dell’art.184-bis del decreto 152. Esso afferma che il requisito della certezza dell’utilizzo deve essere dimostrato: a) dal produttore al momento della produzione del residuo e b) dal detentore al momento dell’impiego dello stesso. Il nuovo D.M. n.264 prevede che il produttore e il detentore assicurino, ciascuno per quanto di propria competenza, l’organizzazione e la continuità di un sistema di gestione, del quale fanno parte le fasi di deposito e trasporto, che, per tempi e per modalità, consenta l’identificazione e l’utilizzazione effettiva del sottoprodotto. Per quanto attiene al deposito ed al trasporto del sottoprodotto deve essere osservata la disciplina di cui all’ articolo 8. La certezza dell’utilizzo, secondo il D.M., è dimostrata dall’analisi: 1) delle modalità organizzative del ciclo di produzione, 2) delle caratteristiche, o della documentazione relative alle attività dalle quali originano i materiali impiegati, 3) del processo di destinazione. Nell’ambito delle elencate tre fasi deve essere valutata, in particolare, la congruità tra la tipologia, la quantità e la qualità dei residui da impiegare e l’utilizzo previsto per gli stessi. Mentre la disposizione sopra esplicitata risulta avere una portata universale, viene invece fissata una regola specifica per la dimostrazione della “certezza dell’utilizzo di un residuo in un ciclo di produzione diverso da quello da cui è originatoâ€. La regola introdotta dal D.M. richiede che l’attività o l’impianto in cui il residuo deve essere utilizzato sia individuato o individuabile già al momento della produzione dello stesso. Ciò trova immediata conferma nel disposto di cui al quarto comma il quale afferma che (“ ai fini di cui al comma 3â€), costituisce elemento di prova l’esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra il produttore del residuo, eventuali intermediari e gli utilizzatori, dai quali si evincano le informazioni relative: a) alle caratteristiche tecniche dei sottoprodotti, b) alle relative modalità di utilizzo e c) alle condizioni della cessione che devono risultare vantaggiose e assicurare la produzione di una utilità economica o di altro tipo.
  • 8. Dunque quella sopra rassegnata è la norma-perno dell’intero D.M. L’elemento di prova più importante che qualifica quali sottoprodotti determinati residui di produzione è l’esistenza di rapporti o impegni contrattuali (che contengano le informazioni richieste dal D.M. e, dunque, in forma scritta) tra il produttore del residuo, eventuali intermediari e gli utilizzatori. Mancanza dei documenti che provano l’esistenza dei requisiti costitutivi Il nuovo D.M. prevede che, in mancanza della documentazione esplicitata nel comma 4, cioè dell’ esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra il produttore del residuo, eventuali intermediari e gli utilizzatori il requisito della certezza dell’utilizzo e l’intenzione di non disfarsi del residuo sono dimostrati mediante la predisposizione di una scheda tecnica contenente le informazioni indicate all’allegato 2, necessarie a consentire l’identificazione dei sottoprodotti dei quali è previsto l’impiego e l’individuazione delle caratteristiche tecniche degli stessi, nonchè del settore di attività o della tipologia di impianti idonei ad utilizzarli. Il nuovo D.M. dà vita ad una specifica “scheda tecnica†(non prevista per tutti gli altri prodotti che non siano sottoprodotti) finalizzata a dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi del sottoprodotto, nei casi in cui il produttore sia privo di rapporti o impegni contrattuali con gli utilizzatori. Nella scheda tecnica sono indicate tempistiche e modalità che sono ritenute congrue per il deposito e per la movimentazione dei sottoprodotti, dalla produzione del residuo, fino all’utilizzo nel processo di destinazione. In caso di modifiche sostanziali del processo di produzione o di destinazione del sottoprodotto, tali da comportare variazioni delle informazioni rese, deve essere predisposta una nuova scheda tecnica. Le schede tecniche cit. devono essere numerate, vidimate e gestite con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA. Gli oneri connessi alla tenuta delle schede si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta format A4, regolarmente vidimata e numerata. Le schede sono vidimate, senza oneri economici, dalle Camere di commercio territorialmente competenti. Anche le modalità di gestione delle schede tecniche richiamano da vicino quelle dei registri di carico e scarico, di cui sono la fedele copia. La normale pratica industriale L’art. 6 del nuovo D.M. specifica, con riferimento ai residui di produzione, il significato del termine “normale pratica industriale†utilizzato dall’art.184 bis, lett.c). Afferma
  • 9. infatti, in negativo, che non costituiscono normale pratica industriale (e dunque qualificherebbero come rifiuto il residuo di produzione) i processi e le operazioni necessari per rendere le caratteristiche ambientali della sostanza o dell’oggetto idonee a soddisfare, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e a non portare a impatti complessivi negativi sull’ambiente. Requisiti di impiego e di qualità ambientale Per quanto attiene alla dimostrazione del requisito costitutivo di cui all’art.184-bis, lett.d), da parte dell’utilizzatore, l’articolo 7 del D.M. afferma che la scheda tecnica di cui all’allegato 2 contiene, tra l’altro, le informazioni necessarie a consentire la verifica delle caratteristiche del residuo e la conformità dello stesso rispetto al processo di destinazione e all’impiego previsto. Deposito e movimentazione dei sottoprodotti Il nuovo D.M. introduce, nell’art.8, una specifica disciplina del deposito e della movimentazione dei sottoprodotti. Il sottoprodotto, fino a quando non sia effettivamente utilizzato, deve essere depositato e movimentato nel rispetto: a) delle specifiche norme tecniche, se disponibili, e b) delle regole di buona pratica. Devono essere evitati gli spandimenti accidentali e la contaminazione delle matrici ambientali e deve essere prevenuta e minimizzata la formazione di emissioni diffuse e la diffusione di odori. Nelle fasi di deposito e trasporto del sottoprodotto devono essere garantite: a) la separazione dei sottoprodotti da rifiuti, prodotti, o oggetti, o sostanze con differenti caratteristiche chimico fisiche, o destinati a diversi utilizzi; b) l’adozione delle cautele necessarie ad evitare l’insorgenza di qualsiasi problematica ambientale o sanitaria, nonché fenomeni di combustione, o la formazione di miscele pericolose, o esplosive; c) l’adozione delle cautele necessarie ad evitare l’alterazione delle proprietà chimico-fisiche del sottoprodotto, o altri fenomeni che possano pregiudicarne il successivo impiego; d) la congruità delle tempistiche e delle modalità di gestione, considerate le peculiarità e le caratteristiche del sottoprodotto, nel rispetto di quanto indicato nella scheda tecnica. A seguito della predisposizione della scheda tecnica e della sottoscrizione della dichiarazione di conformità (quindi non nei casi in cui tali documenti non siano stati legittimamente predisposti), il deposito ed il trasporto possono essere effettuati
  • 10. anche accumulando sottoprodotti provenienti da diversi impianti o attività, purché abbiano le medesime caratteristiche e non ne vengano alterati i requisiti che ne garantiscono l’utilizzo. (Articolo di Bernardino Albertazzi) Fonte: greenreport.it